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Eticamente politica. Il Diritto e l’Etica a confronto con la Scienza

Si è tenuto lo scorso 26 gennaio, presso la Sala Aldo Moro della Camera dei Deputati, il Seminario “EticaMente Politica – Il Diritto e l’Etica a confronto con la Scienza”, un importante momento di confronto tra protagonisti della ricerca filosofica contemporanea – italiani ed internazionali – e rappresentanti delle istituzioni e della politica sul delicato e complesso rapporto tra filosofia, diritto e le nuove teorie della conoscenza.

INVITOetica-scienza-giustiziaHanno partecipato all’evento organizzato dal Gruppo parlamentare del Partito Democratico della Camera e presieduto dall’on. Fabrizia Giuliani (Commissione Giustizia): l’on. Roberto Speranza (Presidente del Gruppo PD), il prof. Daniel Dennett (Tufts University, USA, filosofo del linguaggio), la prof.ssa Erin Kelly (Tufts University, USA, filosofa della politica), il prof. Mario De Caro (Università di Roma TRE, filosofo della politica), la prof.ssa Francesca Izzo (Università L’Orientale di Napoli, filosofa della politica), il prof. Vittorio Bo (Festival della Scienza), il dott. Carlo Fuortes (Sovrintendente Teatro dell’Opera Roma, AD Fondazione Musica per Roma), l’on. Donatella Ferranti (Presidente Commissione Giustizia della Camera), l’on. Flavia Piccoli Nardelli (Vicepresidente Vicario della Commissione Cultura della Camera).

L’incontro è nato dall’esigenza di trovare punti di incontro tra la riflessione politica che ha guidato l’azione dei parlamentari del partito democratico in questa prima parte della legislatura e le teorie filosofiche emergenti, con dibattiti non legati all’immediata congiuntura o alla discussione di singoli provvedimenti, ma agli sviluppi di lungo periodo dei saperi contemporanei.

L’avanzamento tecnico-scientifico negli ultimi anni è stato imponente e ha portato ad una ridefinizione dei confini delle discipline tradizionali – dalle teorie sulla conoscenza, alla filosofia, al linguaggio, al diritto – mettendone in questione molte nozioni cardine.

In particolare questi saperi, dando conto del limite che segna le azioni umane, stanno spingendo a ripensare diversi concetti fondamentali dei nostri ordinamenti quali il libero arbitrio, la libertà individuale, il diritto individuale, ecc.

Un numero crescente di filosofi, giuristi e scienziati ne conclude pertanto che sia giunto il tempo di ripensare il diritto e in particolare il concetto di pena, orientandoli al perseguimento di ciò che è socialmente utile punire, e al reinserimento e al recupero.

Pubblichiamo di seguito il testo integrale dell’intervento della Vicepresidente Piccoli Nardelli.

È possibile scaricare da Il Sole24ore.it il dialogo (In)certezze su libertà e responsabilità di Danile Dennett.

Il programma dettagliato dell’iniziativa “EticaMente Politica – Il Diritto e l’Etica a confronto con la Scienza

ETICAMENTE POLITICA.
Gli effetti della scienza sulla morale e sul diritto

Il nostro incontro di oggi si inserisce nel quadro più ampio delle giornate del Festival della Scienza che hanno visto fisici, matematici, astrologi, cosmologi e sociologi, discutere insieme sul tema dell’ “ignoto”, accettando di rinunciare alle specificità accademiche per ricollocarsi su un terreno comune, dimostrando una volta di più come l’innovazione, lo “strappo” del pensiero, la discontinuità avviene nel confronto sul crinale fra le diverse discipline, più che al dibattito interno alle discipline stesse.

Io faccio parte della VII Commissione della Camera, che si occupa di scuola, ricerca, università, ma anche di beni culturali, quel cultural heritage che comprende il paesaggio, il patrimonio materiale ma anche quello immateriale del nostro straordinario Paese. Tutti argomenti che la cultura occidentale ha messo alla base dello sviluppo cognitivo, delle radici e delle identità della nostra civiltà.

Il parlamento nel corso della sua storia ha svolto numerose importanti indagini conoscitive, avviate per conoscere esaurientemente le questioni che andava trattando, per capire meglio il Paese, per interpretare bisogni e speranze e tradurli in puntali atti legislativi. E così come è nelle tradizioni delle grandi culture politiche di questo Paese, che hanno una lunga storia alle spalle e che hanno sempre dedicato particolare attenzione al pensiero contemporaneo e al suo sviluppo. Come è testimoniato dal lavoro degli uffici studio che compare negli archivi dei partiti polici.

Oggi soffriamo di un deficit di approfondimento ed anche di dibattito. Dobbiamo recuperarlo.

Sono tutti motivi per cui ho condiviso l’idea che ha dato origine a questo seminario. Consentire ai parlamentari di poter avere un confronto alto con quanto si muove nel mondo del pensiero e della ricerca a livello nazionale ed internazionale.

La fretta, l’urgenza di decisioni a volte difficili, la tentazione di autoreferenzialità, vanno compensate con momenti in cui si ridiscutono, con se stessi e con gli altri, alcune delle motivazioni del nostro agire.

E quale argomento per noi può essere oggi più importante del binomio libertà/necessità? Libertà/responsabilità?

Quanto il soggetto sia responsabile delle sue azioni o quanto i condizionamenti culturali, sociali e mentali condizionino l’azione individuale. È questione molto radicata nella storia della cultura occidentale.

Così come il rapporto tra scienza e morale. “La banalità del male”, della Arendt, vede Eichmann, inserito in un contesto già definito, che non si interroga sulle conseguenze delle sue azioni, ma che esegue quanto gli impone il suo spirito di subordinato burocrate.

Il punto fondamentale è quello della imputabilità delle azioni. Si può pensare che in un determinato contesto storico, sociale e culturale l’individuo possa non essere consapevole delle proprie azioni?

Detto in altro modo, fino a che punto la libertà e l’individualità del soggetto può emergere dalla ripetizione di costumi già stabiliti?

Certamente i condizionamenti di diverso genere, fino a quelli che gli studi di Dennet hanno evidenziato, hanno un peso rilevante. A questo oggi si aggiungerebbe il condizionamento del nostro corpo testimoniato dalle neuroscienze.

D’altra parte, radicalizzando, il rischio è quello di arrivare a pensare che in un mondo occidentale come il nostro, che ha fatto della libertà individuale la propria cifra, non ci sia in realtà nessuno spazio per la libertà.
Devo confessare che il mio rapporto con temi di questo tipo, nasce con le idee di Gilbert Ryle e risale all’ultimo anno del mio corso di laurea in Filosofia, quando le sue opere, e nel caso specifico “Lo spirito come comportamento”, entrarono nel dibattito universitario.

Così come, alcuni anni dopo, il libro di MacIntyre, “Dopo la virtù”. Dopo aver rilevato che la riflessione sull’etica è segnata da una parte dalla presenza di diverse teorie morali tra loro conflittuali (e dal sospetto che per questo nessuna sia vera) e dall’altra dall’emotivismo, cioè da una “dottrina secondo cui tutti i giudizi di valore, e più specificamente tutti i giudizi morali, non sono altro che espressioni di una preferenza, espressione di un atteggiamento o di un sentimento”, paradossalmente si arrivava all’idea che non esiste più una vera scelta individuale. Le azioni per il neo-pensiero erano determinate dal contesto e da ciò che fa apparire come bene (l’istinto) all’individuo.

Quando nella parte finale del libro MacIntyre allude ad un possibile parallelismo tra l’epoca del declino dell’impero romano e il nostro tempo scrive: «Un punto di svolta decisivo in quella storia più antica si ebbe quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l’imperium romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la continuazione di tale imperium. Il compito che invece si prefissero fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere».

Mario De Caro ha dipinto due settori nel suo intervento: quello individuale e quello dei rapporti sociali.

E per questo secondo aspetto, in sintesi, la domanda è se si possono costruire forme di comunità nelle quali esistano delle pratiche e dei valori comuni e nelle quali l’individualità, la vita morale individuale, la capacità di sviluppare o criticare determinate pratiche possano fiorire.

Si potrebbe dire esistono esperienze storicamente generative di pratiche virtuose capaci di aiutare a formare individui liberi, in grado di compiere scelte morali autonome? Grande domanda alla quale è difficile dare risposta teoricamente compiuta. Ciò non toglie che nella esperienza si diano casi esemplari di realtà di questo tipo.

Come si vede sono argomenti apparentemente squisitamente teorici, in realtà sono profondamente presenti nell’elaborazione di proposte politiche concretissime, come ha brillantemente chiarito Francesca Izzo.

Per questo credo sia utile proporre altri approfondimenti come questo che ci aiutino a tener conto di quanto sta cambiando a livello internazionale nel mondo della ricerca.

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