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Il quattrocentenario del primo processo a Galileo

Presso la Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, la Commissione Cultura della Camera dei deputati e il Pontificio Consiglio della Cultura hanno promosso, nella giornata di venerdì 4 marzo 2016, il convegno dal titolo “Il quattrocentenario del primo processo a Galileo”. I saluti introduttivi sono stati di Flavia Piccoli Nardelli, Presidente della Commissione Cultura della Camera, e del Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Ha introdotto e moderato monsignor Melchor Sanchez De Toca, sottosegretario al Pontificio Consiglio della Cultura. A seguire gli interventi dei professori Paolo Galluzzi, Ugo Baldini, Michele Camerota, Massimo Bucciantini. Le conclusioni sono state di monsignor Luis Francisco Ladaria Ferrer, segretario della Congregazione per la dottrina della fede, e del professor Massimo Firpo, dell’Accademia nazionale dei Lincei.

Riportiamo di seguito l’intervento dell’onorevole Flavia Piccoli Nardelli.

Cari Amici, gentili Ospiti,

do il benvenuto a tutti Voi, a Sua Eminenza il Cardinale Ravasi, al sottosegretario Dorina Bianchi, ai nostri Relatori, ai tanti Ospiti illustri che ci onorano della loro presenza ed alle alunne, gli alunni e le docenti del Liceo Visconti e del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele di Roma, che ci fa particolarmente piacere avere oggi con noi.

Il 5 marzo 1616 venne pubblicato dalla Congregazione dell’Indice l’unico documento ufficiale conseguente al cosiddetto “Primo processo” del Sant’Uffizio contro Galileo.

Il documento non fa alcun cenno a Galileo e ad eventuali eresie ma pone all’indice il De revolutionibus orbium coelestium di Copernico e tutti i libri che si rifacevano alla teoria copernicana, definita come “la falsa dottrina dei Pitagorici, del tutto contraria alle Sacre Scritture”.

Cominciava così esattamente 400 anni fa una contesa che non solo avrebbe portato alla condanna di Galileo e alla sua abiura nel secondo processo del 1633, ma soprattutto avrebbe influenzato pesantemente per oltre tre secoli i rapporti tra la cultura scientifica e la Chiesa Cattolica.

La vicenda galileiana sarebbe divenuta un emblema della libertà di pensiero e di ricerca della scienza – più in generale, della cultura – contrapposta al dogmatismo della fede religiosa, come ricordata in una nutrita serie di opere letterarie, teatrali, cinematografiche, pittoriche fin quasi a divenire un archetipo della cultura occidentale durante il prepotente affermarsi delle scienze, dall’Illuminismo fino ai giorni nostri.

Sarà solo 350 anni dopo la morte di Galileo che uno storico discorso di Giovanni Paolo II, alla sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze il 31 ottobre 1992, segnerà la chiusura della lontana diatriba e la cancellazione formale della condanna, portando insieme l’auspicio di una serena riconciliazione delle posizioni.

Ricordiamo oggi quelle lontane vicende in queste antiche sale che appartengono alla storia di Galileo, perché è proprio qui, in quella che allora era l’Insula domenicana, che ebbe inizio e si concluse la vicenda galileiana con l’abiura che mise fine al processo per eresia.

Queste sale sono oggi una biblioteca, quindi luogo di cultura, sono parte del Parlamento, quindi istituzione democratica, libera e laica e sono luogo di dibattito per una riflessione affidata a noti studiosi proprio su Galileo. Sull’uomo, sull’opera, su quello che ci ha lasciato come eredità.

La Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera, che ho l’onore di presiedere, ha accettato con piacere e orgoglio di condividere con il Pontificio Consiglio della Cultura, in particolare con il suo Presidente il Card. Gianfranco Ravasi, la responsabilità e l’organizzazione di questo convegno scientifico nel quattrocentenario di quel primo processo per ripercorrere e focalizzare i punti cruciali di una vicenda storica, filosofica e scientifica di primissimo rilievo.

Voglio ringraziare il Ministero dei Beni Culturali nella persona della Sottosegretaria Bianchi, l’Accademia dei Lincei, il Museo Galileo che, insieme alla Congregazione di Propaganda Fide e all’Archivio Segreto Vaticano, hanno collaborato alla migliore riuscita del convegno con la Biblioteca della Camera che si è adoperata con passione per la realizzazione di questo incontro. Il mio ringraziamento va anche ai relatori e a tutti coloro che hanno accettato il nostro invito e sono qui oggi con noi.

Non è mio compito in questo saluto introduttivo entrare nel merito, nemmeno per grandi linee, del primo processo a Galileo e di tutto ciò che ne è seguito. La bibliografia relativa è sterminata e ogni anno si arricchisce di nuovi importanti contributi, non scevri di spunti tuttora dialettici o polemici. I relatori che ascolteremo ce ne daranno testimonianza.

Come Presidente della Commissione cultura mi sta molto a cuore riflettere su quello che Galileo può continuare ad insegnare a tutti noi, per far diventare il suo metodo di indagine, cultura del Paese e attitudine condivisa.

Galileo e la sua vicenda culturale e umana sono un tema appassionante, ma rappresentano anche un tema eminentemente politico, sia pure in senso lato.

Certo, l’argomento della scelta tra sistema copernicano eliocentrico e sistema tolemaico geocentrico è decisamente scientifico e come tale venne affrontato dalle parti in gioco nel primo processo, Galileo e Bellarmino in prima linea. La scelta non ha alternative da secoli, ma non era così al momento del primo processo quando la dialettica scientifica era pienamente aperta.

E’ invece decisamente filosofica la scelta tra la scienza dei “pitagorici”, tesi al tentativo di ridurre a semplici leggi numeriche e geometriche le esperienze sensibili, e la scienza degli “aristotelici”, fedeli al tentativo di interpretare le stesse esperienze alla luce di leggi filosofiche immutabili e in qualche misura arcane.

Ci sono anche indubbi aspetti sociali e socio-religiosi. Una recente biografia di Galileo ritiene che la Chiesa giudicò il tentativo di Galileo di fondare (in pieno clima post-tridentino) una scuola indipendente di cosmologia ed esegesi biblica come il pretesto di una nuova eresia protestante.

Non mancano elementi di carattere economico, tecnologico e strategico, come è evidente. L’osservazione delle eclissi dietro Giove delle sue lune, scoperte da Galileo col suo cannocchiale, avrebbe potuto fornire quell’orologio astronomico con cui permettere finalmente alle navi in mare il calcolo della loro longitudine e quindi della loro esatta posizione e rotta. In realtà sappiamo che non ha mai funzionatoAllo stesso modo molto si può dire e si è detto sull’eredità di Galileo in merito al pensiero teorico e alla sperimentazione; ma forse non si è invece adeguatamente sottolineato il contributo dato da Galileo alla divulgazione scientifica e, insieme, la valenza universale del suo pensiero: non solo la scienza, dunque, ma anche letteratura, etica e filosofia fanno parte del bagaglio galileiano e della storia delle sua influenza.

Il suo desiderio di andare al di là delle cerchie accademiche per far partecipare il maggior numero possibile di persone all’avventura scientifica è palese.

Come dunque classificare se non come “politico” un tema che presenta tanti diversi punti di vista?

Nel nostro lavoro parlamentare ci troviamo quasi sempre a discutere e votare provvedimenti che mostrano mille diverse sfaccettature, economiche, sociali, scientifiche, religiose e molte altre ancora, dunque, in una parola, di natura politica. E’ in fondo la “complessità” che viene inevitabilmente allo scoperto ogni qualvolta la realtà viene affrontata nei suoi aspetti più reconditi, nella sua natura intrinsecamente complessa. Ogni semplificazione, che pure è necessaria per capire e misurare i fenomeni, cede subito dopo ad una nuova analisi complessa. E’ la storia stessa della scienza e della ricerca in qualsivoglia disciplina, è il senso stesso dell’inesausto “ricercare” di noi esseri umani.

La vita di Galileo non è la vita raccolta d’un pensatore assorto, ma quella intensa e combattiva dell’innovatore, che, conscio di una sua missione scientifica, deve sgombrare il campo da pregiudizi e scontrarsi con le istituzioni che rappresentano dottrine tradizionali, conchiuse in formule dogmatiche, per aprire la via alla scienza moderna, al metodo scientifico moderno.

Galileo è non solo il simbolo della fisica moderna, di cui è unanimemente riconosciuto come uno dei padri fondatori, ma anche quello della passione intellettuale, con i suoi culmini e i suoi limiti.

Alla sua personalità e alla complessità degli esseri umani è in fondo dedicato il convegno di oggi.