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Approvata alla Camera una mozione per investire su scuola, università e cultura

È stata approvata dall’Aula della Camera dei Deputati la mozione del partito Democratico, su cui c’è stata la convergenza delle forze di maggioranza, che impegna il Governo a investire maggiori risorse a sostegno di Scuola, Università e Cultura, un settore strategico e una priorità indifferibile per il Paese.

I dati e le cronache raccontano di un Pil stagnante, che va messo in diretta relazione con l’investimento nella scuola: 2 milioni di ragazzi non studiano e non 
lavorano, abbiamo i tassi di abbandono scolastico più alti d’Europa, è questo lo spread che deve più preoccuparci. Per non parlare dell’università e 
della ricerca: siamo all’ultimo posto per numero di trentenni laureati.

Con la mozione unitaria si chiede al governo di varare un complesso di misure volte a riportare progressivamente l’impegno pubblico per la cultura ai livelli europei, poichè la cultura è un investimento fondamentale per lo sviluppo e la crescita del Paese.

Atto Camera – Mozione 1-00084
presentato da COSCIA Maria
testo di martedì 11 giugno 2013, seduta n. 31

La Camera, premesso che:

è necessario cambiare profondamente le politiche perseguite dai Governi negli ultimi 5 anni sull’istruzione, l’università, la ricerca e la cultura, centrate su pesanti tagli lineari che hanno colpito in modo insostenibile il sistema mettendo a rischio anche i livelli minimi di funzionamento con la grave conseguenza non solo di mettere in discussione diritti fondamentali di cittadinanza ma anche di far venir meno uno dei punti di forza necessari per promuovere la fuori uscita dalla crisi economica e una nuova crescita e sviluppo sostenibile per il nostro Paese;

il recente rapporto Ocse 2012 evidenzia come la media di investimenti in istruzione dei paesi membri sia cresciuta fortemente negli ultimi anni e risulti pari al 5,7 per cento del prodotto interno lordo, ma l’Italia si colloca al di sotto della media, investendo solo il 4,5 per cento del prodotto interno lordo. Penultima in graduatoria, davanti solo alla Slovacchia. Eppure è dimostrato che la maggiore spesa per istruzione produce rendimenti certi, come un maggior gettito fiscale ed una maggiore occupabilità e la stessa Banca d’Italia sostiene, sulla base di complesse analisi, che il rendimento medio dell’investimento in istruzione è dell’8,9 per cento;

l’umiliazione sistematica delle istituzioni della conoscenza pubblica è in palese contrasto sia con la Strategia Europa 2010 che con quella del 2020 e ha contribuito in modo decisivo alla crisi economica del nostro Paese;

l’Italia ha dunque commesso un errore strategico ignorando la risposta prevalente alla crisi nei paesi più avanzati, in cui proprio gli investimenti sul sistema dell’istruzione, della ricerca e del patrimonio culturale non solo sono stati salvaguardati ma incentivati;

gli obiettivi di Europa 2020 chiedono a tutti gli Stati membri di promuovere una crescita intelligente, inclusiva e sostenibile basata sulla conoscenza come fattore di ricchezza e, conseguentemente, di attivare forti ed efficaci investimenti in capitale umano a partire dal potenziamento e dall’incremento della qualità dei sistemi di istruzione e formazione;
tali investimenti, insieme ad un maggiore sostegno del sistema di apprendimento permanente, consentirebbero di proseguire, nel contempo la mobilità sociale – che nel nostro Paese è sostanzialmente bloccata – nonché la realizzazione personale e lavorativa. Grazie ad un efficace sistema di apprendimento per tutta la vita sarà possibile promuovere equità, coesione sociale e cittadinanza attiva, anche al fine di incoraggiare la creatività e l’innovazione a tutti i livelli dell’istruzione, della formazione, della ricerca e dell’economia;

i «saggi» nominati dal Presidente della Repubblica, in linea con la strategia europea, dedicano un’intera sezione al ruolo strategico dell’istruzione e in particolare evidenziano che «Tutte le analisi condotte sul tema della crescita economica indicano nella disponibilità di un capitale umano di qualità uno degli ingredienti fondamentali per sfruttare appieno le nuove tecnologie, per favorire l’innovazione e l’aumento della produttività. Di conseguenza, migliorare le performance dei sistemi di istruzione e formazione è fondamentale per assicurare nel medio termine una crescita economica in grado di riassorbire la disoccupazione e la sottoccupazione di cui è afflitto il nostro Paese»;

il Presidente del Consiglio dei ministri Enrico Letta, nel discorso con cui ha chiesto la fiducia al Parlamento, ha tra l’altro sottolineato come «la società della conoscenza e dell’integrazione si costruisca sui banchi di scuola e nelle università», impegnando il Governo a ridare entusiasmo e mezzi idonei agli educatori e riducendo il ritardo rispetto all’Europa nelle percentuali di laureati e nella dispersione scolastica;

gli elementi e i dati critici che sull’argomento riguardano il nostro Paese sono particolarmente preoccupanti: secondo le classifiche internazionali, l’Italia presenta un forte deficit in termini di qualità del capitale umano rispetto ai principali paesi europei. Esso riguarda sia le competenze maturate dai giovani al termine della scuola dell’obbligo, sia la quota di laureati sulla popolazione. Inoltre, la formazione svolta dalle imprese è significativamente inferiore a quella tipica degli altri paesi europei;

il tasso di abbandono scolastico in Italia è al 18,8 per cento a fronte di una media UE del 13,4 per cento e dell’obiettivo posto dall’Europa 2020 di ridurla al 10 per cento; per quanto riguarda i laureati nella fascia di età tra i 30 e 34 siamo all’ultimo posto con il 20,3 per cento, molto lontani dalla media europea del 34,6 per cento e dall’obiettivo 2020 del 40 per cento;

il rapporto annuale 2012 dell’ISTAT, fa emergere un vero e proprio allarme educativo. L’Italia ha un altro primato negativo in Europa: 2 milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni non sono né a scuola, né al lavoro vivendo così in una condizione di vuoto a grandissimo rischio. Il dato cresce fino a 3,2 milioni se si apre la forbice fino ai 34 anni;

nella scuola centinaia di migliaia di docenti e personale ata sono precari e l’Italia ha tagliato ben 132.000 posti negli organici del personale della scuola con legge n. 133 del luglio 2008. Dal 2009 al 2012 –10 per cento di docenti e –10 per cento di personale tecnico e amministrativo. La classe docente italiana è la più anziana d’Europa: oltre il 22 per cento ha più di 60 anni, contro il 6,9 per cento in Spagna, l’8,2 per cento in Francia, il 10,2 per cento in Germania; solo il 4,7 per cento dei docenti ha meno di 34 anni, contro il 31,6 per cento in Germania, il 22 per cento in Francia e il 19 per cento in Spagna. I giovani laureati che abbandonano l’Italia sono più che raddoppiati dal 2002 al 2011 (ISTAT); siamo al 18o posto su venti paesi Ocse nel rapporto tra ricercatori e occupati;

i salari dei docenti delle scuole italiane sono tra i più bassi d’Europa. Secondo i dati Eurydice, che si riferiscono all’anno scolastico 2011-2012, un maestro in Italia guadagna al massimo 32.924 euro lordi, di media 26.359. In Gran Bretagna circa il 60 per cento in più. Un professore delle scuole medie guadagna all’anno da 24.131 euro a 36,157 (in media 28.257). Un insegnante di liceo da 24.141 a 37.799 (la media è sotto i trentamila). Secondo il rapporto Education at a glance, lo stipendio di un docente italiano a fine carriera è di 4.000 dollari in meno rispetto alla media Ocse;

nel sistema universitario, l’Italia coniuga tasse molto elevate (terza in Europa dopo UK e Paesi Bassi, che però vantano una spesa per studente quasi doppia) e il peggior sistema di diritto allo studio. Ottiene una borsa di studio solo il 7 per cento degli studenti, con 258 milioni di euro di fondi pubblici, contro il 25,6 per cento della Francia (1,6 miliardi), il 30 per cento della Germania (2 miliardi) e il 18 per cento della Spagna (943 milioni). In 5 anni il nostro dato è calato (-11,2 per cento), mentre è aumentato negli altri paesi (Francia +25,9 per cento, Germania +18,6 per cento, Spagna +39 per cento);

non è da ignorare, inoltre, il dato riportato dalle indagini internazionali sul rendimento degli studi che confermano la centralità e la decisiva influenza positiva esercitata dalla confortevole e adeguata organizzazione degli spazi scolastici sull’efficacia dell’attività didattica e sui livelli di apprendimento;

la situazione dell’edilizia scolastica nel nostro Paese è grave. Oltre il 50 per cento dei 42 mila edifici in cui vivono milioni di studenti e di operatori scolastici non sarebbe a norma e diecimila di essi dovrebbero addirittura essere abbattuti;

peraltro, la situazione ha rilievi di vera emergenza alla luce della politica scolastica assunta negli ultimi anni con l’aumento del rapporto alunni/docenti. Tale disposizione, attuata nel quadro di un sistema nazionale di edifici scolastici vetusti, spesso non a norma in termini di sicurezza, ha determinato il sovraffollamento degli alunni in classi non idonee ad ospitarli;

si condividono le linee programmatiche che la Ministra Maria Chiara Carrozza ha illustrato nel corso della seduta congiunta delle VII Commissione permanenti di Camera e Senato che segnano una netta discontinuità rispetto alle politiche governative perseguite nel passato e nelle quali si afferma tra l’altro, in linea con l’Europa, che «le politiche per l’istruzione, l’università e la ricerca sono di rilevanza strategica per il Governo. In particolare, il livello di istruzione e formazione ha un legame diretto con il tasso di sviluppo economico di una certa popolazione e di un certo Paese in un dato momento storico. Tale legame è sempre esistito ma appare oggi ancora più forte per il rapido diffondersi dei nuovi modelli organizzativi e dell’uso delle tecnologie»;

si apprezzano gli impegni contenuti nelle predette linee programmatiche relativamente alla cooperazione istituzionale tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, nel quadro di una visione unitaria del sistema pubblico dell’istruzione, a partire dagli interventi urgenti sull’edilizia scolastica e alla piena attuazione dell’autonomia scolastica, al potenziamento e allo sviluppo dell’offerta formativa dalle sezioni primavera alle scuole dell’infanzia, al tempo pieno e al tempo prolungato, all’istruzione superiore, all’alternanza scuola/lavoro e all’istruzione tecnica superiore, all’educazione degli adulti e all’educazione permanente, alle politiche per il personale con la valorizzazione professionale, la formazione in servizio, la stabilizzazione progressiva del personale precario e nuove norme di reclutamento per i giovani, l’avvio di un nuovo sistema di valutazione;

si sottolineano anche gli impegni riferiti all’università, con particolare riferimento al ripristino di adeguati finanziamenti statali sia per le università che per la ricerca, insieme al definitivo sblocco delle assunzioni entro i limiti del bilancio degli atenei e degli enti di ricerca e il ripristino di livelli di autonomia responsabile degli atenei e degli enti;

al settore universitario sono necessari adeguati finanziamenti a valere sul Fondo di finanziamento ordinario delle università e sul fondo del diritto allo studio e va eliminato il rigido contingentamento delle assunzioni introdotto dalla spending review 2012, che sta mettendo a rischio la sostenibilità dell’offerta formativa;

il settore dell’alta formazione artistica musicale e coreutica, uno dei vanti della cultura italiana ancora oggi in grado di attrarre centinaia di studenti stranieri, deve essere oggetto di un intervento diretto e urgente di riordino legislativo e di significativi investimenti finanziari con l’obiettivo di istituire un sistema unitario e integrato della formazione superiore post-secondaria che veda convivere con pari dignità e in pieno coordinamento tutte le istituzioni (università, politecnici, istituti universitari ad ordinamento speciale, accademie di belle arti, conservatori di musica eccetera), ciascuna mantenendo la propria autonomia, come garantito dalla Costituzione, e il proprio modello formativo, non di rado frutto di tradizioni storiche e di durature esperienze che hanno grande prestigio a livello mondiale; in questo quadro vanno anche affrontati e risolti i delicati problemi degli istituti musicali pareggiati e quelli del personale del settore;

la necessità di una inversione di tendenza si palesa anche per il settore della cultura poiché anche le politiche culturali degli ultimi 5 anni sono state caratterizzate dalla perdurante riduzione dei finanziamenti pubblici;

i beni culturali italiani, malgrado la situazione di grave difficoltà economica, sono una risorsa insostituibile e non delocalizzabile del patrimonio del Paese;

occorre aumentare e rimodulare il finanziamento per le attività istituzionali di tutela e conservazione, presupposto indispensabile per la fruizione dei beni culturali del nostro Paese;
una parte importante del patrimonio culturale del nostro Paese è costituito da biblioteche e archivi che conservano, racchiusi in preziose raccolte di volumi e fondi documentari di estrema importanza, la memoria storica e collettiva della nazione;

occorre, dopo anni in cui gli Istituti di cultura e le riviste culturali hanno visto diminuire fino quasi a scomparire i trasferimenti pubblici, adeguare agli standard europei il sostegno dato alle fondazioni e istituzioni culturali;

tra le diverse misure possibili, si ritiene essenziale proporre l’eliminazione del pagamento dell’IVA sugli acquisti degli Istituti (che non ricercano utili); la riduzione dell’IVA per le riviste che scelgono di pubblicare in formato digitale; tariffe differenziali se non gratuità per alcune spese come quelle postali; sistema differenziato di sussidi e sgravi per investimenti e per alcune categorie di spese degli Istituti e delle Riviste; revisione delle modalità di sgravi relative alle erogazioni liberali; eliminazione IRAP per le fondazioni;

dare riconoscimento, dignità, diritti, certezze, ai professionisti della cultura e della creatività è un fatto di civiltà e crescita poiché le politiche attive per la cultura e la creatività rappresentano una delle condizioni indispensabili per uscire dalla crisi valorizzando un patrimonio trascurato;

l’inadeguatezza e la scarsità degli stanziamenti per la produzione e l’industria dello spettacolo dal vivo e del cinema italiani potrebbero determinare la chiusura di interi settori di attività che, al contrario, sono da considerare strategici per la ripresa del Paese e necessitano di adeguatezza progettuale, sia in termini di finanziamento, sia in termini di programmazione e di politica di interventi;

dai dati europei emerge con evidenza che le risorse destinate alle attività e ai beni culturali nel nostro Paese sono palesemente inadeguati. L’Italia, infatti, si colloca ai livelli più bassi delle varie graduatorie europee. Pertanto si pone la necessità di invertire la tendenza e porsi l’obiettivo di incrementare significativamente le risorse pubbliche e di attivare strumenti di programmazione che aiutino a spendere meglio e a evitare la dispersione di risorse e una seria politica di monitoraggio della spesa (pubblica e privata) in grado di quantificarne il volume e di definire qualità ed efficacia degli investimenti per la realizzazione della missione pubblica;

il ministro Bray nel corso dell’audizione alla VII Commissione della Camera e del Senato, illustrando le sue linee programmatiche, ha indicato le nuove politiche culturali in discontinuità rispetto al passato ed ha opportunamente ribadito che: «la cultura è un bene comune e un diritto. La tutela, lo sviluppo e la diffusione dei beni, delle attività e dei valori della cultura si collocano necessariamente al centro degli obiettivi di crescita economica, civile e sociale del nostro Paese. La cultura costituisce un bene comune di straordinaria ricchezza e complessità, che in tutte le sue diverse manifestazioni deve essere protetto e potenziato»,

impegna il Governo

a riportare gradualmente l’investimento per l’istruzione e la formazione almeno al livello medio dei paesi Ocse (5,7 per cento del prodotto interno lordo), tornando ad investire sulla conoscenza per garantire a tutti pari opportunità di apprendimento e di educazione e per promuovere una nuova crescita economica dell’Italia;

a definire un piano pluriennale per la sicurezza e messa a norma del patrimonio scolastico, concordato e cofinanziato tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, anche prevedendo l’esclusione di questi ultimi dai vincoli del Patto di stabilità: a favorire per quanto di competenza un rapido iter della proposta di legge finalizzata a destinare una quota dell’otto per mille del gettito irpef a diretta gestione statale a interventi di valorizzazione e ammodernamento del patrimonio immobiliare scolastico;

ad attuare pienamente l’autonomia delle istituzioni scolastiche in campo didattico, finanziario, amministrativo e gestionale, partendo dall’attuazione dell’articolo 50 del decreto-legge n. 5 del 2012 con l’assegnazione almeno triennale dell’organico funzionale ad ogni istituzione scolastica e a livello di reti di scuole, con la definizione di un budget triennale e l’erogazione annuale tempestiva dei fondi prevedendo un consistente aumento del Fis, con l’avvio di un efficace sistema di valutazione nazionale con il compito di affiancare e sostenere le scuole per affermare la cultura dell’autovaluzione nella definizione degli obiettivi, nella verifica dei risultati, nell’individuazione delle criticità e nelle azioni per migliorare i risultati in modo da dare a tutti gli studenti le stesse opportunità di apprendimento e di successo scolastico;

a potenziare le sezioni primavera e le scuole dell’infanzia e a favorire, per quanto di competenza un rapido iter della proposta di legge per il potenziamento e lo sviluppo dei servizi educativi e scolastici per l’infanzia da 0 a 6 anni poiché è decisivo investire sull’educazione dei più piccoli per promuovere un nuovo futuro per il Paese;

a potenziare il tempo pieno e il tempo prolungato nella scuola primaria e nella scuola media e ad attuare pienamente l’obbligo scolastico a 16 anni;

ad attivare il monitoraggio previsto per la verifica dell’attuazione del regolamento sul riordino della scuola superiore e a correggere le criticità riscontrate in particolare per quanto riguarda i laboratori e la riduzione e l’accorpamento delle classi di concorso;

a rilanciare l’istruzione tecnica e professionale e l’alta formazione tecnica con la realizzazione di programmi e progetti mirati in particolare per facilitare tirocini e alternanza scuola-lavoro nonché realizzare dei veri e propri laboratori innovativi per favorire la crescita con un opportuno coordinamento tra istituti scolastici, imprese, enti locali e regioni, università ed enti di ricerca;

a rilanciare una piena e corretta attuazione della legge n. 440 del 1997, i cui finanziamenti nel corso degli anni sono stati ridotti ad un terzo, con il ripristino almeno dell’iniziale stanziamento;

a definire un piano pluriennale per l’immissione in ruolo del personale precario e il reclutamento di giovani insegnanti, prevedendo la stabilizzazione dei posti attualmente vacanti e coperti con incarichi annuali, compresi quelli destinati agli insegnanti di sostegno e quelli necessari per gli organici funzionali;

ad intervenire affinché venga sanata l’ingiustizia subita dai lavoratori della scuola della cosiddetta «quota 96», favorendo, per quanto di competenza, un rapido iter della proposta di legge A.C. 249 già assegnata alla XI Commissione permanente della Camera, liberando migliaia di posti di lavoro e così favorendo l’allineamento all’Europa per quanto riguarda l’età anagrafica dei docenti;

a favorire per quanto di competenza, un rapido iter della proposta di legge che modifica la norma, introdotta con la spending review (articolo 14, comma 13, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012) per definire un piano per un adeguato utilizzo del personale dichiarato inidoneo, tenendo conto delle effettive condizioni di salute e delle competenze acquisite nonché, per coloro che lo richiedono e hanno i requisiti applicare l’istituto della dispensa;

a elaborare un piano straordinario finalizzato a riconoscere il ruolo sociale e dare il giusto valore al personale della scuola, a partire dagli insegnanti, avviando una nuova stagione con il rinnovo del contratto di lavoro sia con la previsione dell’aumento dei salari che con la definizione di incentivi legati alla professionalità e all’impegno profuso nel migliorare la qualità e la sperimentazione di innovazione della didattica;

a riprendere il percorso di riforma dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica seguendo la linea strategica indicata in premessa di istituire un sistema unitario e integrato di tutta la formazione superiore post-secondaria e ad affrontare e a risolvere i delicati problemi degli istituti musicali pareggiati e del relativo personale;

ad assumere iniziative per riportare il finanziamento statale delle università e degli enti di ricerca almeno ai livelli di cinque anni fa e, comunque, a varare un programma graduale di investimenti che porti l’Italia a rispettare gli obiettivi previsti dal programma Europa 2020 in termini di spesa per l’istruzione e la ricerca, nonché di numero di laureati;

a valutare l’opportunità di adottare specifiche iniziative volte al ringiovanimento del corpo docente universitario, mediante l’immissione di giovani ricercatori meritevoli, e alla salvaguardia di discipline scientifiche e umanistiche di grande tradizione, irrinunciabili nel panorama universitario di un Paese avanzato come l’Italia, abolendo comunque il blocco delle assunzioni pur entro un quadro di sostenibilità economica dei bilanci universitari e riequilibrando il personale tra le varie fasce docenti, garantendo possibilità di carriera a tutti coloro che lo meritano;

a destinare al tema della contribuzione studentesca universitaria e del diritto allo studio universitario un’attenta e strategica riflessione complessiva e, di conseguenza, ad adottare un nuovo quadro organico di iniziative normative e di investimenti finanziari statali, allo scopo di sostenere gli studenti universitari capaci dei meritevoli le cui famiglie non sono in grado di sostenere i costi di formazione superiore e di mantenimento agli studi, affinché i loro talenti possano liberamente esplicarsi nei tempi, nei modi e nei luoghi da loro scelti e affinché si contribuisca a riattivare la mobilità sociale per rendere la società italiana più equa e fiduciosa;

ad assumere iniziative per ridefinire competenze e ruolo dell’ANVUR al fine di trasformare l’indispensabile valutazione della qualità dei risultati delle attività didattiche e di ricerca in una occasione per innescare un processo di miglioramento continuo e di piena responsabilizzazione in tutte le istituzioni, da incentivare anche con opportuni finanziamenti premiali aggiuntivi rispetto a quelli ordinari;

a perseguire l’obiettivo di portare progressivamente la spesa pubblica per la cultura ai livelli europei considerando la cultura un investimento fondamentale per la crescita e lo sviluppo in una realtà come l’Italia che possiede il patrimonio culturale per quantità e qualità più grande del pianeta;

ad avviare un piano di investimenti pluriennale per la tutela dei beni culturali non limitandosi ad interventi straordinari e urgenti;

a individuare nel settore della cultura strumenti di programmazione certi che consentano un utilizzo più efficiente ed efficace delle risorse a partire dalla riorganizzazione dei finanziamenti strordinari;

ad assumere iniziative per prorogare, a decorrere dal 1o gennaio 2014, l’erogazione delle misure fiscali del tax credit e del tax shelter a vantaggio dell’industria cinematografica e a reperire risorse aggiuntive a sostegno del settore dello spettacolo, anche attraverso il finanziamento del Fondo unico per lo spettacolo (FUS);
a rilanciare il settore dei beni culturali, rendendo più stabili anche i contributi delle istituzioni di cultura tutelate dal Ministero che hanno un forte ruolo di riferimento per la ricerca e di formazione all’interno della società.

(Mozione 1-00084) «Coscia, Bellanova, Speranza, Ghizzoni, De Micheli, Giacomelli, Grassi, Martella, Velo, De Maria, Fregolent, Garavini, Pollastrini, Rosato, Mauri, Ascani, Blazina, Bonafè, Bossa, Carocci, Coccia, D’Ottavio, La Marca, Malpezzi, Manzi, Malisani, Narduolo, Orfini, Pes, Piccoli Nardelli, Raciti, Rampi, Rocchi, Zampa, Basso».

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