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Cultura come valore identitario

Pubblichiamo di seguito l’intervista di Annalia Incoronato a Flavia Piccoli Nardelli che ha anticipato i temi oggetto del dibattito, al quale ha preso parte,  “La cultura come motore di sviluppo del Sud”, insieme al Rettore dell’Universita della Calabria, prof. Gino Mirocle Crisci, a Diamante in provincia di Cosenza:

Partiamo dal titolo dell’incontro “La cultura come motore di sviluppo del sud”.
Sappiamo bene che è un tema strategico e Franceschini è intervenuto su questo alla direzione del Pd sul Mezzogiorno. O riusciamo a sbloccare la situazione culturale o ci sarà sempre dei grossi deficit e perderemo gran parte delle risorse che il nostro patrimonio diffuso, quello culturale, può mettere in campo.

E come si fa?
Problema delle infrastrutture, sicurezza, comunicazione e fruizione dei beni sono le parole chiave della nuova politica che Franceschini sta portando avanti. Ma anche la valorizzazione che i venti musei sono chiamati a fare nel Paese.

La nomina dei direttori stranieri di alcuni dei più importanti musei italiani ha suscitato molte polemiche.
Voi avete avuto la nomina di una personalità locale a Reggio Calabria ma i direttori stranieri, li vedo come un’opportunità, il fatto di avere venti musei che rappresenteranno insieme un’occasione di fruizione per il nostro Paese è una gran cosa. Trovo interessante il fatto che tra questi ci sia il museo di Reggio Calabria che ha fatto impennare i dati. Significa che nel momento in cui questo museo viene valorizzato trova tanti utenti interessati. Insomma in Calabria ci sono ombre ma anche luci straordinarie.

Il dato sul museo forse è ancora, più straordinario considerato che i lavori di ristrutturazione non sono terminati nonostante siano in corso da tanti anni.
Siete in testa alla classifica dei musei di tutte le Regioni del Sud, lo ritengo davvero interessante. E poi c’è una grande opportunità della progettualità europea per un obiettivo unico che è la valorizzazione culturale.

Finalmente le persone giuste si trovano al posto giusto?
Questo mi pare fondamentale. Bisogna avere una politica culturale molto chiara e con obiettivi precisi, con la consapevolezza di quelle che sono le risorse su cui si può contare e le difficoltà che certamente ci sono. Nell’incontro qui a Dimante c’è il rettore dell’Università della Calabria, Crisci, che ha delle competenze proprio sui beni culturali. C’è Guarasci, ad esempio, che è un grande esperto di digitalizzazione. E’ importante parlare con il rettore della manutenzione e della tutela di un certo patrimonio culturale, so che è molto attento a questa tematica.

Spesso si parla di privatizzazione della gestione dei beni culturali. Lei ritiene che una prospettiva del genere può essere buona nel nostro Paese?
A Ercolano, ad esempio, sono state fatte cose importanti in un rapporto virtuoso tra pubblico e privato. Secondo me l’importante è proprio questo, il tipo di rapporto che si riesce a stabilire tra le due parti. Ormai, per il tipo di patrimonio straordinario che abbiamo, credo che non possiamo fare a meno del coinvolgimento del privato. In una doppia accezione: sia in termini di risorse, sia come cittadinanza attiva cioè un coinvolgimento del cittadino che deve capire che la biblioteca, il museo, l’archivio sono cosa sua dunque si può intervenire anche con forme dl micromecenatismo. Io lo vedo come un elemento positivo su cui bisogna lavorare.

Sul piano internazionale, ha visto quanto accaduto a Palmira con la distruzione dei beni archeologici.
È un massacro. La vita umana e le pietre finiscono per avere lo stesso valore simbolico. Questo ci fa capire che il patrimonio culturale è fortissimamente identitario e valoriale. L’Isis ci ha aperto una fìnestra, chiarendo che questo patrimonio è parte fondante di quello che noi siamo, dall’altra parte tuttavia mi dà un senso di impotenza. Prima di chiudere i lavori parlamentari abbiamo firmato una risoluzione con la commissione esteri chiedendo un intervento dell’Unesco.

L’ultimo argomento su cui le chiedo una battuta è la scuola. Si parla di deportazione degli insegnanti, una parola molto brutta.
Ho lavorato tre mesi su questo testo, che secondo me è buono e offre una grande opportunità ai nostri insegnanti. Sono convinta che costituiscano una ricchezza straordinaria per un Paese come il nostro e dobbiamo dare il senso della dignità sociale di un lavoro straordinario. Questa riforma va in questa direzione.