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Promuovere la lettura: quali i possibili interventi e prospettive

Riportiamo di seguito l’intervento dell’onorevole Flavia Piccoli Nardelli  in occasione dell’incontro “Regolamentare per crescere: come e perché oggi è necessario rivedere la legislazione sul prezzo dei libri”, organizzato dall’Ali al  Salone del Libro di Torino lo scorso 14 maggio:

Nei giorni scorsi – proprio all’apertura del Salone del Libro – Dario Franceschini ha affrontato il tema della promozione della lettura. Nella relazione introduttiva il Ministro ha ricordato tutti gli sforzi profusi dal suo dicastero su questo tema e ha illustrato attività e progetti su cui si sta impegnando.

Nella circostanza ha anche fatto un riferimento al testo unificato delle proposte di legge Giordano – Zampa 1504, all’esame della Camera dei deputati, di cui sono relatrice.
Il nostro incontro di oggi ha come oggetto specifico il prezzo del libro e l’eventuale ripensamento delle norme previste nel 2011 dalla legge Levi. In Commissione Cultura, in molte occasioni, abbiamo affrontato l’argomento. Esso è stato toccato – per esempio – nelle audizioni svolte nel contesto dell’istruttoria sulla proposta di legge Giordano-Zampa. In quella sede – per vero – l’opinione prevalente è stata che un superamento della legge Levi (la n. 128 del 2011) non è ancora auspicabile. Sicché – in sede parlamentare – sono stati rintuzzati diversi tentativi di svuotarla, per esempio con emendamenti alla legge annuale sulla concorrenza. L’Autorità Garante per la concorrenza e il mercato, in una segnalazione del 2 ottobre 2012 al Governo, a proposito delle liberalizzazioni ancora mancanti, aveva sollecitato l’eliminazione di ogni tetto sugli sconti sul prezzo dei libri.

Perentorie le parole adoperate in quell’occasione: “L’Autorità ritiene che la previsione di tetti massimi agli sconti sul prezzo dei libri possa limitare la libertà di concorrenza dei rivenditori finali, senza produrre sostanziali benefici per i consumatori in termini di servizi offerti o di ampliamento del numero di libri immessi sul mercato. Un sistema di imposizione di tetti agli sconti sui prezzi di rivendita rischia infatti di tradursi in un aumento dei prezzi dei prodotti editoriali che, in un contesto di grave crisi economica quale quello attuale, non può che comportare una riduzione delle quantità vendute, almeno per quella consistente fascia di  lettori i cui acquisti sono influenzati dal prezzo. Tale sistema può inoltre consolidare l’esistenza di strutture distributive inefficienti.”

Non solo, dunque, i tetti sugli sconti non fanno bene alla cultura e al mercato librario ma – addirittura – lo danneggerebbero, parola di Autorità Garante. D’altra parte – aggiungeva la stessa Autorità nella sua relazione – “l’esperienza di altri Paesi europei (quali Regno Unito, Irlanda, Danimarca, Belgio, Finlandia, Svezia ed altri) non consente di concludere che l’assenza di una disciplina di contenimento degli sconti comprometta la sopravvivenza di editori minori e di piccole librerie”. Nei primi mesi del 2015 il problema è stato riproposto, come accennavo: nel testo originario del disegno di legge governativo sulla concorrenza e il mercato, l’art. 12 avrebbe praticamente abrogato la legge Levi.

La Commissione Cultura, sollecitata da tutta la filiera del libro, sensibilizzò il ministro Franceschini ed il Sottosegretario Lotti sui rischi che una totale liberalizzazione del prezzo dei libri avrebbe determinato, ottenendo così che l’articolo 12 fosse soppresso.

Successivamente, una volta che il provvedimento sulla concorrenza è stato trasmesso al Parlamento per l’approvazione, durante la discussione in Senato sono state presentate due proposte emendative in Commissione Industria, su sollecitazione di due associazioni interessate all’abrogazione dell’imposizione di prezzi minimi perché contrarie alle logiche di libero mercato: Coop Conad e Federdistribuzione.

La Commissione Cultura della Camera è intervenuta anche in questa occasione per evidenziare gli inconvenienti che una simile decisione avrebbe comportato per la quasi totalità degli esponenti della filiera editoriale libraria del nostro Paese.

Infine nei primi mesi di quest’anno, sempre durante la discussione del provvedimento sulla concorrenza nella Commissione Industria del Senato, quando è stato presentato l’emendamento 20.0.6, finalizzato alla sostanziale soppressione della legge Levi, componenti della Commissione Cultura della Camera hanno rappresentato nelle sedi informali l’esigenza di ritirare la proposta di modifica, ricordando l’impegno preso dal Governo in fase di emanazione del provvedimento.

Tutti sappiamo che la Levi non è stata applicata ma abbiamo sempre agito nella convinzione che non fosse possibile – semplicemente – gettare alle ortiche questa esperienza, in favore di una logica di liberalizzazione di mercato, perché la filiera del libro ha un ruolo culturale che soddisfa esigenze ben più ampie della mera funzionalità del mercato.

L’abrogazione della Levi secondo quanto emergeva dalle analisi dei librai avrebbe potuto comportare la chiusura di molte librerie indipendenti non più in grado di sostenere la concorrenza del mercato online e, in particolare, di Amazon.

L’intendimento della Levi, salvaguardare lo sviluppo del settore librario, la creatività letteraria, la diffusione della cultura e la tutela del pluralismo dell’informazione, così come evidenziati nell’articolato della legge erano ancora obiettivi di tutti ma sarebbe stato vanificato.

Che cosa dobbiamo fare? Occorre intervenire solo per definire più efficaci strumenti di controllo e di sanzione? Oppure bisogna fare chiarezza e limitare in senso restrittivo gli interventi promozionali messi in opera dagli editori? Oppure ancora dovrebbe essere ridefinito l’impianto della legge 128, prevedendo una nuova disciplina del prezzo dei libri?

O prendere atto che il monitoraggio attento previsto da Levi dopo il primo anno di applicazione della legge non è mai stato attuato e che nei fatti non si sono raggiunti gli obiettivi per cui la legge era nata?

Le norme previste da altri paesi dell’Unione Europea, in particolare da Francia e Germania, hanno dimostrato di poter riassorbire meglio gli effetti della crisi che dal 2008 hanno messo a dura prova il mercato librario.

Nel nostro Paese moltissime librerie hanno chiuso, molti sono i territori in cui è venuto a mancare il tessuto culturale e sociale che le librerie garantivano, gli indici di dispersione scolastica rimangono molto alti, i dati sulla lettura registrano una lievissima ripresa solo a partire da quest’anno, dopo anni di segno negativo.

Vogliamo dunque abrogare la Levi e proporre un nuovo modello che preveda l’impossibilità di praticare sconti, come accade in Germania, o l’adozione di sconti ridotti 5% come avviene in Francia?

Il Parlamento è pronto a sostenere le richieste del mondo del libro purché queste siano proposte condivise.

Come voi sapete la proposta di legge 1504 è nata proprio dall’esigenza di mettere insieme le richieste di tutto il mondo del libro: come promuovere l’aumento del numero dei lettori nel nostro Paese o, altrimenti detto, come rilanciare la domanda interna di libri; come aiutare le librerie a sopravvivere alla crisi; come trovare forme di incentivazione fiscale per sostenere il mercato del libro. Oggi il testo è modificato in maniera significativa.

La proposta di legge comprendeva in origine 18 articoli e coinvolgeva più attori: editori, traduttori, distributori, autori, studenti librai e bibliotecari. Le difficoltà incontrate nell’esame del provvedimento hanno ridotto l’ambito dell’intervento che oggi si limita a 12 articoli che hanno portato a privilegiare la lettura piuttosto che il libro.

Il testo che si configura come una sorta di legge quadro, comprende un piano per la lettura affidato al CEPELL, semplificato nella sua struttura. I diversi articoli intervengono sulle biblioteche di pubblica lettura, sulle biblioteche scolastiche, sulle librerie di qualità. Si prevedono interventi su progetti di digitalizzazione, promozione attraverso manifestazioni specifiche.

Il provvedimento di legge è in questo momento al parere delle Commissioni della Camera, il testo unificato è stato approvato all’unanimità dalle forze presenti in  Commissione Cultura, a dimostrazione di quanto questo tema sia fortemente sentito e condiviso dai parlamentari. Noi speriamo di arrivare a una conclusione nelle prossime settimane. Siamo pronti ad affrontare la questione posta dai librai italiani, a intervenire secondo le indicazioni che ci verranno proposte. Nel corso dell’esame dell’articolato alcune misure significative sono state adottate in decreti legge diversi e si affiancano al lavoro della proposta di legge.

Per le biblioteche di pubblica lettura fondamentale si sta rivelando lo strumento dell’Art Bonus che come sapete è una defiscalizzazione al 65% per erogazioni liberali in denaro a sostegno del patrimonio culturale. Copiato dal modello francese, rappresenta oggi il più alto credito d’imposta previsto in Europa a favore della cultura. I dati dell’Art Bonus ad oggi sono incoraggianti si sono raccolti circa : 77 milioni di euro per 552 beni culturali e 760 interventi. Fra le azioni previste da Art Bonus vi è il sostegno degli Istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica.

Fra i soggetti previsti ci sono le biblioteche, biblioteche comunali, scolastiche o per quelle dello Stato, che possono godere di donazioni sia in conto capitale, per interventi sulle strutture, sia come contributo alla spesa corrente per il funzionamento della biblioteca.

In totale ad oggi sono 56 le biblioteche interessate dall’Art Bonus e sono stati raccolti ad oggi 1.604.076 euro, di cui la maggior parte a sostegno della spesa corrente e delle attività culturali promosse dalle biblioteche.

La Regione più virtuosa da questo punto di vista è proprio il Piemonte che oggi è presente nella banca dati artbonus.gov.it con 19 biblioteche e 36 progetti che ha raccolto 494.490,00 euro. Seguono la Toscana, l’Emilia Romagna, le Marche e la Lombardia.

Ma al di là dei numeri è interessante vedere quali sono i progetti che vengono finanziati. Ci sono quelli che riguardano le nuove attività culturali ospitate nelle biblioteche e quelli volti a migliorare la fruibilità degli spazi che spesso si trovano in edifici storici di particolare rilievo artistico. Nella prima categoria possiamo citare il progetto “Nati per Leggere”, che sta avendo un grande successo in Piemonte, voluto dall’Associazione Italiana Biblioteche, dalla Associazione Culturale Pediatri e dal Centro per la salute del bambino. Altri progetti riguardano laboratori creativi, incontri con autori, gruppi di lettura, corsi e attività culturali. Una grande importanza per l’integrazione delle nuove attività e il miglioramento di quelle già erogate dalle biblioteche ha l’implemento delle capacità tecnologiche che spesso sono fra le operazioni previste da Art Bonus.

Dunque il quadro che emerge è quello di una biblioteca sempre più aperta e inclusiva che accanto alle tradizionali attività ne propone di nuove e attuali. Una biblioteca che vuole essere un vero e proprio centro culturale, “una piazza del sapere” come è stata chiamata da chi se ne è a lungo occupata.

La seconda categoria che prevede interventi in conto capitale per lavori di recupero funzionale è ben rappresentata alcuni esempi: in Toscana la biblioteca delle Oblate, proprietà del comune, ha raccolto 496.573,82 euro per gli interventi di ampliamento; in Emilia Romagna la biblioteca Gambalunga di Rimini, proprietà del comune, ha raccolto 260.000,00 euro per il miglioramento funzionale e la riqualificazione energetica.

Per quanto riguarda – invece – le biblioteche scolastiche, l’inaugurazione del Salone ha visto la presentazione di un bando (5 milioni di euro) per l’acquisizione di proposte progettuali che prevedano la realizzazione o l’adeguamento di biblioteche scolastiche innovative, concepite come centri di informazione e documentazione anche in ambito digitale, da parte di istituzioni scolastiche ed educative statali di ogni ordine e grado, favorendo esperienze di progettazione partecipata, di apertura al territori e di costrizione di reti.

L’obiettivo è favorire le esperienze di scrittura e di lettura anche con l’ausilio delle tecnologie informatiche e del web. Costruire reti che siano anche centri di formazione per i docenti sulle tematiche della gestione di risorse informative cartacee e digitali. Sono tutti punti che fanno riferimento all’azione 24 del Piano Nazionale per la Scuola Digitale.

Se a questo aggiungiamo quanto previsto dalla legge 107, la cosiddetta “buona scuola” per sostenere economicamente i consumi culturali degli insegnati, penso ai 500 euro annui previsti per l’acquisto di libri o ingresso in biblioteche e musei o teatri, cinema e concerti, e quanto previsto in legge di stabilità 2016 per i consumi culturali dei diciottenni che stanzia risorse per consumi culturali, abbiamo conferma di quanto in più provvedimenti si sta facendo in favore della lettura.

Ultimo elemento: quanto è previsto nella proposta di legge 1504 sulle librerie di qualità. Il ministro nel suo discorso di giovedì ha assicurato un suo impegno per abolire l’Imu sulle librerie compensando i comuni con erogazioni statali.

Nella legge Giordano e Zampa sono previsti interventi di defiscalizzazione a favore del proprietario che affitta alle librerie ma anche per i librai sull’affitto che deve versare. Quindi sgravi che si possono conciliare con quanto proposto dal ministro per arrivare alla soluzione più efficace.

Non voglio soffermarmi sulle technicalities, il testo della proposta di legge è in rete. Come potete capire l’intenzione è di promuovere e salvaguardare l’attività delle librerie di qualità presenti sul territorio riconoscendo la loro insostituibile funzione sociale e culturale.

Abbiamo bisogno di indicazioni che siano condivise, che rappresentino tutti voi, soprattutto se dobbiamo intervenire con un nuovo dettato normativo che ridefinisca l’impianto della Levi per modificare la percentuale di sconto al pubblico o per chiarire le ambiguità e le oscurità presenti oggi nelle campagne di promozione.

Un’ultima considerazione: su un tema di tale delicatezza non possiamo dimenticare il peso del confronto europeo. Dobbiamo definire al meglio il senso dell’eccezione culturale, vedendola nei suoi contorni, e analizzando le logiche di mercato che tengano conto del libero accesso ai contenuti culturali digitali che danno vita ad un nuovo mercato digitale aperto.

[Il concetto di eccezione culturale che era nato all’ indomani della creazione della CEE, era il 1957, come deroga alle regole stabilite dai trattati dell’Unione in materia di libertà di scambio, oggi si è trasformato nella volontà di trovare nel fattore culturale l’elemento identitario europeo. Nel Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea è esplicitato che la Comunità debba anzitutto contribuire al pieno sviluppo delle culture degli stati membri, nel rispetto delle loro diversità, evidenziando nello stesso tempo il retaggio culturale comune.]

Ecco perché sono convinta che una tavola rotonda come quella di oggi possa davvero aiutare il nostro lavoro.