BEGIN TYPING YOUR SEARCH ABOVE AND PRESS RETURN TO SEARCH. PRESS ESC TO CANCEL

Se la cultura è aperta e inclusiva diventa patrimonio di tutti

Riportiamo di seguito il saluto che l’onorevole Flavia Piccoli Nardelli ha portato agli studenti in occasione dell’incontro dello scorso 26 gennaio nell’ambito del progetto e concorso nazionale “Articolo 9 della Costituzione. Cittadini attivi per il paesaggio e l’Ambiente”.

“Mi fa particolarmente piacere essere qui alla quarta edizione del Concorso Nazionale Articolo 9.

Come voi sapete il clima in cui fu scritto l’art. 9 della Costituzione è quello che seguì la Seconda guerra mondiale, durante la quale le distruzioni del nostro patrimonio storico artistico, dei paesaggi naturali e storici delle nostre città d’arte erano state terribili e avevano rivelato tutta la loro fragilità.

Dobbiamo ricordarlo perché la nostra è l’unica Costituzione al mondo che mette la promozione della cultura e della ricerca e la tutela del patrimonio culturale e del paesaggio fra i principi fondamentali su cui si regge la Repubblica.

Sappiamo che su proposta di Giorgio La Pira furono raccolte e tradotte tutte le Costituzioni del mondo e che i membri dell’assemblea ne studiarono le caratteristiche. Prima della nostra, la Costituzione della Repubblica di Weimar del 1919 conteneva all’art. 150 qualcosa di simile e sicuramente fu fonte di ispirazione per i membri della costituente così come forse lo fu la Costituzione Spagnola del 1931, ma certamente in nessuna di queste viene dato il risalto e l’importanza che ha l’articolo 9 nella nostra  Costituzione .

Fra la Costituzione e il Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004, che è la raccolta dei dispositivi oggi vigenti in materia di patrimonio culturale, vi sono svariati decenni di dibattiti ma una comunanza di intenti che è pienamente espressa dalla definizione di patrimonio culturale come costituito dai beni culturali e dal paesaggio.

Il patrimonio culturale del nostro Paese negli anni si è andato ampliando sino a comprendere oggi tutta una serie di categorie di beni prima non considerati, pensiamo alle così dette opere minori ma anche ai centri storici e all’architettura rurale e ancor più all’odierno dibattito sui beni immateriali.

In Commissione Cultura noi lavoriamo su questo. Come deputato – prim’ancora che come presidente – della Commissione cultura farei ancora molto rapidamente alcune riflessioni con voi:  anzitutto sul legame che unisce  cultura e scuola. Sembra banale ma non è così scontato. Si pensa che – sì, certo – a scuola si fa cultura, si sa distinguere un capitello dorico, da uno ionico o da uno corinzio; si leggono i classici ma poi nella vita  s’impara un mestiere e la cultura resta lì, come un elemento in più quasi come un passatempo.

Non credo sia così. La cultura – intesa come consapevolezza delle potenzialità economiche e valoriali del nostro percorso storico e del nostro patrimonio – è un modo di pensare che si deve apprendere a scuola ma che poi deve restare come abito mentale, come apprendimento continuo, curiosità intellettuale, apprezzamento del nostro ambiente e del nostro straordinario paesaggio.

Ecco: credo che la scuola debba garantire  questo nesso ideale con la cultura  in una dimensione ampia che dura tutta la vita.

Aggiungo un altra considerazione: finora il nostro Paese è stato all’avanguardia nella tutela del patrimonio culturale sia pure con qualche carenza finanziaria e organizzativa.

Oggi la politica di governo e parlamento vuole dare impulso anche alla valorizzazione, intesa come possibilità di far crescere il nostro patrimonio culturale, garantendone l’accessibilità e la conoscenza.

Personalmente condivido questo approccio perché ci consente di superare il modello passivo, basato sulla pura conservazione, in favore di un modello attivo di potenziamento culturale. La tutela intesa come conservazione e studio resta molto importante ma non deve essere un mondo separato, una teca museale per soli esperti.

Noi abbiamo bisogno di fare capire a tutti i nostri concittadini che quelle ricchezze – che sono dell’Italia tutta – possono giovare a tutti. La cultura non deve essere un luogo che separa chi è colto da chi non sa.

La cultura è per definizione inclusiva, aperta, critica, esige uno sforzo da tutti noi ma poi deve restituire qualcosa a tutti.

Nasce allora  come sintesi tra tutela e valorizzazione di un bene, la sua fruizione che è questo accostarsi ai beni culturali come diritto e privilegio di ognuno come  la possibilità di godere di un’opera o di una testimonianza per arricchirsi interiormente. Rispetto per l’opera ma possibilità di accedervi, di guardarla, di capirla anche con l’aiuto di una politica culturale attenta alla divulgazione.

Vengo così all’ultimo punto: la cultura e l’innovazione. Valorizzazione e fruizione sono terreni su cui si può misurare un cambiamento molto rapido che è proprio della vostra generazione.

Ma il modo di fruire di un quadro, di una statua, di un affresco di un paesaggio oggi è mutato e le nuove tecnologie ci aiutano.

Catturare con lo strumento informatico l’ideale culturale fa bene alla cultura e all’economia.

Lo si può fare in tanti modi. Se noi riusciamo a farlo con intelligenza e qualità – senza banalizzazioni – avremo attuato anche noi l’articolo 9”.