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Convenzione di Istanbul dalle parole ai fatti

Abbiamo approvato alla Camera, il 28 maggio scorso, la ratifica della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, uno strumento legislativo vincolante ma non ancora pienamente risolutivo.

Non è sufficiente, dobbiamo fare di più. Per questo motivo sono state presentate e discusse in Aula, da tutte le forze politiche, 6 mozioni volte al contrasto di ogni forma di violenza nei confronti delle donne , perchè sentiamo la responsabilità di fare un passo ulteriore, impegnarci ed impegnare il Governo a rispettare tutti gli obiettivi della Convenzione del Consiglio d’Europa.

L’attenzione per la questione di genere, l’eliminazione delle barriere per un’uguaglianza sostanziale, oltre che formale, e l’attuazione di politiche culturali che favoriscano la presenza partecipativa attiva nella vita politica del Paese sono elementi inderogabili che ci impegnamo a tradurre in cambiamento nella vita democratica dell’Italia.

Con questo spirito sono intervenuta nella discussione alla Camera delle mozioni all’esame dell’Aula (collegamento al video dell’intervento).

XVII LEGISLATURA

Resoconto stenografico dell’Assemblea

Seduta n. 27 di lunedì 3 giugno 2013

Mozioni Speranza ed altri n. 1-00039, Binetti ed altri n. 1-00036, Locatelli ed altri n. 1-00040, Brunetta ed altri n. 1-00041, Migliore ed altri n. 1-00043 e Mucci ed altri n. 1-00042: Iniziative volte al contrasto di ogni forma di violenza nei confronti delle donne (Discussione sulle linee generali)

FLAVIA PICCOLI NARDELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le diverse mozioni presentate rispecchiano più o meno fedelmente lo spirito che ha animato la discussione sfociata nell’approvazione plebiscitaria della Convenzione di Istanbul. Può sembrare, dunque, inutile o addirittura demagogico riprendere nuovamente il filo di quei discorsi.

Dobbiamo, però, ricordare a noi stessi che oggi è nostro compito, come Parlamento, quello di definire i principi portanti su cui costruire una legge che renda attuabile quella Convenzione. Per fare questo, dobbiamo muoverci tenendo conto che parecchio è già stato fatto negli anni recenti. So bene che l’idea di una nuova legge si scontra con l’idea apparentemente più semplice di far funzionare meglio quelle che già ci sono. Eppure, resto convinta che vi sia bisogno di un testo di legge ad hoc, perché occorre sottolineare che è tutto il nostro Paese ad essere coinvolto, che lo Stato, su tutto il territorio nazionale, dal Nord al Sud, si riconosce allo stesso modo nell’urgenza e nella gravità di questo problema.

Del resto, nonostante gli interventi legislativi fin qui predisposti, dobbiamo anche riconoscere che la situazione non solo non è migliorata, ma anzi apparentemente si è incrudelita. Dunque, sono anche altri i campi su cui dobbiamo muoverci e dobbiamo esserne molto consapevoli.

Non occorre ricordare a questo Parlamento che le donne in Italia hanno cominciato a svolgere un ruolo politico riconosciuto solo a partire dal giugno del 1946, quando hanno ottenuto un suffragio realmente universale ed hanno partecipato alle votazioni per il referendum istituzionale e per l’Assemblea costituente. Ottennero quel diritto di voto per decisione delle due forze politiche popolari, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano, che vollero investire sulla figura femminile. E fu nella Costituente che per la prima volta vennero affrontati una serie di problemi con un’ottica di impegno democratico, civile e politico, che permise di cogliere nuovi aspetti significativi, non solo nella storia delle donne, ma anche in quella politica e civile del nostro Paese.

La forte attenzione riservata alla realtà civile e sociale italiana si ritrovò in altri momenti della nostra storia, per esempio quando Maria Eletta Martini e Nilde Iotti, per ricordare solo due fra le protagoniste di quella stagione, diedero un contributo essenziale alla costruzione della democrazia repubblicana, riuscendo a modificare il diritto di famiglia. Eravamo nel 1971 e solo nel 1981 – tardi, davvero molto tardi – venne abolito, come sappiamo, il delitto d’onore: decisione che trovò compimento nel 1996 con la legge contro la violenza sessuale.

Vale la pena ricordarlo, Presidente, perché il nostro compito è rendere concreto l’impegno previsto dalla Convenzione di Istanbul, radicandolo nella nostra Costituzione e attuando quel «prevenire e proteggere» che ci è stato segnalato dagli organismi internazionali come un diritto ancora non compiutamente acquisito.

Ecco perché sono convinta che nell’impegno formativo, nella scuola, nell’insegnamento e in quel diritto di cittadinanza declinato in maniera aperta, noi riusciremo a cambiare le cose.

È vero, la violenza colpisce tutte le fasce sociali, tute le etnie, ma è anche vero che la crisi economica radicalizza i conflitti, che la mancanza di sostegno alla famiglia ed alla scuola fa saltare anelli essenziali della concatenazione di azioni utili alla nostra crescita civile, che il patto mancato tra scuola e famiglia lascia scoperti impegni formativi che debbono essere affrontati.

Così come manca la dovuta attenzione al processo comunicativo che su questi temi è spesso devastante.

Questi temi sono compresi nelle diverse mozioni che insistono sia sulla prevenzione, sia sui profili di riparazione della violenza.

L’attenzione per la questione di genere, l’eliminazione delle barriere per una uguaglianza sostanziale, oltre che formale, e l’attuazione di politiche culturali che favoriscono la presenza partecipativa nella vita politica sono elementi costitutivi il tessuto di un Paese democratico.

Ecco perché esprimo l’auspicio che le mozioni vengano unificate, che si lavori su questi nodi essenziali in modo organico, nello stesso spirito con cui in un passato non troppo lontano si è lavorato sui principi costituzionali fondanti la vita democratica del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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