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Teatri stabili: basta tagli, sono il cuore del sistema teatrale nazionale

È molto importante l’impegno assunto dal ministro della Cultura Bray a favore dei teatri stabili, infatti, rispondendo all’interrogazione presentata dai deputati del Partito Democratico della VII Commissione Cultura della Camera, ha assicurato al parlamento che provvederà a compensare i tagli finaziari operati sui teatri stabili, aumentando lo stanziamento a favore di questo settore previsto dal Fus.

Si tratta di una importante inversione di rotta e siamo molto soddisfatti.

Infatti, i diciasette teatri stabili italiani, cuore del sistema teatrale nazionale, nel 2012 non solo non hanno prodotto deficit ma hanno investito su 170 spettacoli di teatro d’arte con 3.613 recite, delle quali 2.154 di autori contemporanei italiani o del resto dell’Europa; hanno dato lavoro a personale artistico e tecnico per 190.591 giornate lavorative, impiegando 859 giovani artisti e tecnici sotto i 35 anni.

Guarda il video del question time di Flavia Piccoli Nardelli al ministro Massimo Bray

CAMERA DEI DEPUTATI – XVII LEGISLATURA
seduta n. 131 di Mercoledì 4 dicembre 2013

Interrogazione Iniziative volte ad escludere gli enti che operano nel settore dei beni e delle attività culturali, con particolare riferimento ai teatri stabili, dall’applicazione delle norme in materia di riduzione delle spese per i consumi intermedi – n. 3-00494

Illustrazione di Flavia Piccoli Nardelli, risposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Massimo Bray, replica di Roberto Rampi

Illustrazione dell’On. Flavia Piccoli Nardelli. Signor Presidente, signor Ministro, i diciassette teatri stabili italiani a iniziativa pubblica sono stati fondati da comuni, province, regioni in un arco di tempo che va dal 1947, quando Giorgio Strehler e Paolo Grassi diedero vita al Piccolo Teatro di Milano, al 2005, con il riconoscimento del Teatro Stabile Mercadante di Napoli. Queste istituzioni teatrali hanno un legame molto forte con le città e i territori dove nascono – quattordici diverse regioni sono rappresentate –, ma costituiscono anche una rete teatrale nazionale, con le tournée dei propri spettacoli più significativi che in alcuni casi rappresentano l’eccellenza dell’arte teatrale italiana nel mondo.

I registi più importanti della nostra scena hanno fatto parte del movimento degli stabili e attori di grandissimo livello vi hanno dedicato parte della loro vita scenica.

Nonostante i tagli dei finanziamenti degli ultimi anni, non hanno creato deficit. I bilanci sono sani e permettono di continuare questa attività artistica fondamentale per il sistema teatrale italiano e per i milioni di cittadini appassionati di teatro che frequentano le loro sale.

Le chiediamo, Ministro, quali iniziative intende adottare a sostegno del settore, contemplando l’opportunità di prevedere l’esclusione totale degli enti e degli organismi che operano nel settore dei beni e delle attività culturali, inclusi i teatri stabili, dalle norme in materia di riduzione delle spese per i consumi intermedi.

Risposta del Ministro per i Beni e le Attività Culturali Massimo Bray. Signor Presidente, il tema della negativa incidenza del taglio dei consumi intermedi introdotto dai precedenti Governi a carico degli enti e degli organismi che operano nel campo della cultura è un tema che ben conosciamo e che abbiamo cercato di affrontare. Già in occasione dell’approvazione del decreto «valore cultura» abbiamo proposto misure efficaci a livello normativo dirette a escludere del tutto dai tagli le istituzioni culturali, ma, purtroppo, per i noti problemi di compatibilità di bilancio, siamo riusciti a ottenere una riduzione del taglio del 2 per cento, dal 10 all’8 per cento. È molto poco e ce ne rendiamo conto, ma ricordo bene l’ordine del giorno sul quale ho dato il mio assenso, presentato proprio dagli onorevoli interroganti, che ha impegnato il Governo, al termine del percorso di conversione in legge del decreto-legge «valore cultura», a intervenire nuovamente per dare una soluzione.

Purtroppo, le stesse ragioni ostative che ci avevano ostacolato l’estate scorsa, si sono nuovamente presentate. In sede amministrativa abbiamo più volte provato a chiedere una revisione della tabella ISTAT, al fine di escludere gli istituti culturali che potessero dimostrare di essere enti market, non dipendenti finanziariamente dallo Stato, ma capaci di vivere di risorse proprie. Abbiamo a tal proposito organizzato un confronto con i vertici dell’ISTAT. La procedura di riesame è molto complessa e in ogni caso potrà riguardare solo gli enti capaci di dimostrare di non rientrare nella nozione allargata di pubblica amministrazione, prevista dal noto regolamento SEC95.

Sappiamo peraltro che vi è stato un ampio contenzioso giurisdizionale, che non ha avuto purtroppo finora esito positivo per le istituzioni culturali che hanno agito per essere escluse proprio da tale tabella. Sempre sul piano amministrativo, segnalo che proprio in queste ore si stanno tenendo i tavoli tecnici fra la competente Direzione generale per lo spettacolo dal vivo, l’AGIS e le altre associazioni rappresentative dello spettacolo, per la riforma, prevista dalla legge n. 112 del 2013, dei decreti ministeriali recanti criteri e modalità di erogazione dei contributi. In questo quadro ritengo sarà possibile una distribuzione più razionale delle risorse.

Il problema dei tagli dei consumi intermedi deve essere inquadrato nella sua giusta dimensione per cercare di trovare la soluzione più idonea.
Nel 2013, quando il taglio era ancora del 10 per cento, ha inciso sui bilanci degli enti teatrali per una cifra pari a 976.915 euro per l’intero settore del teatro, su un ammontare globale del FUS pari a 62.407.995,07 euro, una percentuale quindi dell’1,57 per cento.

Nel 2014, con il taglio dell’8 per cento, l’incidenza negativa sarà di 781.532 euro su una cifra preventiva del FUS di 65.500 mila euro. Ritengo pertanto che le perdite dovute ai tagli dovuti ai consumi intermedi possano essere compensate con i maggiori fondi che il Ministero potrà disporre grazie ad un incremento del FUS dello spettacolo.

Replica dell’On. Roberto Rampi. Dichiararo soddisfazione, signor Ministro, soprattutto per il suo impegno, che abbiamo potuto misurare nella legge «valore cultura» e che abbiamo potuto misurare per come gli ordini del giorno approvati in quest’Aula e sui quali lei si è impegnato – prendo l’esempio del Teatro alla Scala – sono già stati tradotti in normativa, ad esempio nel passaggio della legge stabilità al Senato. Quindi, per questo siamo sicuri e non dubitiamo del fatto che anche questo impegno sui teatri stabili, che ha già visto, come lei ha ricordato, un primo significativo passaggio nella legge «valore cultura», possa andare a compiersi nelle misure che sono state appena dette, complessivamente.

Devo anche riconoscere che c’è un impegno sull’aumento del FUS, e questo impegno è stato già in parte contenuto, forse in parte minore di quella che vorremmo, credo, insieme. Tutto questo per dire una cosa (la dico a lei, ma so di parlare a persona che è assolutamente sensibile a questo): noi siamo assolutamente impegnati in questa battaglia per dare voce al teatro italiano, ma più in generale, al mondo della cultura, perché siamo convinti che stiamo parlando di lavoro, stiamo parlando di economia, stiamo parlando di un settore chiave per lo sviluppo.

Stiamo parlando di lavoratori, molto spesso di lavoratori giovani e di lavoratori di cui, se noi non saremo in grado di garantire che il loro lavoro sia davvero professionalità e rimarrà nella discontinuità di questi ultimi anni, noi perderemo una delle eccellenze che invece ci possono caratterizzare nel mondo. Non stiamo parlando di qualcosa di «decorativo», di qualcosa di superfluo: stiamo parlando della chiave con cui l’Italia può ripartire.

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