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Open Data, una nuova opportunità per istituzioni e utenti della cultura

La Commissione Cultura della Camera approva, con voto unanime, la relazione sui due disegni di legge volti a recepire le normative più recentemente adottate a livello di Unione Europea e a chiudere svariate procedure d’infrazione al diritto UE, suscettibili di determinare sanzioni pecuniarie a carico del Paese. I due atti sono molto importanti anche perché il ‘Semestre’ di presidenza italiana dell’UE è ormai prossimo.

Per l’ambito di competenza della Commissione Cultura risulta di diretto interesse il recepimento della direttiva 2013/37/UE, che interviene in materia di riutilizzo dell’informazione nel settore pubblico con la finalità di favorire il riuso dei dati delle pubbliche amministrazioni dell’Unione europea.

Ciò che si recepisce nel nostro ordinamento è il principio che i dati, le informazioni e i documenti in possesso delle amministrazioni pubbliche sono un patrimonio collettivo, un bene pubblico, e come tale devono essere liberamente accessibili.

L’obiettivo è quello di agevolare la creazione di prodotti e servizi a contenuto informativo estesi all’intera Unione basati su documenti del settore pubblico, andando verso una totale condivisione del patrimonio culturale europeo, in particolare grazie all’apertura dei dati nelle tre istituzioni cardine di questa Direttiva: biblioteche, musei e archivi.

Di seguito la relazione svolta in Commissione Cultura sui due disegni di legge.

CAMERA DEI DEPUTATI – XVII LEGISLATURA
VII Commissione Cultura
Giovedì 12 dicembre 2013
Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre (C. 1836 Governo)
Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013 bis (C. 1864 Governo)

Relazione a cura dell’On. Flavia Piccoli Nardelli

I disegni di legge in esame sono una sorta di aggiornamento – nell’anno 2013 – di quanto è stato approvato con la legge di delegazione europea 2013 (legge 6 agosto 2013, n. 96) e con la legge europea 2013 (legge 6 agosto 2013, n. 97).

Con riferimento, in particolare, al disegno di legge europea 2013-bis (C. 1864), presentato alla Camera il 28 novembre 2013, il Governo – secondo quanto indicato nella relazione illustrativa al predetto provvedimento – nell’adempiere a quanto previsto dalla legge n. 234 del 2012, intende compiere un ulteriore sforzo per adeguare la normativa italiana agli obblighi imposti dall’Unione, anche in vista del prossimo semestre di Presidenza europea. La suddetta relazione afferma che, rimanendo ancora una parte di precontenzioso e contenzioso, per la quale si è riconosciuta la fondatezza delle censure della Commissione europea, occorre fare ricorso nuovamente allo strumento legislativo fornito dalla suddetta legge n. 234 del 2012: ciò al fine di porvi rimedio entro i ristretti tempi dettati dall’obiettivo prioritario del Governo di presiedere il semestre europeo, nel 2014, con il minor numero di infrazioni possibile a carico dell’Italia.

Sinteticamente, con il presente disegno di legge europea 2013-bis il Governo intende: chiudere otto procedure di infrazione e 9 Casi EU pilot (ossia procedure di precontenzioso); dare attuazione a una sentenza pregiudiziale della Corte di giustizia dell’Unione europea; dare attuazione a due regolamenti (UE); dare attuazione a una decisione EURATOM del Consiglio.

Dei 25 articoli del predetto disegno di legge n. 1864 solo l’articolo 1 appare di diretta competenza della VII Commissione. Esso è infatti diretto a risolvere le contestazioni sollevate dalla Commissione europea nell’ambito del caso EU Pilot 5015/13/EACU in materia di ammissione a borse di studio universitarie per il perfezionamento all’estero. Con nota del 13 maggio 2013, infatti, la Commissione ha rilevato un contrasto tra la condizione di nazionalità imposta dalla disposizione in questione e il principio di non discriminazione posto dall’articolo 18 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Con l’intervento in esame viene eliminato il riferimento alla cittadinanza italiana e, per assicurare un’appropriata destinazione di tali borse, viene espressamente previsto che le stesse siano effettivamente destinate al perfezionamento degli studi in Paesi diversi da quello di residenza.

Riferimento di legge
L. 30-11-1989 n. 398
Norme in materia di borse di studio universitarie.

Art. 5.
Borse di studio per il perfezionamento all’estero.

1. Il concorso per l’attribuzione delle borse di studio per la frequenza di corsi di perfezionamento all’estero si svolge per aree corrispondenti ai comitati consultivi del Consiglio universitario nazionale determinate dal senato accademico.
2. Al concorso, per titoli ed esami, sono ammessi i laureati di cittadinanza italiana nelle università italiane di età non superiore ai ventinove anni, che documentino un impegno formale di attività di perfezionamento presso istituzioni estere ed internazionali di livello universitario ubicate in uno Stato diverso da quello di residenza, con la relativa indicazione dei corsi e della durata.
3. Le modalità per lo svolgimento del concorso, per l’attribuzione e la conferma delle borse ed i criteri per l’accertamento della qualificazione delle istituzioni di cui al comma 2 sono stabilite con decreto del rettore, previa deliberazione del senato accademico.
4. Le commissioni giudicatrici devono essere composte da professori straordinari, ordinari ed associati e presiedute da un professore ordinario. Di tali commissioni possono far parte i ricercatori confermati.

Si è quindi disposta – con l’articolo 1 del disegno di legge in esame – una novella all’articolo 5, comma 2, della legge n. 398 del 1989, in base alla quale, con riferimento alle borse di studio per la frequenza di corsi di perfezionamento all’estero, al relativo concorso, per titoli ed esami, sono ammessi i laureati “nelle università italiane” di età non superiore ai ventinove anni, che documentino un impegno formale di attività di perfezionamento presso istituzioni di livello universitario, ubicate in uno Stato diverso da quello di residenza, con la relativa indicazione dei corsi e della durata.

Con riferimento poi al disegno di legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre (C. 1836), questo è stato presentato alla Camera dei deputati il 22 novembre 2013, sulla base delle disposizioni di cui all’articolo 29, comma 8, della suddetta legge n. 234 del 2012, che trova qui prima applicazione.

L’articolo 29, comma 8, della legge n. 234 del 2012 prevede infatti che, nel caso in cui, dopo l’approvazione della legge di delegazione europea per l’anno di riferimento, si rilevino ulteriori esigenze di adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, il Governo può presentare alle Camere, entro il 31 luglio di ogni anno, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, un ulteriore disegno di legge recante il titolo: «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea», completato dall’indicazione: «Legge di delegazione europea» seguita dall’anno di riferimento e dalla dicitura: «secondo semestre». Il disegno di legge reca i medesimi contenuti del disegno di legge di delegazione previsti dall’articolo 30, comma 2 della stessa legge n. 234 del 2012.

Ricordo, come accennato in precedenza, che il 31 luglio 2013 la Camera ha approvato in via definitiva la legge di delegazione europea 2013 (legge 6 agosto 2013, n. 96) che ha conferito una delega al Governo per l’attuazione di 40 direttive e 5 rettifiche di direttive. Come segnalato nella relazione del disegno di legge in esame, successivamente alla presentazione del disegno di legge annuale di delegazione europea 2013 al Parlamento, sono state pubblicate numerose direttive, molte delle quali necessitano di recepimento con norme di rango primario e recano un termine di recepimento che non consente di rinviare il conferimento delle relative deleghe al successivo disegno di legge di delegazione europea 2014.

*   *   *

In relazione al contenuto del disegno di legge n. 1836, questo consta di 7 articoli ed è corredato da due allegati, A e B, che contengono, rispettivamente, 2 e 13 direttive da recepire con decreto legislativo; nell’allegato B sono riportate le direttive sui cui schemi di decreto è previsto il parere delle competenti commissioni parlamentari.

In particolare, l’articolo 1 di quest’ultimo disegno di legge reca una delega al Governo per l’attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B secondo le procedure, i princìpi ed i criteri direttivi di carattere generale previsti dagli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012; inoltre stabilisce i termini e le modalità di emanazione dei decreti legislativi attuativi e dispone in merito alla copertura finanziaria delle norme delegate.

Per quanto concerne la competenza della VII Commissione, risulta di diretto interesse solo il recepimento di una delle due direttive previste nell’allegato A del predetto disegno di legge e, in particolare, la direttiva 2013/37/UE, che interviene in materia di riutilizzo dell’informazione nel settore pubblico, attraverso la modifica della direttiva 2003/98/UE, la cosiddetta direttiva PSI (Public Sector Information), con la finalità di favorire il riuso dei dati delle pubbliche amministrazioni dell’Unione europea.

La nuova direttiva PSI, salvo eccezioni specifiche, rende ora obbligatorio per gli enti pubblici di rendere riutilizzabili tutte le informazioni in loro possesso, sia per scopi commerciali sia per scopi non commerciali, a condizione che le informazioni non siano escluse dal diritto di accesso ai sensi del diritto nazionale e in conformità alla normativa sulla protezione dei dati.

Inoltre, è stato esteso l’ambito di applicazione della direttiva anche alle istituzioni culturali (biblioteche, comprese quelle universitarie, musei e archivi) in precedenza escluse, purché queste detengano i diritti di proprietà intellettuale.

Il Parlamento europeo ha approvato lo scorso 26 giugno 2013 – dopo solo 16 mesi dalla proposta della Commissaria Kroes – la Direttiva europea 2013/37/UE relativa alla revisione delle norme sull’utilizzo del patrimonio informativo del settore pubblico e rivolta, principalmente, alle istituzioni che comprendono biblioteche, archivi o musei.

La Direttiva dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 18 luglio 2015, ma in Italia negli ultimi mesi si sono succeduti una serie di decreti che ne hanno, in un certo senso, anticipato i contenuti,

Con il “Decreto trasparenza” si recepisce il principio sostanziale che i dati, le informazioni e i documenti in possesso delle amministrazioni sono un patrimonio collettivo, un bene pubblico, e come tale devono essere liberamente accessibili. Dati e informazioni. in mancanza di una licenza che dispone diversamente, dovranno essere disponibili al cittadino, in modo trasparente e aperto.

In un contesto di Unione Europea questa Direttiva è da considerarsi necessario strumento di armonizzazione minima utile a liberare grandi quantità di dati da tutti i paesi, con previsione di norme tra loro coerenti per rendere più facile la gestione transfrontaliera, determinando il tipo di dati pubblici disponibili per il riutilizzo sul mercato interno dell’informazione, coerente con il pertinente regime di accesso.

L’obiettivo è quello di agevolare la creazione di prodotti e servizi a contenuto informativo estesi all’intera Unione basati su documenti del settore pubblico, andando verso una totale condivisione del patrimonio culturale europeo, in particolare grazie all’apertura dei dati nelle tre istituzioni cardine di questa Direttiva: biblioteche, musei e archivi.

La direttiva specifica che uno degli obiettivi principali della realizzazione del mercato interno è la creazione di condizioni propizie allo sviluppo di servizi su scala europea. “Le biblioteche, i musei e gli archivi detengono una notevole quantità di preziose risorse di informazione del settore pubblico, in particolare dal momento che i progetti di digitalizzazione hanno moltiplicato la quantità di materiale digitale di dominio pubblico.

Tali raccolte del patrimonio culturale e i relativi metadati possono costituire una base per i prodotti e servizi a contenuto digitale e hanno un enorme potenziale per il riutilizzo innovativo in settori quali la formazione e il turismo.”
Inoltre, si prevedono progetti di digitalizzazione delle biblioteche in partenariato con soggetti privati per accelerare i tempi di accesso al patrimonio culturale da parte dei cittadini e garantendo diritti di esclusiva a partner privati per periodi di tempo limitati a massimo dieci anni per i materiali di dominio pubblico.

Gli enti pubblici possono imporre condizioni di utilizzo attraverso licenze che però devono imporre il minor numero possibile di restrizioni al riutilizzo, limitandosi alla citazione corretta delle fonti.

Sono poste alcune limitazioni al riutilizzo dei dati, lasciando fuori le istituzioni delle “arti dello spettacolo”, come i teatri, le orchestre e i relativi archivi.
Vengono anche presi in esame gli aspetti correlati ai contratti e alle licenze che concedono diritti di esclusiva e che sono stati conclusi prima dell’entrata in vigore della presente Direttiva.

Tra le altre innovazioni introdotte si ricordano: la riduzione delle tariffe applicabili in caso di riutilizzo, che sono limitate alla copertura dei soli costi di riproduzione, fornitura e diffusione; eccezioni che sono consentite in un numero limitato di casi.

Le istituzioni culturali possono impegnarsi nella concessione di diritti esclusivi di utilizzazione, se necessario per garantire progetti di digitalizzazione.
Il rafforzamento dell’obbligo di trasparenza sulle condizioni e sulle tariffe applicate per il riutilizzo.

L’invito agli Stati membri a rendere disponibili quanto più possibile i documenti in formato aperto.

Segnalo che il riutilizzo delle informazioni del settore pubblico è, da tempo, una delle priorità delle politiche dell’Unione europea, in considerazione della forte crescita del settore che si occupa della trasformazione di dati grezzi in materiale da cui dipendono numerosi utilizzatori delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ad esempio: applicazioni per gli smartphones, quali mappe, informazioni in tempo reale sul traffico e le condizioni meteo, strumenti di comparazione dei prezzi, e così via.

La direttiva realizza una delle misure dell’Agenda digitale europea, adottata nel maggio 2010 dalla Commissione europea, nel quadro della strategia Europa 2020, che fissa obiettivi per la crescita nell’Unione europea da raggiungere entro il 2020. L’Agenda digitale propone di sfruttare al meglio il potenziale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ITC), per favorire l’innovazione, la crescita economica e il progresso.

L’Agenda ha incluso, tra le azioni fondamentali per la sua realizzazione, la riforma entro il 2012 della direttiva sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, in particolare con riferimento all’ambito di applicazione e ai principi sui quali si basa l’imposizione di tariffe per l’accesso eluso.

Tra gli obiettivi dell’Agenda il coinvolgimento delle amministrazioni pubbliche nella promozione dei mercati dei contenuti digitali, attraverso, tra l’altro, l’incentivazione dei mercati di contenuti, mettendo a disposizione le informazioni relative al settore pubblico in modo trasparente, efficace e non discriminatorio.

Il termine di recepimento di questa direttiva è il 18 luglio 2015.

Osservazioni

In precedenti versioni della direttiva, poi modificate, il termine massimo per l’utilizzo in esclusiva delle opere digitalizzate con il contributo dei privati era 7 anni, ora è stato portato a 10. La protezione dell’investimento privato non deve pregiudicare il diritto di riuso per un periodo troppo lungo; su questo punto il MiBACT, che ha siglato diversi contratti in esclusiva con ProQuest, oltre al famoso progetto con Google, potrebbe avere interesse ad allungare i tempi, sfruttando la fin troppo nota disposizione del legislatore italiano ad introdurre vincoli che rendono più restrittiva la norma nazionale rispetto alla direttiva.

Non dovrebbe essere prevista la possibilità di reintrodurre diritti di sfruttamento di qualsiasi tipo sulle versioni digitalizzate di opere già in pubblico dominio nella versione cartacea.

La direttiva europea fa – come di consueto – confusione sulla semantica dei termini “documento”, “informazione” e “dato”, che in area anglosassone e in ambito di Common law hanno accezioni diverse dall’italiano (document/record, information, data).

Chiarirei meglio le tipologie di informazioni-documenti-dati nel settore dei BC a cui si farà riferimento, in modo da non creare equivoci interpretativi nella futura normativa.

Farei comunque riferimento esplicito alla normativa, di vario livello, emanata nell’ultimo decennio a livello nazionale, che recepisce i contenuti della direttiva 2003/98/CE, soprattutto in tema di amministrazione digitale, interoperabilità, fruibilità dei dati della PA. In particolare citerei il Capo V del Codice dell’Amministrazione Digitale, dove gli articoli 50 e 58 pongono l’attenzione sulla disponibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni e le modalità da seguire per rendere tali dati fruibili a tutte le amministrazioni interessate.

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