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Da Sturzo al Sì passando per i referendum degli anni ’90

Da Sturzo al Sì passando per i referendum degli anni ’90 è il titolo dell’interessante articolo di Emma Fattorini pubblicato sull’edizione odierna de “l’Unità” che riportiamo in versione integrale.

«Dire che i toni si siano fatti aspri, estremi, è ormai un eufemismo. Agli insulti che ci vengono rivolti sembra inusuale rispondere con un ragionamento, pacato e che si fondi addirittura sulla storia.

E invece è proprio quello che alcuni di noi hanno provato a fare in un documento “Da Sturzo al Sì al Referendum” che si presenta in tarda mattinata a Roma alla sala della stampa estera, dove l’altro ieri il No ha minacciato il Sì, accusando preventivamente di brogli elettorali. Perché, nonostante il clima da rissa, invitiamo a ragionare e a farlo sulla storia, partendo da Sturzo passando per la stagione referendaria degli anni Novanta del secolo scorso, per arrivare, infine al Sì al referendum del 4 dicembre.

In un’Italia straziata dai devastanti esiti della prima guerra, Sturzo fondò il Partito popolare nel 1919 per superare la storica estraneità delle masse popolari allo Stato.

In modo davvero profetico, già nei primi anni della vita repubblicana, Sturzo mise però in guardia dal pericolo dello statalismo, dall’invadenza dello Stato nella società civile e nella vita economica e dai mali della partitocrazia. E così da un impianto proporzionalista si espresse a favore del maggioritario.

La sua posizione profetica rimase viva, nei decenni a seguire, nel cattolicesimo politico liberale e democratico che confluì in una comune, laica, cultura politica democratico-riformista.

A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, la crisi del “sistema” italiano esplose. E si impose una sua profonda riforma. E fu proprio in seno a quella tradizione liberale e democratica, a personalità di quel mondo come Scoppola, Elia, Segni e tanti altri, come Barbera e Pannella e a organizzazioni come la Fuci e le Adi, che nacquero i primi progetti di riforma e fu lì che si individuò anche lo strumento referendario come quello più idoneo a sbloccare un sistema politico che si mostrava incapace di una autoriforma.

Si pensava che non fosse possibile una rappresentanza legittimata senza maggiore trasparenza dei meccanismi di decisione. E senza un meccanismo che consentisse e favorisse l’alternanza al governo di forze programmaticamente alternative.

Tale movimento sfociò in due referendum: quello del ’91 che portò all’abolizione delle preferenze e quello del ’93 che pose le basi di una trasformazione del sistema elettorale in senso maggioritario. Era ben chiaro già allora a tutti la necessità e l’urgenza di intervenire anche a livello costituzionale per riavvicinare la politica ai cittadini.

Fu questo il seme da cui nacque l’Ulivo prima e il partito democratico poi.

Non c’è democrazia senza vera rappresentanza. Ma è artificioso contrapporre, come oggi si fa, rappresentanza e governabilità. Perché non c’è mai vera rappresentanza senza capacità di decisione.

Questo è tanto più vero oggi, in un quadro internazionale dove il vero rischio per la democrazia è il progressivo distacco delle persone dalla politica, dalla sua incapacità di decidere e di fare le cose.

Un esecutivo poi che risponda a un Parlamento più snello nelle procedure e più aperto alle domande che vengono dal basso- esemplare la nuova disciplina delle leggi di iniziativa popolare – dà voce alle nuove forme che assumono oggi i corpi intermedi: le persone, le famiglie, le associazioni di vita e di categoria, il volontariato, il tessuto delle imprese, le istituzioni locali, i sindacati. Sono questi infatti i più validi contrappesi democratici da rafforzare per rivitalizzare il Parlamento dove le opposizioni potranno tornare a svolgere una funzione realmente legittimata.

Nell’incontro di oggi discuteremo di tutto questo e di altro, in un convegno a cui parteciperanno i primi firmatari del documento “Da Sturzo al Sì al Referendum”, espressioni delle società civile, politici, intellettuali e molti giovani. Che pensano che se non passa questa riforma costituzionale in nome di «una riforma ottima», sicuramente si blocca di nuovo tutto.».