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Perché escludere i test invalsi dall’esame di maturità?

“Con l’approvazione del milleproroghe la votazione conseguita nelle prove Invalsi non eserciterà più alcun peso sull’ammissione all’esame di maturità. Perché questo ritorno al passato? Di cosa abbiamo paura? Un Paese che vuol crescere deve costruire credendo nella cultura della valutazione del merito”.

Flavia Piccoli Nardelli interviene in Aula alla Camera dei deputati, durante la discussione del decreto milleproroghe, a sostegno del proprio ordine del giorno contrario a bloccare il requisito della prova Invalsi d’italiano, matematica e inglese, per l’ammissione all’esame di maturità.

Di seguito il resoconto stenografico dell’intervento di Flavia Piccoli Nardelli in Aula alla Camera dei deputati, svoltosi giovedì 13 settembre 2018.

FLAVIA PICCOLI NARDELLI (PD). Presidente, l’ordine del giorno a mia firma interviene sul comma 3-septies dell’articolo 6 del provvedimento che rinvia di un anno l’efficacia di una disposizione contenuta nel decreto legislativo n. 62 del 2017 e considerata, da molti di noi, particolarmente delicata. Il provvedimento prevede che la prova Invalsi inserita tra i requisiti di ammissione per accedere all’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione, prevista per quest’anno, venga rinviata al 1° settembre 2019.

Chiedo al Governo di valutare quali conseguenze questo comporti, in un settore particolarmente delicato per il nostro Paese.

Quando nel mondo, Presidente, in tutto il mondo, si investono risorse ed energie sulla scuola e noi abbiamo lavorato per aumentare le risorse che il nostro Paese ha investito sull’istruzione, oggi, questo Governo dimentica che si lavora seriamente solo basandosi su dati che vengono dalla valutazione, vista come uno strumento di aiuto e non come minaccia per la scuola.

Ne parlo soprattutto a proposito dell’Invalsi, l’ente di ricerca dotato di personalità giuridica di diritto pubblico che ha il compito di effettuare verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e sulle abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell’offerta formativa delle scuole, gestendo, Presidente, quello che si chiama “sistema nazionale di valutazione”. C’è voluto molto tempo per far capire al sistema della scuola che l’Invalsi ha un compito fondamentale per avere un quadro oggettivo che valga a livello nazionale, studiando le cause dell’insuccesso e della dispersione scolastica, tenendo conto del contesto sociale, delle tipologie dell’offerta formativa ed entrando nel merito delle difficoltà che la scuola si trova ad affrontare.

Il nostro, Presidente, è un Paese complicato, è un Paese in cui la scuola dovrebbe davvero rappresentare un modello unico, forse il modello unificante per il Paese, ma noi sappiamo che non è così.

Di qui, lo sforzo speso in questi anni, per spiegare a dirigenti scolastici, insegnanti e famiglie come il lavoro dell’Invalsi sia a favore degli studenti, sia la garanzia per avere una scuola più equa, una scuola che garantisca allo stesso modo, al sud e al nord del Paese, i risultati che i ragazzi ottengono.

Ecco, Presidente, perché considero ipocrita il comma 3-septies dell’articolo 6 di questo provvedimento, perché favorisce la disparità, ribadisce l’impossibilità di dare un giudizio sulla valutazione di merito tra gli studenti del nostro Paese.

Vogliamo ricordare che il punteggio della maturità condiziona l’accesso all’università, condiziona le graduatorie dei concorsi, la possibilità di accedere alle agevolazioni per il diritto allo studio? Nel contratto di Governo, nel capitolo dedicato alla scuola, la parola “valutazione” non compare, come non compare la parola “merito”, se non in modo assolutamente marginale.

La scuola italiana che soffre tassi di abbandono elevatissimi e che presenta drammatiche differenze sul territorio nazionale, nel momento in cui rinuncia a valutazione e merito, rinuncia anche ad assicurare quel ruolo di ascensore sociale che ha aiutato nel passato i ceti più deboli del nostro Paese. Le prove Invalsi vanno migliorate, la valutazione del merito è un elemento delicato che richiede attenzione e ricerca, ma è su questo che un Governo serio deve lavorare, continuando quanto finora si era fatto e si stava facendo, non annullandolo.

Le prove del PISA, l’acronimo che sta per Programma per la valutazione internazionale dello studente, sono adottate oggi in 90 Paesi che rappresentano l’80 per cento dell’economia mondiale.

Presidente, qual è la ragione per spingere la nostra scuola di nuovo nel passato, rinunciando ad avvicinarla a un modello in linea con le richieste di un mondo sempre più complesso? Perché questo Paese deve rinunciare ad una scuola che si fondi sulle competenze e non tema la parola “valutazione” che noi consideriamo un elemento fondamentale per migliorare gli standard e per costruire percorsi che aiutino i nostri ragazzi ad affinare il quadro delle proprie abilità e delle proprie competenze?

Le prove di matematica, italiano ed inglese ci saranno lo stesso, ma sarà tutto facoltativo, non eserciteranno alcun peso sull’ammissione alla maturità. Questo è grave, Presidente, perché non avremo la possibilità, neppure questa volta, di avere una radiografia oggettiva della preparazione dei nostri studenti e perché trasmetteremo un messaggio pericoloso.

Il nostro Paese è velocissimo a recepire questo genere di messaggi sull’influenza di queste prove rispetto al sistema scolastico. Di cosa abbiamo paura?

Un Paese che vuol crescere, un Paese che vuole offrire maggiori opportunità ai propri ragazzi deve costruire credendo nella cultura della valutazione, vi chiedo come potete pensare altrimenti di migliorare questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).


Camera dei deputati – XVIII Legislatura

Ordine del Giorno presentato da Flavia PICCOLI NARDELLI

La Camera, premesso che:

il comma 3-septies dell’articolo 6 – introdotti alla Camera nel corso dell’esame in sede referente con un emendamento del Relatore – differisce (dal 1o settembre 2018) al 1o settembre 2019 il termine (previsto dall’articolo 26, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 62 del 2017) di entrata in vigore delle disposizioni del medesimo decreto legislativo (articolo 13, comma 2, lettere b) e c), e articolo 14, comma 3, sesto periodo) in base alle quali, per l’ammissione all’esame di Stato nel secondo ciclo di istruzione, a partire dall’a.s. 2018/2019, sarebbe stata necessaria la partecipazione, durante l’ultimo anno di corso, alle prove a carattere nazionale predisposte dall’INVALSI, volte a verificare i livelli di apprendimento in italiano, matematica e inglese;

la finalità di effettuare verifiche sulle conoscenze e l’abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell’offerta formativa rappresenta un importante strumento per migliorare il sistema scolastico,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a riconsiderare il differimento dal 1o settembre 2018 al 1o settembre 2019 del termine di entrata in vigore delle disposizioni dell’articolo 13, comma 2, lettere b) e c), e articolo 14, comma 3, sesto periodo, in base alle quali, per l’ammissione all’esame di Stato nel secondo ciclo di istruzione, a partire dall’a.s. 2018/2019, sarebbe stata necessaria la partecipazione, durante l’ultimo anno di corso, alle prove a carattere nazionale predisposte dall’INVALSI, volte a verificare i livelli di apprendimento in italiano, matematica e inglese.

Piccoli Nardelli.