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In memoria di Bartolo Ciccardini

Riportiamo l’articolo di Flavia Piccoli Nardelli, pubblicato sul quotidiano Europa del 15 giugno scorso, in cui la parlamentare ricorda con affetto l’amico e il politico, un protagonista e generoso testimone della storia del cattolicesimo politico: dalla gioventù dossettiana all’impegno per il maggioritario, uno straordinario esperto della comunicazione democristiana.

«Si sono svolti sabato mattina i funerali di Bartolo Ciccardini, morto mercoledì sera, dopo una cena con gli amici in cui si era parlato di politica, colpito da un infarto che se lo è portato via in un’ora.

Bartolo era venuto a Roma da Perugia dopo la laurea, che aveva preparato con l’aiuto di Gianni Baget Bozzo lavorando alla biblioteca della Camera. Era approdato ad una comunità ospitata presso la Chiesa Nuova, mentre nella vicina casa Portoghesi operava la “Comunità del Porcellino”, con Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati ed in un primo tempo anche Amintore Fanfani. È proprio Ciccardini che lo racconta in un suo lungo articolo.

Quello iniziale fu per lui un periodo di speranze e successi: con Franco Maria Malfatti, che svolgeva il ruolo politico, Baget Bozzo, che assolveva quello del teorico, Ciccardini fu il terzo elemento della triade di Per l’Azione, mensile dei giovani Dc pubblicato tra il ’51 ed il ’53, in un periodo in cui Dossetti lasciava la politica e i giovani scoprivano lo spessore di Alcide De Gasperi.

È sempre Bartolo che lo racconta, dando conto del clima e dei personaggi fra cui si svolgeva in quel periodo il lavoro dei giovani democristiani. Le sue descrizioni di La Pira, di Dossetti, di Lazzati, di Achille Ardigò, di Giovanni Galloni – ma anche dei giovani quali Malfatti, Achille Albonetti, Franco Nobili, Cesare Dall’Oglio, Giulio Andreotti – sono straordinariamente vive.

Il tentativo degasperiano di una riforma elettorale maggioritaria, nel 1953, non riuscì. La governabilità al centro, che avrebbe visto isolate le sinistre ma anche le destre, non venne garantita. I giovani Dc vennero attratti da nuove prospettive. Alcuni seguirono Franco Rodano con Lo Spettatore Italiano. Malfatti restò nella Dc del nuovo leader Fanfani. Bartolo Ciccardini seguì con Baget Bozzo le tesi di Felice Balbo, leader morale dopo l’abbandono di Dossetti, dirigendo Terza generazione dal 1953 al 1954 e sviluppando un discorso sulla società civile ed i giovani.

Vennero poi un’esperienza nell’Eni di Enrico Mattei, dove si occupò di comunicazione, e nella Spes, negli anni tra la fine del 1950 e l’inizio del 1960 con la direzione di Malfatti e di Sarti.

Aperto al sociale, vicino alle Acli “fanfaniane”, nel corso degli anni Sessanta maturò una visione “istituzionalista” che, dopo il convegno della Dc di Sorrento del 1965, lo vide schierato con Mariano Rumor e Fanfani. Tentò poi un esperimento interessante di pensatoio politico: “Europa 70”, con Giuseppe Zamberletti e Celso De Stefanis, che valutava positivamente il ricorso ai referendum. Nel 1968 venne eletto per la prima volta deputato, collaborò con Fiorentino Sullo, padre nobile della Base e direttore de La discussione, e come direttore effettivo del settimanale della Dc negli anni Settanta. Vide con grande soddisfazione nel 1993 l’elezione diretta dei sindaci e fu attento, fino agli ultimi mesi, all’Anci ed alle sue politiche.

Era lui stesso a raccontarlo, quando negli ultimi anni aiutava i giovani studiosi impegnati sulle fonti di quel periodo a interpretarle e a ricollocarle. Era per lui un motivo di inquietudine la differenza che scopriva fra il ricordo che da protagonista aveva di quegli avvenimenti ed il racconto che gli storici, anche i più seri e preparati, traevano da quelle carte. Faceva dunque parte, a buon diritto, di quel gruppo numeroso di straordinari testimoni di cui l’Istituto Sturzo ha potuto avvalersi nel lavoro di riordino ma soprattutto di valorizzazione degli archivi del cattolicesimo politico, della Democrazia cristiana, dei protagonisti di quegli anni.

Degli archivi del Partito popolare, di quelli della Democrazia cristiana, di quello della Sinistra cristiana, dei settanta fondi personali, da quello di Sturzo a quelli di Meda, di Spataro, di Gronchi, di Gonella, di Sullo, di Piccoli, di Vittorino Veronese, di Andreotti, di Gabriele De Rosa, di Pietro Scoppola, Ciccardini conosceva molte cose ed era generoso di sé nel raccontarle, nel discuterle, nel commentarle.

Ma Ciccardini sapeva tutto, assolutamente tutto, sulla straordinaria documentazione iconografica del partito, che fa oggi la felicità di studiosi e documentaristi. Dei manifesti della Democrazia cristiana sapeva come erano nati, quale era stata l’origine, spesso chi era stato il grafico o il tipografo, e la fortuna che avevano avuto nelle diverse campagne elettorali. Insomma uno straordinario esperto, che il giorno successivo alla sua morte avrebbe dovuto essere all’Istituto Sturzo per rilasciare un’intervista su De Gasperi programmata da tempo.

Ciccardini aveva un’altra straordinaria dote: era curioso, attento a come cambiava il mondo, e aveva adottato internet in anticipo sui tempi e al di fuori degli schemi tradizionali previsti dalla sua età. La sua piccola rivista Camaldoli, diffusa in rete ad un indirizzario fatto di vecchi e nuovi amici, pubblicava “chicche” che egli andava cercando sulla storia del movimento cattolico, commenti o interventi che rimettevano in circolazione convegni di grande interesse ma altrimenti limitati ad un pubblico di addetti i lavori e soprattutto editoriali, i suoi editoriali, di commento politico sulla situazione attuale, brillanti, mai banali, capaci di cogliere le prospettive nuove che di volta in volta si aprivano.

Per questo tutto un mondo ricorda e rimpiange Bartolo Ciccardini».

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