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Riportare l’istruzione al centro. Il piano del ministro Carrozza per rilanciare scuola, università e ricerca

Il ministro Maria Chiara Carrozza ha approfondito le linee guida del Governo per l’istruzione, l’università e la ricerca intervenendo nuovamente dinanzi alle Commissioni Cultura riunite di Camera e Senato. Su scuola, organici, allievi stranieri, risorse e universitá si è indirizzata la puntuale relazione del Ministro, che ha rassicurato gli intervenuti sul regolare avvio dell’anno scolastico 2013-2014, anche grazie alle novità che riguardano l’informatizzazione e al fatto che le scuole potranno chiamare supplenti. 

Siamo soddisfatti degli impegni presi dal Ministro davanti al Parlamento nell’intervento che volentieri pubblichiamo qui di seguito. È fondamentale, ha confermato il Ministro,  una reale volontà di investire nello sviluppo della ricerca nel campo della tutela e valorizzazione dei beni culturali, rafforzando le già intense collaborazioni con il Ministero per i beni e le attività culturali e prevedendo forti richiami alla tematica anche nel nuovo PNR 2014- 2016, in corso di elaborazione.

Camera dei Deputati – XVII Legislatura Resoconto stenografico di giovedì 27 giugno 2013

SEGUITO DELL’AUDIZIONE DEL MINISTRO CARROZZA
davanti alle Commissioni riunite del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati

«Ringrazio tutti voi, Presidenti, Senatori e Deputati presenti oggi, per la partecipazione a queste sedute e per il contributo che avete ritenuto di dare.

Consentitemi da subito di dire che mi sento confortata nel lavoro che ho intrapreso e dal fatto che in molti abbiate condiviso la premessa da cui muovono le mie linee programmatiche.

Anche le critiche costituiscono per me motivo di riflessione. Mi impegnerò affinché, come già sta accadendo, le politiche per l’istruzione, la ricerca e l’università siano sempre di più al centro dell’agenda del Governo. Questo sarà tanto più vero, quanto più ciò avverrà in sinergia con voi. Il ruolo del Parlamento è essenziale e centrale se vogliamo davvero superare gli anni che abbiamo alle spalle. Dalla crisi usciremo ed usciremo più forti se coglieremo questa fase come un’opportunità: l’opportunità di invertire la rotta.

Da un lato il Ministero deve essere ancora più virtuoso, dall’altro serve essere consapevoli che anche nel breve, occorrono segnali di discontinuità netti in termini di risorse investite.

Puntare sulla scuola e sull’Università, anche come ascensori sociali, rafforzare la presenza delle istituzioni formative nelle aree deboli del paese, significa per me incidere in profondità nel tessuto sociale. La scuola, in particolare, dovrà essere sempre di più l’infrastruttura civile che simboleggia l’unità nazionale e diventa il presidio democratico per formare la società del domani.

La scuola che io amo è la scuola della libertà, la scuola che abitua al confronto, che aiuta i giovani ad imparare a rispettare gli altri, che aiuta a conoscere le istituzioni e a credere in esse, che abitui alla cultura della legalità, che formi i cittadini del domani. Avvierei questa mia replica ricordando talune prime misure che avevo auspicato e che sono contenute nel decreto legge n. 69/2013 (cd. “Decreto legge del Fare”).

  1. il finanziamento straordinario di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2016, nell’ambito degli investimenti immobiliari INAIL (art. 18, comma 8): su questi proporrò che le risorse siano destinate prevalentemente alla messa in sicurezza degli edifici; che è un problema annoso, come ogni evento sismico tristemente ci ricorda;
  2. una serie di interventi diretti allo sviluppo del sistema paese mediante : il rafforzamento della ricerca fondamentale nelle università e negli enti pubblici di ricerca; la creazione e lo sviluppo di start-up innovative e spin-off universitari; la valorizzazione dei progetti di social innovation per giovani al di sotto dei 30 anni orientati al mercato e alla soluzione di problematiche sociali; lo sviluppo di capitale di rischio e crowdfunding; il potenziamento del rapporto tra la ricerca pubblica e le imprese, attraverso l’incentivo alla partecipazione del mondo industriale al finanziamento dei corsi di dottorato e assegni di ricerca post-doc; il potenziamento infrastrutturale delle università e degli enti pubblici di ricerca, in linea con programma Horizon 2020; il sostegno agli investimenti in ricerca delle piccole e medie imprese, con particolare riferimento a quelle a partecipazione maggioritaria dei giovani al di sotto dei 35 anni; la valorizzazione di grandi progetti/programmi a medio-lungo termine di partenariato tra imprese e mondo pubblico della ricerca, con l’obiettivo di affrontare le grandi sfide sociali; l’incentivazione dei ricercatori che risultino vincitori di grant europei o di progetti a carico dei fondi PRIN o FIRB; il sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese che partecipano a bandi europei di ricerca (art. 57);
  3. l’incremento delle facoltà assunzionali delle Università e degli Enti di Ricerca per l’anno 2014, da 20% rispetto al numero e alla spesa corrispondente al personale cessato al 50% (art. 58);
  4. il finanziamento (5 Milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015) di “borse di mobilità”, da destinare a studenti che abbiano conseguito risultati scolastici eccellenti e che intendono iscriversi al primo anno di corsi universitari presso università site in regioni diverse da quelle di residenza (art. 59);
  5. la semplificazione del sistema di finanziamento delle università e delle procedure di attribuzione delle risorse. A tal fine si sono unificati in unico fondo le risorse attualmente destinate al finanziamento ordinario delle università (FFO) alla programmazione triennale del sistema, ai dottorati, e agli assegni di ricerca;
  6. la sottoposizione all’ANVUR della valutazione dei servizi amministrativi delle università e degli enti di ricerca al fine di semplificare, nel rispetto dei principi generali di cui al d.lgs. n. 150/2009 e dei poteri di indirizzo della Civit, il sistema di valutazione attualmente in vigore (art. 60).

Inoltre, nel disegno di legge in materia di semplificazioni, è stata inserita la delega al Governo per il riassetto della normativa in materia di istruzione, università e ricerca, che vi avevo preannunciato nella mia introduzione.

Avvieremo da subito il lavoro necessario per arrivare in tempi rapidi ad un confronto, come peraltro auspicato da alcuni di voi, con le Commissioni parlamentari sull’impostazione dei testi unici che ritengo, lo ripeto, essere importanti strumenti di semplificazione e chiarificazione del sistema.

Nel decreto legge in materia di lavoro approvato mercoledì scorso dal Consiglio dei Ministri sono state adottate:

  1. misure in materi di tirocini curriculari per studenti universitari;
  2. forme di flessibilità per gli istituti tecnici professionali in una visione sussidiaria con la formazione professionale gestita dalle Regioni;
  3. disposizioni in materia di tirocini per studenti nel quarto anno delle scuole superiori, da disciplinare con successivo provvedimento.

Vorrei ora procedere nel fornire le risposte e i chiarimenti per settori organici, seguendo l’ordine delle linee programmatiche.

Quanto all’istruzione, come ricorderete e come da alcuni di voi ripreso negli interventi, ho ribadito l’importanza di una politica di lungo respiro per contrastare la dispersione scolastica e favorire l’inserimento e la partecipazione di tutti i bambini e ragazzi.

Come segnalato, in particolare dalla Senatrice Giannini e dall’On. Santerini, la dispersione scolastica è ancora un problema. Di questo fenomeno avremo a breve un report aggiornato curato dai nostri servizi. Ritengo che, invece di operare con misure e progetti di natura straordinaria, occorra porre l’alunno al centro del sistema per il raggiungimento del successo scolastico e formativo e fare delle politiche della dispersione scolastica un perno delle ordinarie politiche per la scuola. Noi continueremo l’azione intrapresa con l’utilizzo dei fondi comunitari ed in particolare avvalendoci delle risorse, decise nella riunione di partenariato a Bruxelles del 23-25 aprile u.s., previste per la programmazione 2014/2020.

Condivido le osservazioni dell’On. Santerini circa la necessità di interpretare diversamente le azioni di integrazione degli alunni stranieri nelle scuole italiane. Oggi, rispetto all’inizio dell’integrazione dei bambini e ragazzi di nazionalità non italiana, l’aumento più significativo di studenti si riscontra nelle scuole secondarie di secondo grado, quasi 200.000, in gran parte iscritti negli istituti tecnici e professionali dove, però, abbiamo in generale – ma in particolare con gli alunni stranieri – tassi troppo elevati di insuccesso formativo. In grande sintesi, sul totale degli alunni stranieri, il 45% sono nati in Italia e gran parte di essi parlano la lingua italiana, mentre il 5% sono arrivati da poco nelle nostre scuole e sono per la gran parte non italofoni.

Va anche notato che le scuole ci segnalano una pluralità di diverse competenze nella nostra lingua la quale – ricordiamolo – è lingua veicolare per ogni disciplina e ha una complessità maggiore come lingua di apprendimento di quanto abbia come lingua della socialità infantile e adolescenziale.

Del resto, va pure sottolineato che vi sono molte buone pratiche in questo campo. Siamo proficuamente passati, in un decennio, dall’accogliere 50 mila all’includere 800 mila bambini e ragazzi di cittadinanza non italiana. Una riflessione da parte di tante scuole sulle pratiche positive di questo decennio ci suggerisce che uno specifico investimento va compiuto nella formazione dei docenti sia per quanto riguarda le tecniche di insegnamento, che per quanto riguarda la valorizzazione dell’apporto dei bambini e i ragazzi stranieri possono dare in termine di lingue e culture diverse e come parti integranti la nostra comunità nazionale.

Una linea d’azione, che si sta intraprendendo (e che tante esperienze ci indicano che possa avere buoni risultati) è dedicata al tema della peer education in contesti multiculturali: alunni e studenti di seconda generazione (o studenti italiani) che fanno da tutor a studenti stranieri di prima generazione e neo arrivati attraverso la valorizzazione e l’implementazione di buone pratiche, in una logica di interscambio culturale.

Per l’insieme di queste molteplici ragioni, ritengo necessario avviare un lavoro di revisione/aggiornamento del documento “Linee guida per l’accoglienza degli alunni stranieri” del 1 marzo 2006, con un’attenzione particolare al tema e alle problematiche delle seconde generazioni di immigrati nonché a quelli della valutazione, della didattica, dell’orientamento scolastico. Cercheremo di distinguere i diversi bisogni e, in particolare, quelli dei neo arrivati (dove occorre rafforzare le esperienze di mediazione culturale di prima accoglienza) e quelle degli studenti di origine straniera nati e cresciuti nel nostro Paese dove, come fu per gli italiani emigrati di seconda generazione, emergono i diversi temi di una vera e propria integrazione culturale.

Quanto invece alla richiesta dell’On. Vacca di sospendere l’attuazione dei BES (Bisogni educativi speciali) ritengo che essa non possa essere assecondata. Infatti, le nuove norme sui BES intendono non produrre una diminuzione delle ore di sostegno, ma tutelare il diritto allo studio di tutti quei bambini e ragazzi che non rientrano nei casi previsti dalle leggi 104/92 e 170/2010 – nondimeno si trovano in situazioni di grave difficoltà nell’apprendimento – cercando di offrire maggiori opportunità per garantire il loro successo formativo.

Colgo l’occasione e ringrazio l’On. Vacca, la Senatrice Puglisi e la Senatrice Petraglia per la richiesta di chiarimenti in merito al numero degli insegnanti di sostegno e all’ipotesi di un loro organico funzionale. Sono esattamente 101.272 gli insegnanti impiegati in attività di sostegno nell’a.s. 2012/2013, a fronte di 98.083 nell’anno precedente. Dei suddetti 101.272 posti, 63.348 sono posti in organico di diritto, a fronte di 37.924 posti in organico di fatto. La volontà manifestata di condurre a organico di diritto 27.000 docenti di sostegno, rappresenta un’impronta tangibile della volontà di “dare segnali immediati di attenzione al precariato,” specie quello coinvolto nel lavoro con una fascia della popolazione scolastica che necessita di continuità nel percorso didattico e relazionale. L’incremento dei posti di sostegno in organico di diritto (da 63.348 a 90.000) non implica assolutamente una diminuzione complessiva del numero degli insegnanti di sostegno, ma ne stabilizza la posizione ampliando l’organico di diritto del sostegno (portandolo da un ormai inattuale 64% al 90%). Resta inalterato che le ulteriori esigenze saranno coperte con il cd. organico di fatto. Il costo di tale operazione e di circa 97 milioni di euro.

Alcuni degli interventi hanno posto con forza il problema delle scuole dell’infanzia che, come è noto, è rivolta ai bambini di età tra i tre e cinque anni. In base alla disciplina vigente l’istituzione di nuove scuole e di nuove sezioni avviene in collaborazione con gli enti territoriali assicurando la coordinata partecipazione delle scuole statali e delle scuole paritarie al sistema scolastico nel suo complesso. I bambini attualmente iscritti sono circa 1 milione e 650 mila, di cui il 60% in scuole statali e circa il 40 % in scuole paritarie (comunali e a gestione privata). Gli organici dei docenti di scuola dell’infanzia, nel corso degli ultimi anni, non hanno subito particolari riduzioni. Infatti, i posti sono stati incrementati, sia pure lievemente, e sono passati da 80.854 dell’a.s. 2008/09 a 81.352 dell’a.s. 2012/13 registrando un aumento di 498 posti che hanno consentito di garantire l’accesso alle ulteriori scuole statali a 8000 bambini; in più per il prossimo anno scolastico è stato previsto un incremento di circa 300 posti in organico di diritto. Alle sezioni tradizionali di scuola dell’infanzia si aggiungono, dall’anno scolastico 2007/2008, anche le cosiddette “sezioni primavera”, per bambini della fascia di età 24-36 mesi, previste dalla legge n. 296/2006.

Per il funzionamento delle sezioni primavera e la loro espansione sul territorio il Ministero ha previsto uno stanziamento di 12 milioni di euro per il triennio 2013-2015, ma, come vi ho già comunicato, ho l’intenzione di richiedere un incremento a 20 milioni a partire dall’anno 2015. Attualmente circa 25 mila bambini sono inseriti in sezioni primavera.

Con riferimento all’intervento della Senatrice Ferrara relativamente alla scuola secondaria di primo grado, preciso che la normativa, oltre ad individuare gli specifici orari di funzionamento e le discipline di insegnamento, ha previsto che i piani di studio, in coerenza con gli obiettivi generali del processo formativo, siano funzionali alle conoscenze e alle competenze da acquisire da parte di tutti gli alunni, in relazione alle diversità individuali, comprese quelle derivanti da disabilità.

Al riguardo, di recente, nel novembre 2011, è emersa la necessità di procedere alla revisione per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione, costituito da scuola primaria e scuola secondaria di primo grado, con la predisposizione delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione. Esse rappresentano un’importante occasione per dare coerenza e unitarietà alle molteplici sollecitazioni che in questi anni le scuole di base del nostro paese hanno ricevuto.

L’attenzione alle Indicazioni 2012 rientra tra le priorità organizzative e culturali che l’Amministrazione intende perseguire. Il piano formativo che si sta elaborando, e che usufruirà di un primo stanziamento di risorse finanziarie messe a disposizione dal Ministero, costituisce il primo passo di un processo che vuole rendere le istituzioni scolastiche sempre più protagoniste e responsabili del proprio sviluppo curricolare ed organizzativo. Infatti, un comitato scientifico nazionale, appositamente costituito, sta definendo le misure di accompagnamento alle Indicazioni nazionali che, avviate già a partire dall’anno scolastico, che si sta concludendo, troveranno piena applicazione a partire dal 1° settembre 2013.

Come già avevo sottolineato nell’illustrazione delle linee programmatiche, condivido la posizione della Senatrice Giannini, circa la valorizzazione degli Istituti tecnici superiore (ITS). Gli ITS hanno, infatti, dimostrato di avere significative potenzialità di facilitare l’occupazione dei giovani e la competitività delle imprese, soprattutto medie e piccole. Per questo, vanno rafforzate le loro capacità di connessione con le filiere produttive del territorio in una dimensione nazionale e internazionale, con il coinvolgimento delle Parti sociali, soprattutto di categoria, le imprese, i collegi e gli ordini professionali, le camere di commercio, le istituzioni di ricerca e formative.

Questa è la ragione, per la quale, On. Vacca, ritengo che gli ITS abbiano una loro specificità e potenzialità. Pertanto, ritengo sia necessario:

  1. sviluppare la capacità degli ITS di intercettare l’insieme potenziale dell’offerta verticale di filiera dell’istruzione tecnica come scuole speciali di tecnologia, di connettersi alle reti per la ricerca industriale, di realizzare interventi formativi nell’ambito di filiere complementari attraverso la interconnessione tra filiere formative, filiere protettive, cluster tecnologici, poli tecnologici, anche con la partecipazione delle amministrazioni centrali competenti per materia;
  2. avviare, in collaborazione con il Ministero del lavoro, progetti pilota attraverso accordi con i fondi interprofessionali per la formazione continua dei lavoratori, ai fini della loro riconversione e riqualificazione professionale con riferimento all’innovazione tecnologica;
  3. proseguire nella collaborazione con le istituzioni competenti per realizzare tirocini all’estero allo scopo di formare tecnici superiori con solite competenze riferite all’internazionalizzazione dei mercati;
  4. avviare progetti pilota, di concerto con il Ministero del lavoro e le Regioni interessate, per realizzare progetti di apprendistato di terzi livello, a partire dalle filiere considerate prioritarie per lo sviluppo del territorio.

Tutti questi interventi e quelli già varati, come dicevo, vanno proprio nella direzione dell’alternanza scuola –lavoro, su cui mi sensibilizzava il Senatore Liuzzi.

La Senatrice Petraglia, l’On. Vacca, l’On. Santerini, l’On. Ascani hanno posto in evidenza una serie di questioni in ordine al concorso per docenti in corso, ai rapporti con i percorsi di Tirocinio Formativo attivo e, più in generale, sulla necessità di un ripensamento del meccanismo di reclutamento dei docenti e di una risposta concreta al precariato della scuola. Al riguardo, cercherò di fare chiarezza sinteticamente su alcuni punti specifici evidenziati:

  1. il concorso per docenti è stato indetto in base alle norme del T.U. scuola, in quanto normativamente era l’unica scelta possibile. Infatti, il riordino della disciplina per il reclutamento del personale docente, previsto dalla delega di cui all’articolo 2, comma 414, della legge 244/2007, va avviato a valle di una riflessione che deve coinvolgere il mondo della scuola e di una specifica sessione con Voi.
  2. Al concorso per docenti non hanno potuto partecipare coloro che stanno seguendo il TFA ordinario non per una scelta discrezionale dell’amministrazione, ma perché imposto dalla normativa vigente (che fissa al conseguimento della laurea entro l’anno accademico 2001-2002, lo sbarramento temporale per la partecipazione al concorso di coloro che fossero privi dell’abilitazione all’insegnamento). Naturalmente questo ha escluso soggetti che, laureatisi dopo tale data, stanno oggi frequentando la prima edizione del tirocinio formativo attivo avviato nel 2012.
  3. Per quanto riguarda la necessità di abbassare l’età media del personale docente, sono ben consapevole del dato, peraltro nei giorni scorsi confermato dall’ultimo rapporto dell’OCSE “Education at glance”, che vede un’età media di 50 anni. Al riguardo segnalo che, tra i candidati ammessi alla prova scritta dell’ultimo concorso, che ha visto 320 mila partecipanti, l’età media dei candidati è di 38 anni.

Ovviamente so bene che il concorso non è la panacea di tutti i problemi e non mi sfuggono le difficoltà di coloro che attendono lo scorrimento delle lunghissime graduatorie “ad esaurimento” e di coloro che non hanno mai smesso di sperare in un posto fisso nella scuola. Così come non mi sfugge la difficoltà della coesistenza di una modalità diversa di reclutamento.

L’On. Palmieri mi aveva chiesto di avere i dati ufficiali delle immissioni in ruolo degli ultimi anni del personale della scuola (dirigenti scolastici, docenti e personale ATA). Per non elencare qui numeri e dati, se il Presidente lo consente, vorrei lasciare una tabella che riporta tali dati dal 2000 ad oggi e che vorrei fossero allegati al resoconto al mio intervento.

La Senatrice Puglisi ed altri hanno posto particolarmente l’accento su due questioni ulteriori relative al personale della scuola, che assumono particolare rilevanza in questo momento contingente : gli inidonei all’insegnamento e il problema dei pensionamenti della scuola, coloro che si trovano alla cd. “quota 96”. L’art. 24 della Legge n. 214/2011, di conversione del D.L. n. 201 del 2011 ha introdotto nuovi requisiti anagrafici e contributivi utili per l’accesso al trattamento pensionistico. I nuovi requisiti anagrafici e contributivi decorrono dal 1° gennaio 2012 e riguardano i soggetti che da quella data maturano i nuovi requisiti. La recente riforma pensionistica, tuttavia, ha fissato come spartiacque tra la vecchia la nuova disciplina pensionistica la data del 31 dicembre 2011. Infatti, sono collocati a riposo secondo la previgente normativa coloro che al 31 dicembre 2011 possedevano uno dei vecchi requisiti anagrafici (65 anni),contributivi (40 anni di anzianità contributiva),quota 96(almeno 60 anni di età e 36 di anzianità contributiva). Eccezionalmente la legge n. 135 del 2012 ha stabilito che la data del 31 dicembre 2011 fosse posticipata al 31 agosto 2012 per il personale docente risultante in posizione di esubero per l’organico di diritto 2013/2014. Pertanto, solo per il suddetto personale sarà possibile essere collocato a riposo con la vecchia normativa anche se i requisiti previgenti sono stati maturati al 31 agosto 2012 e non al 31 dicembre 2011. Sarebbe stato opportuno prevedere in considerazione della specialità del comparto scuola una deroga alla disciplina generale e consentire al personale scolastico che avesse maturato i previgenti requisiti nell’anno scolastico 2011/12 andare in pensione nell’anno scolastico successivo secondo la precedente normativa. Però, non posso sottacere che la misura legislativa da adottare avrebbe (nell’ipotesi più onerosa che possa verificarsi) un costo di circa 103 Milioni di euro, in quanto derivante dal risultato di 3.000 unità moltiplicate per il costo medio del docente (34.500 euro annui).

Pertanto, spero si possa lavorare per trovare soluzioni concrete (con l’individuazione anche delle coperture finanziarie) a tale problema, come, del resto, a quello del personale inidoneo all’insegnamento, il cui onere finanziario è pari a circa 93 Milioni di euro.

Alcune questioni che mi sono state poste hanno attinenza con la governante delle scuole (ivi compresi gli organi collegiali) e la governance e i compiti del sistema di valutazione delle scuole. In merito all’assenza di un organo di rappresentanza del personale della scuola, dopo la mancata proroga per l’anno 2013 del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (CNPI), segnalato dalla Senatrice Puglisi, vorrei dire che ritengo che ormai sia necessario istituire, con apposito provvedimento legislativo, un nuovo e più funzionale organo consultivo dell’Amministrazione centrale. Occorre tenere conto da un lato del mutato paradigma della “governance” del sistema di istruzione (autonomia delle scuole, ruolo delle Regioni e degli enti locali) e dall’altro delle ampie competenze attribuite alla dirigenza scolastica circa la gestione del personale. Per questa ragione nell’ambito del disegno di legge sulle semplificazioni, ho voluto inserire nella norma che vi avevo già preannunciato di delega per una codificazione della normativa del settore istruzione, uno specifico criterio direttivo relativo alla revisione degli organi collegiali della scuola.

In molti interventi viene posto l’accento sulla necessità di avviare il Sistema nazionale di valutazione delle scuole, che si qualifichi come infrastruttura, in posizione di terzietà, di sostegno al miglioramento del servizio scolastico e al miglioramento dei livelli di apprendimento degli studenti. Ribadisco che coglieremo l’opportunità dell’entrata in vigore del nuovo regolamento sul sistema di valutazione per avviare un ampio confronto con il mondo della scuola sulle modalità di funzionamento del sistema nazionale di valutazione con l’obiettivo di implementare un sistema che serva al mondo della scuola e alle istituzioni pubbliche, soprattutto per migliorare le prestazioni del nostro sistema informativo.

In particolare, come già sottolineato nel mio precedente intervento e come puntualizzato dall’On. Coscia, sono intenzionata ad andare avanti sulla strada di un sistema di valutazione che possa portare ad una reale valorizzazione della professione del personale scolastico e soprattutto che sia strumento di supporto all’attuazione dell’autonomia delle scuole.

L’On. Palmieri aveva chiesto notizie in merito allo stato di attuazione del progetto “Scuola 2.0”. Tale progetto è una delle linee di azione del Piano Nazionale Scuola Digitale, che ha a fondamento l’idea di creare un percorso che incentivi e sostenga la scuola italiana nella trasformazione degli ambienti di apprendimento attraverso l’uso delle ICT, dei linguaggi multimediali e dei contenuti digitali. L’obiettivo principale del Piano non è pertanto quello di inserire una particolare soluzione tecnologica nella scuola quanto di promuovere un percorso di cambiamento in modo da avviare processi di innovazione e quindi realizzare ambienti di apprendimento nei quali le tecnologie non si sostituiscono in alcun modo all’insegnante, ma forniscono nuovi strumenti che i docenti e gli studenti possono utilizzare per personalizzare il percorso di formazione e valorizzare le proprie capacità e competenze. Anche su questi aspetti, se il Presidente lo consente, lascerei una tabella riepilogativa dei diversi interventi.

Infine, ricordo che il Ministero ha perseguito una strategia di sviluppo del Piano Nazionale Scuola Digitale più “localizzata”, pianificando una diversificazione degli interventi su base territoriale, per tener conto delle diverse esigenze di contesto e delle differenti disponibilità finanziarie delle Amministrazioni Regionali. Per la maggior parte delle regioni, è stato previsto un Accordo tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, siglato in Conferenza Stato-Regioni il 25 luglio 2012, concernente  la diffusione nelle scuole di ogni ordine e grado dei progetti e delle azioni di innovazione didattica. Da questo vanno escluse sia le regioni dell’Obiettivo Convergenza (Calabria,Campania, Puglia, Sicilia), destinatarie di fondi PON-FESR, sia la Regione Sardegna per la quale l’ente regionale ha previsto un piano di digitalizzazione delle scuole apposito e capillare. L’intera azione sarà accompagnata dai Piani integrati dell’offerta formativa che prevedono percorsi formativi per i docenti sulle nuove tecnologie.

Proprio parlando di formazione docenti, colgo lo spunto per precisare alla Senatrice Petraglia, alla Senatrice Puglisi e all’On. Santerini, che avevano messo in luce l’importanza dell’investimento in formazione docenti, che l’importo di 1,6 milioni di euro cui facevo riferimento nella mia introduzione è destinato esclusivamente alla formazione sulle nuove Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del 1° ciclo di istruzione. Tale stanziamento si va ad aggiungere ai circa 6 Milioni di euro stanziati per la formazione del personale della scuola nel 2013 e ai 19 milioni di euro destinati sempre alla formazione, ma essendo fondi comunitari destinati esclusivamente alle Regioni della Convergenza.

Colgo l’occasione di essere alla presenza delle Commissioni congiunte per aggiornarvi, anche se non espressamente richiesto, sulle attività in corso del Ministero prodromiche al corretto avvio dell’a.s. 2013/2014. In particolare, sono in via di espletamento le fasi conclusive del concorso a cattedre per personale docente della scuola. Al riguardo, ho contezza che la stragrande maggioranza delle Commissioni terminerà le operazioni in tempo utile per l’immissione in ruolo già dall’a.s. 2013/2014. E’, inoltre, in corso, con il Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell’economia e delle finanze, la procedura autorizzatoria per le immissioni in ruolo tanto per i dirigenti scolastici che per il personale docente, educativo ed ATA. Più precisamente, la richiesta per le nuove nomine dei dirigenti scolastici riguarda la seconda tranche di assunzioni relative al concorso ordinario 2011. Mentre per il restante personale della scuola, il turn over accertato per cui si è proceduto alla richiesta di immissione in ruolo è attestato intorno alle 15.000 unità (di cui circa 12.000 docenti e 3.000 personale ATA). Sono state adottate tutte le misure idonee a far sì che le scuole possano procedere, laddove necessario, alla nomina del personale supplente sin dall’inizio delle lezioni. La novità amministrativa nelle procedure in corso quest’anno è rappresentata dall’informatizzazione delle operazioni compiute dagli Uffici periferici dell’amministrazione e relative all’organico di fatto e all’apertura dell’anno scolastico, con considerevoli semplificazioni di procedure e conseguenti vantaggi per l’utenza, sia in termini di proposizione delle istanze che di ottenimento del servizio richiesto. Pertanto, ritengo di poter rassicurare sul regolare avvio dell’a.s. 2013/2014, impegna domi fin d’ora a venire a riferire a codeste Commissioni ad anno scolastico appena avviato.

*   *   *

UNIVERSITA’

Per quanto attiene il settore dell’università, ho visto che alcuni interventi, come quello del Senatore Bocchino e della Senatrice Petraglia, condividevano le mie posizioni rispetto alle problematiche sorte in seno alle Università a seguito del blocco del turn over al 20%. Al riguardo, come ho già anticipato all’inizio del mio intervento odierno, ritengo che la norma introdotta nel decreto legge “del fare” che ha innalzato per il 2014 al 50% tale vincolo, con un conseguente aumento delle capacità assunzionali degli atenei, dia un segnale importante al mondo dell’università.

Ringrazio, inoltre, il Senatore Bocchino e l’On. Vacca per avermi dato l’occasione di chiarire in questa sede che il riferimento che ho fatto all’autofinanziamento degli atenei o comunque alla loro autonomia finanziaria è relativo alla definizione di regole e incentivi volti a facilitare i rapporti di collaborazione con il territorio e con le imprese pubbliche / private e non ho mai pensato di considerarlo come elemento sostitutivo al finanziamento statale, bensì come elemento integrativo finalizzato ad offrire al territorio interventi specifici in relazione alla vocazioni di formazione e di ricerca del singolo ateneo.

Alcuni interventi (come quello del Senatore Bocchino, della Senatrice Petraglia) hanno posto questioni specifiche relativamente all’ANVUR. Al riguardo, circa la necessità di avviare la procedura di accreditamento presso la European Association for quality assurance in higher education (ENQA), segnalo che attualmente l’ANVUR è già candidate member di ENQA. Infatti, il riconoscimento come full-member da parte di ENQA richiede che l’Agenzia svolga le attività di valutazione della didattica previste dalle linee guida europee e che vi sia una visita in loco disposta dalla stessa ENQA. Dato che i tempi richiesti per la attuazione delle disposizioni della legge 240/2010 in materia di accreditamento e valutazione della didattica hanno di fatto consentito l’avvio delle procedure per l’accreditamento solo nella primavera di quest’anno e consentiranno le prime attività di valutazione con le visite in loco agli atenei a partire dal prossimo anno accademico, l’ANVUR sarà nelle condizioni di ricevere tale accreditamento nel 2014.

Rispetto alla richiesta specifica dell’On. Coscia, circa l’intervento di ripristino dei 300 milioni di euro a valere sul FFO delle Università statali, ribadisco l’impegno che ho già annunciato nella prima audizione. Tale importo potrebbe essere in larga parte attribuito non su base storica ma ad incremento della quota premiale, indirizzato prioritariamente a migliorare la vita degli studenti (in termini, quindi, di servizi).

Proprio in termini di premialità, faccio riferimento agli interessanti spunti posti dalla senatrice Giannini circa la premialità legata alle politiche assunzionali degli atenei; al riguardo, va detto che alcune regole già ci sono, si tratta ora di applicarle ed incentivarle in modo corretto (a solo titolo esemplificativo, già oggi un quota del FFO è attribuita alle università che procedono a chiamate dirette dall’esterno e al programma “Rita Levi Montalcini”). In prospettiva, inoltre la legge 240/10 consente di attribuire una quota massima del 10% del FFO alle Università in relazione alle politiche di reclutamento del personale dove i criteri di riferimento sono sia la percentuali di docenti reclutati dall’esterno, sia la qualità della produzione scientifica di tali soggetti. Inoltre, sempre relativamente alla richiesta della Senatrice Giannini di distribuire i finanziamenti sulla base di valutazione pluriennali, si ricorda che già a decorrere dal 2013 una quota del FFO pari a circa 490 milioni di euro (ovvero il 7% del FFO) sarà attribuita in base agli esiti della VQR 2004 – 2010 (Valutazione della qualità della Ricerca).

Per quanto riguarda le problematiche relative al diritto allo studio, sul quale molto mi sono concentrata nella mia iniziale audizione, ribadisco che è necessario un intervento parallelo sulle regole e sulle risorse. Sulle regole è necessario perfezionare, se occorre rivedendolo, il percorso di approvazione dei provvedimenti attuativi del decreto legislativo n. 68/2012, al fine di assicurare un modo equo e omogeneo sul territorio nazionale per garantire a tutti coloro che ne hanno i requisiti di poter avere la borsa di studio. Non va però dimenticato che qualsiasi regola che non sia supportata da un adeguato finanziamento rischia di non essere efficace.

Relativamente, invece, al diritto allo studio inteso come servizi, ad esempio l’apertura prolungata delle biblioteche, tale aspetto è direttamente collegato alla tipologia di servizi offerti agli studenti ed è una scelta che spetta all’autonomia e alla responsabilità dei singoli atenei. La creazione di percorsi di eccellenza è tra gli obiettivi del Ministero; tali percorsi vanno però adeguatamente calibrati rispetto alle caratteristiche e potenzialità di ogni ateneo in una logica selettiva e funzionale all’identità della singola università.

Per quanto riguarda le perplessità manifestate sulla questione dei bonus universitari, specifico che, come è noto, con il recente decreto ministeriale n. 449 del 12 giugno 2013 sono state definite le modalità di svolgimento delle prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato nazionale. Tale provvedimento ha dovuto dare attuazione a quanto disposto dall’articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 14 gennaio 2008, n. 21, divenuto vincolante a decorrere dall’anno accademico 2013-2014, in quanto sino ad oggi una serie di interventi normativi ne avevano prorogato l’entrata in vigore. Tale disposizione normativa prevede, nell’ambito della definizione del punteggio per l’esame finalizzato all’accesso ai corsi di laurea a numero programmato, la valorizzazione della qualità dei risultati scolastici con la relativa attribuzione di un determinato punteggio in base ai risultati conseguiti nel percorso scolastico. Al riguardo, come ho avuto già occasione di esprimermi, non concordo con l’attuale meccanismo di valorizzazione del percorso scolastico; per questa ragione, da un lato il dm ha previsto la valutazione del percorso scolastico dello studente con l’attribuzione del suddetto bonus ai candidati che abbiano ottenuto un voto all’esame di Stato almeno pari a 80/100 e non inferiore all’ottantesimo percentile della distribuzione dei voti della propria commissione d’esame; dall’altro ho istituito presso il Ministero un’apposita commissione, composta da personalità accademiche e della scuola, che alla luce della prima esperienza applicativa del cd bonus maturità formuli delle proposte operative entro il 30 settembre 2013.

Relativamente all’intervento dell’On. Manzi circa la tassazione universitaria, va precisato che ogni università nell’ambito della propria autonomia definisce l’importo e le modalità di fissazione delle tasse universitarie. L’autonomia dell’università nella definizione della tassazione applicata ai propri studenti trova un limite nella legge: e infatti, per gli studenti in corso la contribuzione studentesca non può eccedere il 20% dell’importo del FFO. Tale soglia può essere superata per i soli studenti iscritti oltre la durata normale dei rispettivi corsi di studio di primo e secondo livello, ma, anche in questo caso, la legge prevede una progressività degli incrementi legati alla condizione reddituale degli studenti. In ogni caso tali incrementi devono essere destinati almeno per il 50% a borse di studio per gli studenti o, comunque, a investimenti a favore del diritto allo studio (servizi abitativi, servizi di ristorazione, servizi di orientamento e tutorato, attività a tempo parziale, trasporti, assistenza sanitaria, accesso alla cultura, servizi per la mobilità internazionale e materiale didattico).

Sempre in tema di alta formazione, ho preso nota degli interventi della Senatrice Ferrara e del Senatore Bocchino circa il settore dell’AFAM, ribadisco il mio impegno secondo le linee che ho già evidenziato nella prima audizione sugli Istituti musicali pareggiati e segnalo che, per quanto riguarda il problema delle dotazioni organiche, proprio nella prima settimana di luglio sono fissati incontri con le organizzazioni sindacali del comparto AFAM per avviare un confronto sulla razionalizzazione delle dotazione organiche, che le renda più consone ai nuovi ordinamenti e più trasparenti.

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RICERCA

Per quanto riguarda il settore della ricerca, oltre a richiamare le nuove disposizioni normative che sono state introdotte con i recenti provvedimenti normativi del Governo, vorrei fare una serie di piccole precisazioni.

Pur confermando i dati evidenziati dal Senatore Bocchino circa il trend dei finanziamenti riferiti alla ricerca di base; devo specificare che il riferimento della cifra di 63 milioni di euro per l’anno 2013, di cui ho parlato nella precedente audizione, è da intendersi per la ricerca di base e quindi per i progetti PRIN e FIRB. Confermo l’intendimento mio e del Governo di non ridurre gli stanziamenti per la Ricerca e di lavorare perché la ricerca, in primis quella di base, possa contribuire alla ripresa economica e allo sviluppo e all’incremento di competitività del sistema Paese, attraverso un sempre maggiore collegamento della stessa con la ricerca industriale.

Il Senatore Bocchino faceva, inoltre, riferimento alla mancanza di riferimenti nella mia iniziale relazione alla governance degli enti di ricerca. Al riguardo, va detto che, con il decreto legislativo n.213 del 2009 c’è stata una innovazione nella regolamentazione e nel funzionamento degli enti pubblici di ricerca con l’introduzione dell’autonomia statutaria e regolamentare. Il Ministero vigilante, di concerto con il Ministero dell’economia e Funzione Pubblica, verifica sostanzialmente solo la congruità degli statuti e dei regolamenti di organizzazione e di contabilità alle disposizioni di legge vigenti in materia. Per il resto gli enti presentano, per la condivisione con il MIUR, un piano triennale delle proprie attività nel quale, in coerenza con gli obiettivi fissati dal Piano Nazionale della Ricerca, indicano i propri programmi di ricerca. Nell’ambito del citato decreto legislativo n.213 sono state anche riviste le norme di principio sugli organi degli enti, lasciando all’autonomia statutaria degli stessi la definizione della composizione dei vari organi; in particolare, anche al fine di valorizzare la capacità di programmazione scientifica degli enti, è prevista l’istituzione di consigli scientifici o tecnico-scientifici con funzioni consultive in materia di pianificazione e di visione strategica nell’ottica della creazione di reti e collaborazioni a livello internazionale, europeo e regionale con altre istituzioni ed iniziative di ricerca scientifica e tecnologica e di sostegno all’innovazione nei settori produttivi.

Per quanto concerne l’osservazione circa la valutazione delle attività degli enti di ricerca, è da osservare come proprio nel mese di luglio del 2013 si chiuderà il primo esercizio di valutazione compiuto in maniera assolutamente indipendente dall’ANVUR. Anzi, sottolineo a tal riguardo, in merito all’intervento dell’On. Coscia, sul ruolo dell’ANVUR nel settore ricerca, che è mio intendimento valorizzare le attività di valutazione che la stessa Agenzia ha tra i proprio compiti anche nei confronti del settore della ricerca e quindi in particolare delle attività degli enti pubblici di ricerca, anche se ribadisco occorre riflettere sul modo stesso di “fare valutazione” alla luce di questi primi anni di attività.

Nella scorsa seduta, avevo inoltre preso nota della preoccupazione della Senatrice Petraglia circa il rischio di interruzione di molti progetti di ricerca in atto presso gli enti di ricerca, in quanto portati avanti da personale con contratto a tempo determinato in scadenza. Al riguardo, vorrei segnalare che, per quanto riguarda il brevissimo periodo, la situazione è stata risolta con il decreto legge n. 54 del 2013, con il quale è stata introdotta una disposizione che proroga a tutto il 2013 i contratti a tempo determinato presso gli enti pubblici di ricerca e che è intendimento del Governo avviare una graduale soluzione del problema.

Ugualmente avevo preso nota di spunti interessanti della Senatrice Giannini in merito alla necessità di reintrodurre il credito d’imposta per le imprese che investono in ricerca ed innovazione. Come è noto, tale meccanismo è stato introdotto sperimentalmente per gli anni 2011/2012 dal decreto legge n. 70 del 2011. Occorre ora puntualmente verificare i risultati della concreta attuazione della norma per eventualmente riproporla, prendendo spunto dall’esperienza applicativa. Per quanto, poi, concerne l’assunzione di studiosi e ricercatori stranieri presso gli enti pubblici di ricerca, proprio il decreto legislativo n.213 di riforma degli enti di ricerca, permette agli enti medesimi di assumere per chiamata diretta e a tempo indeterminato ricercatori o tecnologi, anche stranieri, dotati di altissima qualificazione scientifica negli ambiti disciplinari di riferimento. Nell’ultimo decreto di riparto del fondo di finanziamento ordinario degli enti, 1,6 milioni di euro sono stati destinati proprio a tale finalità.

Infine, quanto al tema sollevato dall’On. Piccoli Nardelli, anche grazie all’impulso del Governo italiano, la materia del cultural heritage è stata inserita nella quinta e sesta priorità all’interno dei documenti di negoziato che porteranno alla definizione della nuova programmazione europea Horizon 2020; ciò a testimonianza della grande importanza che l’Italia attribuisce a tale materia. E proprio in conseguenza di tale forte iniziativa politica in ambito europeo che sarà fondamentale perseguire politiche di sviluppo della ricerca nel campo della tutela e valorizzazione del bene culturale, rafforzando le già intense collaborazioni con il Ministero per i beni e le attività culturali e prevedendo forti richiami alla tematica anche nel nuovo PNR 2014- 2016, in corso di elaborazione.

Non dimentico gli interventi più specifici della Senatrice Blazina (relativamente ad una richiesta di maggiore attenzione nei confronti del sistema scolastico della Regione Friuli Venezia Giulia caratterizzato dalla presenza di più minoranze linguistiche) e dall’On. Marca (circa una richiesta di riforma della legge per la promozione della lingua e della cultura italiana all’estero e la presenza tra i progetti nazionali di formazione sulla storia della migrazione italiana). Si tratta, appunto, di questioni più specifiche, che, nel caso della legge sulla promozione della lingua e cultura italiana all’estero coinvolgono anche un altro Ministero. Anche in merito ad esse, mi impegno a dedicare la mia attenzione nel corso del mio mandato».

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