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La Camera piange la scomparsa di Bartolo Ciccardini

Pubblichiamo il discorso di Flavia Piccoli Nardelli, intervenuta alla Camera dei Deputati martedì 17 giugno scorso, per commemorare ufficialmente Bartolo Ciccardini, improvvisamente scomparso lo scorso 12 giugno.

«Signor Presidente, io vorrei oggi dedicare a Bartolo Ciccardini, scomparso la scorsa settimana a Roma, un ricordo non formale, come quello che si deve ad alcuni importanti testimoni delle culture politiche che hanno fatto la storia di questa Repubblica.

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Ciccardini, che ha fatto parte di questa Camera per sei legislature, dal 1968 al 1992, nelle file della Democrazia Cristiana, ricoprendo anche il ruolo di sottosegretario di Stato al Ministero dei trasporti ed al Ministero della difesa in diversi Governi, è stato un testimone capace di ritrasferire alle giovani generazioni il senso alto della politica di cui è stato ricco quel primo periodo della storia repubblicana.

Ciccardini aveva 86 anni, era marchigiano di Cerreto d’Esi, aveva lavorato per la sua laurea con Massimo Severo Giannini sul formarsi dei partiti nel Parlamento italiano dopo l’unità d’Italia. Quindi, sulla funzione dei partiti, sul riconoscimento giuridico, i loro compiti, i loro doveri, temi che in quegli anni venivano discussi nella Costituente a proposito di quello che diventerà l’articolo 49 della
Costituzione, e che saranno presenti nelle sue battaglie referendarie degli anni Novanta.

Al suo arrivo a Roma, aveva trovato come punto di riferimento casa Portoghesi e la Comunità del «Porcellino» di La Pira, Dossetti, Lazzati, Fanfani. Un periodo di speranze e successi: con Malfatti e Baget Bozzo aveva fatto parte della direzione di Per l’Azione, il mensile dei giovani democristiani, in un periodo in cui Dossetti lasciava la politica e quei giovani scoprivano lo spessore di De Gasperi.

Bartolo Ciccardini aveva seguito con Baget Bozzo le tesi di Felice Balbo, leader morale dopo l’abbandono di Rossetti, dirigendo Terza Generazione e sviluppando un discorso importante sulla società civile di giovani.

Negli anni successivi vennero poi un’esperienza nell’ENI di Mattei, dove si occupò di comunicazione, e nella Spes negli anni tra la fine del 1950 e l’inizio degli anni Sessanta.

Da valente giornalista curò per la Rai trasmissioni di grande successo. Aperto al sociale, vicino alle ACLI, diresse La discussione, il settimanale della Democrazia Cristiana, tra il 1970 e il 1976.

La sua apertura, la sua curiosità ed onestà intellettuale, l’amore per il confronto delle idee, fecero di lui un grande innovatore anche nelle successive stagioni politiche. La sua lunga battaglia per rinnovare i modi ed i contenuti della politica lo videro impegnato nei dibattiti che portarono alle riforme elettorali degli anni Novanta. Vide con grande soddisfazione nel 1993 l’elezione diretta dei sindaci, di cui era stato promotore, e fu attento fino agli ultimi mesi della sua vita, all’ANCI. ed alle sue politiche. Era lui stesso a raccontarlo, Presidente, quando negli ultimi anni aiutava i giovani studiosi impegnati sulle fonti di quel periodo ad interpretarle ed a ricollocarle. Era per lui un motivo di inquietudine la differenza che scopriva fra il ricordo che da protagonista aveva di quegli avvenimenti ed il racconto che gli storici, anche i più seri e preparati, traevano da quelle carte.

Faceva dunque parte, a buon diritto, di quel gruppo numeroso di straordinari testimoni di cui gli studiosi e le fondazioni, come l’’Istituto Sturzo, a cui era molto legato, hanno potuto avvalersi nel lavoro di riordino ma soprattutto di valorizzazione degli archivi del cattolicesimo politico. Di quegli archivi, Presidente, e finisco rapidamente, conosceva molte cose ed era generoso di sé nel raccontarle, nel discuterle, nel commentarle. Sapeva tutto, assolutamente tutto, sulla straordinaria documentazione iconografica che fa oggi la felicità di studiosi e documentaristi.

Dei manifesti elettorali sapeva come erano nati, quale era stata l’origine, spesso chi era stato il grafico o il tipografo, e la fortuna che avevano avuto nelle diverse campagne elettorali. Ciccardini aveva un’altra dote: era curioso, attento a come cambiava il mondo ed aveva adottato la rete in anticipo sui tempi ed al di fuori degli schemi tradizionali previsti dalla sua età. Ne è testimonianza Camaldoli, la sua rivista, diffusa in rete ad un indirizzario fatto di vecchi e nuovi amici, che pubblicava interventi ed editoriali, soprattutto i suoi editoriali, di commento politico sulla situazione attuale, brillanti, mai banali, capaci di cogliere le prospettive nuove che di volta in volta si aprivano.

Fino al giorno della sua morte, Presidente, ha lottato e protestato per garantire i fondi necessari per la sopravvivenza dell’Associazione nazionale dei partigiani cristiani, di cui era presidente, che erano stati dirottati altrove, causandogli immensa amarezza. Noi oggi ricordiamo e rimpiangiamo Bartolo Ciccardini, Presidente, e soprattutto rimpiangiamo la sua fede nella politica».

In ricordo di Bartolo Ciccardini, a seguire, sono intervenuti l’On. Rocco Buttiglione e l’On. Renato Balduzzi.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, ci proverò. Ricordo un amico, io ho conosciuto Bartolo Ciccardini quando dirigeva il primo pensatoio politico forse che ci sia stato in Italia, «Europa 70», insieme con Giuseppe Zamberletti e con Celso De Stefanis, e individuava già i primi sintomi della decadenza della democrazia italiana e indicava la necessità di un suo più profondo rinnovamento, vedendo, da dossettiano popolare, uno che aveva una formazione dossettiana ma che, guidando a lungo la Spes, era stato in contatto diretto con gli umori della gente e con le ragioni del consenso politico democristiano, vedendo come il sistema si andava bloccando e cresceva la incapacità decisionale a partire, non solo ma anche, forse soprattutto, dalla riforma dei Regolamenti di Camera e Senato che in quegli anni venne fatta.

Esplorava la possibilità di restituire alla democrazia la capacità di decidere, perché gli autoritarismi hanno come dato precedente la crisi della democrazia, il fascismo non ha ucciso la democrazia italiana, ha sepolto una democrazia italiana che si era screditata per la sua incapacità di prendere decisioni e indicare al popolo un percorso da seguire. Questo era il timore che lui avvertiva già allora e non a caso anche Mario Segni, che fu poi con il referendum l’iniziatore del processo di trasformazione della democrazia italiana, era un uomo che si incontrava in quel giro di amici e lì si affrontarono, molto tempo prima che la stampa e la pubblica opinione ne fossero consapevoli, i nodi che ahimè rimangono davanti a noi ancora irrisolti.

Il miglior omaggio alla sua memoria sarebbe se finalmente riuscissimo a dare all’Italia una democrazia funzionante, facendo quelle riforme che la allineano con i grandi Paesi occidentali, senza smarrire la specificità che ci deriva dalla nostra storia così tormentata, ma anche rinunciando all’idea che si possa costruire un modello che ignora le esigenze e le logiche istituzionali che hanno consentito ad altri Paesi vicini di ottenere migliori effetti di governabilità e quindi più vasto, più profondo consenso democratico.

RENATO BALDUZZI. Signor Presidente, sono molto lieto di avere due minuti per ricordare Bartolo Ciccardini. Appartiene a un’epoca della mia vita, la direzione da parte sua – erano altri tempi – della rivista La discussione, che era un’occasione settimanale per tuffarmi in un pensiero robusto, molto curioso, molto aperto a tante novità come curioso e aperto a tante novità è stato tutta la sua vita Bartolo Ciccardini.

Nelle diverse fasi, da dossettiano fino ai cristiano-sociali, nelle diverse riviste Per l’Azione, Terza generazione, La Discussione e, da ultimo, Camaldoli.org che egli ha diretto è sempre stato dentro la sua storia, la storia di un cattolico democratico, ma con una grande apertura e con una grande capacità di ascolto degli altri, fino agli ultimi editoriali legati al commento benevolo e incoraggiante relativamente al nuovo Governo di Matteo Renzi.

Allora, ecco che ricordare Bartolo Ciccardini, persona mai sfiorata – e non si dice poco – da questioni giudiziarie o questioni di problemi etici, ma persona sempre di grande spessore morale è un modo anche – e mi unisco a quello che ricordavano l’onorevole Piccoli Nardelli e l’onorevole Buttiglione – per fare noi tesoro di queste testimonianze e di questi testimoni, che sono stati in quest’Aula e che continuano in qualche misura ad essere presenti anche attraverso la nostra azione politica.

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