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Premio Letterario Basilicata: “Lungara 29. Il caso Montesi nelle lettere a Piero”

Flavia Piccoli Nardelli è intervenuta alla cerimonia di proclamazione dei vincitori della XLVII edizione del Premio Letterario Basilicata, che si è svolta il 28 ottobre scorso presso il Conservatorio di Musica “Gesualdo da Venosa”di Potenza.

Pubblichiamo di seguito l’intervento di Flavia Piccoli Nardelli che ha presentato il libro “Lungara 29. Il caso Montesi nelle lettere a Piero” di Leone Piccioni, noto critico letterario, affermato accademico e già Vicedirettore generale della Rai e Presidente della sezione di Narrativa del Premio Letterario Basilicata, scomparso a maggio di quest’anno.

PREMIO LETTERARIO BASILICATA
Potenza, 28 Ottobre 2018
Intervento di Flavia Piccoli Nardelli

Devo ringraziare Gloria Piccioni e Santino Bonsera per avermi invitata a presentare questo importante volume.

►Il libro raccoglie 27 lettere, scritte tra il 23 settembre e il 27 novembre 1954 da Leone Piccioni a suo fratello Piero, ingiustamente detenuto nel carcere di Regina Coeli con l’accusa di aver ucciso Wilma Montesi. Dopo più di 2 mesi di carcere preventivo Piero fu scarcerato nel mese di dicembre di quell’anno. Le lettere sono state trovate negli archivi familiari e per la prima volta rese pubbliche per volontà di Gloria Piccioni.

Il volume ha il potere evocativo dei carteggi. Non entra direttamente nel merito del caso Montesi. Sono lettere scritte sapendo che la censura ne avrebbe fatto accurato esame, ma consentono uno sguardo familiare, intimo del legame fortissimo che unisce la famiglia Piccioni. Riflettono i valori di questa famiglia, i vincoli che la sostengono, le amicizie che legano Leone e Piero al mondo della cultura italiana e internazionale.

Si parla di domeniche passate insieme, tra la Messa del mattino i pranzi di famiglia, le partite di calcio con il tifo per la squadra del cuore, di partite a carte con gli amici di sempre.

È Leone stesso che in una lettera di protesta all’Espresso per un articolo inaccettabile, dice: «la nostra è più che mai la stessa famiglia di sempre: di gente molto legata, molto vicina, che si vuole molto bene e che vive tranquilla perché ha, da ogni punto di vista, la coscienza tranquilla».

► Sono lettere in cui manca o compare per cenni indiretti il vero bersaglio della vicenda, il senatore Attilio Piccioni, esponente di spicco della Democrazia Cristiana, Ministro degli Esteri del governo Scelba ed erede riconosciuto di Alcide De Gasperi.

La famiglia lo protegge, lo trattiene a Grottaferrata, dove abitualmente trascorre le vacanze, cerca di garantirne la tranquillità, oggi diremmo la privacy, fa quadrato intorno a lui con i nipotini, le nuore, gli amici politici di una vita. Ci sono i Dalmasso, ci sono i Cingolani, ci sono Zoli, Cassano, Campilli…

Ma il 15 settembre del 1954 il senatore Piccioni rimette il suo mandato da Ministro degli Esteri. Ritiene, dice: «di non poter, di non dover differire ulteriormente il suo proposito … tu troverai legittimo – dice a Mario Scelba Presidente del Consiglio dei Ministri – il mio desiderio di provvedere in piena libertà alla rivendicazione della posizione di mio figlio, che nulla ha da temere, ne sono incrollabilmente certo, da qualsiasi indagine della giustizia».

Nel carteggio compare solo un suo brevissimo appunto manoscritto unito alla lettera di Leone del 6 ottobre a Piero. Sono poche righe che più di altro ci dicono il tenore di questa corrispondenza.

► Stefano Folli nella sua introduzione sottolinea come quel 1954 segnò il primo caso di un profondo cambiamento della politica italiana, del ruolo della magistratura, e aprì a scorciatoie che vediamo poi all’opera nella storia della politica italiana fino ad oggi.

Il caso Montesi travolse la politica italiana degli anni Cinquanta, infatti Attilio Piccioni fu messo fuori gioco, non divenne presidente della Repubblica, come invece sarebbe stato probabile.

Il volume ha come centro le lettere di Leone a Piero ma raccoglie anche un testo di Indro Montanelli, un ritratto dedicato ad Attilio Piccioni da Giovanni Spadolini e molti messaggi personali di protagonisti del tempo, da Giorgio La pira ad Antonio Segni a Luigi Gui a Mariano Rumor a Dino Grandi ad Oscar Luigi Scalfaro ad Amintore Fanfani.

De Gasperi non c’è più nel 1957 quando il caso Montesi si conclude, così come non c’era più in quel settembre del 1954 in cui Piero viene incarcerato. Era morto nell’agosto di quell’anno a Sella di Valsugana e la politica italiana aveva vissuto un profondo rivolgimento.

Il ruolo della stampa, il rapporto ambiguo, come lo definisce Folli, fra informazione, potere politico e in qualche caso autorità giudiziaria, aveva dato in pasto all’opinione pubblica la famiglia Piccioni: si apriva così ad una diversa stagione della vita pubblica italiana.

► L’autore delle lettere, Leone Piccioni, non ha bisogno di presentazioni per gli amici del Premio Letterario Basilicata che lo hanno conosciuto molto bene perchè è stato Presidente della sezione di Narrativa per un quarto di secolo, come successore di Carlo Bo.

Grande letterato, grande giornalista, raffinato conoscitore della letteratura del ‘900 di cui è stato indiscusso protagonista. Tanto più, quindi, queste lettere che non erano mai uscite dall’ambito familiare, sono per noi preziose.

“Che non apro un libro, che non scrivo una riga sono ormai tanti e tanti giorni. Ma ci si ferma, bisogna fermarsi giacché altre cose premono. E quando si ricomincia saremo arricchiti, faremo meglio, perché sono queste esperienze di crudo, acerbo dolore, che, una volta superate, e a fronte alta, danno maggiore forza: faremo meglio!” (dice Leone Piccioni nella lettera del 10 ottobre).

► Grazie di nuovo a Gloria Piccioni che ha deciso di renderle pubbliche e che compare nella raccolta “Lungara 29”, nell’appendice che raccoglie “lettere sparse”. Il 21 gennaio 1957 Leone scrive a suo padre, impegnato in quei giorni alle Nazioni Unite a New York, informandolo che nella notte è nata la nuova nipotina, Gloria. Nel testo delle lettere compariva più volte il fratellino Giovanni, centro dell’attenzione familiare e motivo di gioia e di distrazione per il nonno. I Piccioni sono molto incerti sul nome da dare alla piccola. Alla fine decidono per Gloria e Leone dice: «nascita e nome di buon auspicio».

Si apre in quei giorni a Venezia il processo sul caso Montesi, che si concluderà con la completa assoluzione di Piero Piccioni.

► Grazie quindi per avermi consentito di riprendere da un’ottica privilegiata, quella familiare, vicende dolorose della nostra storia.

Mi sono occupata degli archivi della cultura del cattolicesimo politico con il prof. Gabriele De Rosa per molti anni all’Istituto Luigi Sturzo di Roma, senza mai riuscire a trovare un archivio Piccioni.

Attilio Piccioni sembra purtroppo non aver lasciato un suo personale fondo documentario, secondo la testimonianza dei suoi figli, che vissero accanto a lui fino agli ultimi giorni. Ci sono molte fonti istituzionali, politiche, personali in cui compaiono memorie e documentazione a suo riguardo fino dal 1920 cioè dal momento delle sue prime pubblicazioni, ampiamente studiate da Gabriella Fanello Marcucci che da queste ha ricavato una biografia completa e ricchissima di Attilio Piccioni.

Oggi accanto a queste fonti, importanti per conoscere direttamente il suo pensiero, questo pacchetto di lettere contribuisce a ridarci per via indiretta molto del suo carattere, dei suoi valori, della sua famiglia.

Vi ringrazio.