La prima laureata italiana: Elena Lucrezia Corner Piscopia

Elena Lucrezia Corner Piscopia: la prima laureata italiana.  Di cui pochi conoscono la storia, raccontata dallo scrittore Alessandro Marzo Magno in un monologo interpretato dall’attrice triestina Zita Fusco.

Lucrezia si laurea all’Università di Padova il 25 giugno 1678, a trentadue anni. Laurea in Filosofia, concessa con una decina di anni di ritardo perché un uomo le mette i bastoni di traverso. Impedendole, tra l’altro, di conseguire il titolo in Teologia perché la Chiesa è persuasa dell’inferiorità della donna, «incapace di ragionamenti difficili». A diciannove anni Lucrezia diventa oblata benedettina, e quindi rispetta i voti delle monache (vivendo però nel comodo e lussuoso palazzo di famiglia). L’uomo che si mette di traverso si chiama Gregorio Barbarigo: vescovo di Padova e cancelliere dell’università, cardinale, diventerà santo durante il pontificato di Giovanni XXIII. Se Lucrezia avesse vissuto ai nostri tempi si sarebbe potuta laureare anche in Lingue antiche, e persino in Lingue moderne: conosceva il greco, il latino, l’ebraico (lo aveva studiato sotto la guida del rabbino di Venezia), il francese, l’inglese e lo spagnolo. E forse si sarebbe pure meritata una laurea in Matematica.

(fonte Io Donna, 8 marzo 2016)

Social musei: colmare il gap con personale e strumenti

#SOCIALMUSEUMS Social media e cultura, tra post e tweet è il titolo del corposo volume che dà conto del decimo rapporto del’Associazione Civita, curato da Luca De Biase, fondatore e caporedattore di Nòva supplemento del quotidiano Il Sole 24 Ore, e Pietro Antonio Valentino, vicepresidente del Comitato Scientifico di Civita, ed edito da Silvana Editoriale.

Il volume prende in esame il rapporto fra social media e mondo della cultura, un tema molto dibattuto sia in sede pubblica che privata e in un momento di profonda trasformazione che sta investendo i musei pubblici anche sul fronte del digitale.

Se gli intellettuali e lo Stato non scelgono e indicano cultura, si diventa uno “sciame” consumistico

Il mese scorso è stato pubblicato il saggio di Zygmunt Bauman Per tutti i gusti. La cultura nell’età dei consumi, edito da Laterza (pagg. 154, euro 14).  Il titolo originale del volume è Culture in a Liquid Modern World e la prima pubblicazione risale al 2011, presso Polity Press Ltd, Cambridge.

Il libro, che si inserisce a pieno titolo, nella sua storica analisi e nei temi cari al sociologo polacco –  sia per ciò che concerne la trasformazione della società, sia perché in parte riprende il discorso del suo saggio di vent’anni fa “La decadenza degli intellettuali”  – è diviso in 6 capitoli: “La cultura. Storia del concetto”; “Moda, identità liquida e utopia per il presente: alcune tendenze culturali nel ventunesimo secolo”; “La cultura dalla costruzione della nazione alla globalizzazione”;  “La cultura in un mondo di diaspore”;  “La cultura in un’Europa che si unisce” e “La cultura tra Stato e mercato”.

La tesi fondamentale del saggio è che non esiste più un’élite culturale ma consumatori onnivori e che, addirittura, lo snobismo culturale oggi consiste nel non esserlo affatto quando si tratta appunto di consumi culturali. “Il segno distintivo che connota l’appartenenza a una élite culturale sono oggi un massimo di tolleranza e un minimo di schizzinosità” scrive Bauman. E aggiunge: “Il principio dell’elitarismo culturale sta nella sua capacità di sentirsi a proprio agio in qualunque ambiente culturale senza considerarne nessuno come casa propria, e ancor meno l’unica casa propria”.

L’offerta culturale si è moltiplicata e variegata. Questo, in sé potrebbe essere un aspetto positivo che tende ad abbattere le classi sociali dacché, citando Pierre Bordieu, Bauman ricorda che un tempo “c’erano gusti dell’élite culturale alta per natura; gusti medi o conformisti, tipici della classe media, e gusti volgari, adorati dalle classi inferiori, e mescolarli tra loro era difficile come mescolare fuoco e acqua”.

Ma questo mescolarsi (“collegarsi e scollegarsi” a reti diverse, per usare termini cari a Bauman e referenti proprio alla nostra società) e aver liberato l’arte dalla funzione gravosa che le era assegnata in passato, ha creato una distanza, spesso ironica o cinica, nei suoi confronti sia da parte dei suoi creatori come da quella dei suoi destinatari. “L’arte, quando se ne parla, – continua Bauman – raramente ispira quel tono devoto o reverenziale così comune nel passato. Non ci si azzuffa. Non si erigono barricate. Niente scintillare di lame. Se pure si discute della superiorità di una forma d’arte su un’altra, se ne parla senza passione o verve; e i proclami di condanna e le diffamazioni sono più rari di quanto fossero mai stati prima”.

Per Bauman dietro questo stato di cose si nascondono imbarazzo, mancanza di fiducia in se stessi e senso di disorientamento: se gli artisti non hanno grandi e importanti compiti da realizzare, se le loro creazioni non hanno altro scopo che portare fama e fortuna a pochi eletti e divertimento e piacere personale ai loro beneficiari, come possiamo giudicarli se non attraverso la montatura pubblica che di solito li accompagna in un determinato momento?

È proprio dell’economia liquido-moderna, orientata al consumo,  basarsi su un surplus di offerte, sul loro rapido deperimento e sul prematuro appassimento dei loro poteri di seduzione. Diventa quindi essenziale fornire ininterrottamente nuove offerte per alimentare un più rapido avvicendamento di beni, con un intervallo di tempo sempre più breve tra il loro acquisto e il loro abbandono, seguito dalla sostituzione con beni “nuovi e migliori”. Ed è ancora “essenziale” al fine di evitare una situazione in cui un’ulteriore delusione verso specifici beni, si trasformi in una delusione generale verso una vita intessuta e ricamata col filo del fervore consumistico sulla tela delle reti commerciali.

La cultura assomiglia oggi, per il semiologo polacco, a un reparto di un grande magazzino, in cui si aggirano persone trasformate in puri e semplici consumatori.

E pare dunque ovvio che nella nostra modernità liquida la cultura non ha più un “volgo” da illuminare ed elevare ma clienti da sedurre.  E se un tempo, la funzione della cultura era soddisfare bisogni esistenti, oggi pare essere quella di crearne sempre di nuovi.

Banca dati opere rubate: sì del garante della Privacy

Sì del Garante privacy allo schema di decreto del MIBACT che disciplina la realizzazione della banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti.  L’Autorità ha chiesto però maggiori tutele sul trattamento dei dati personali.  Il Ministero dovrà adottare, in particolare, adeguate misure di sicurezza e di conservazione dei dati e una specifica disciplina in caso di trasferimento delle informazioni fuori dal territorio dell’Unione. La banca dati, istituita presso il Ministero, contiene tra l’altro il nominativo del denunciante, le informazioni relative al soggetto presso cui si trovano le opere da acquisire e le altre informazioni rilevanti ai fini della ricerca e del recupero del bene sottratto, inclusi dati di carattere giudiziario.

Art Bonus – Mecenati di oggi per l’Italia di domani

Art Bonus, Intervento dell’On. Flavia Piccoli Nardelli – Presidente della Commissione Cultura della Camera

Art Bonus: rivoluzione rapporto pubblico privato nell’ambito dei beni culturali

Obiettivo del decreto: sollecitazione e promozione della raccolta di fondi privati – in aggiunta a quelli pubblici – per valorizzazione e tutela dei beni culturali

Effetto:nuove risorse ed energie da spendere per i beni culturali provenienti dal di fuori del perimetro della pubblica amministrazione ottenute attraverso l’attivazione della società civile

Reggia di Carditello, è nata la fondazione

Con la firma dell’atto costitutivo e dello statuto è nata a Roma la “Fondazione Real Sito di Carditello”: a sottoscriverne la nascita sono stati il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca e il sindaco di San Tammaro, Emiddio Cimmino. A presiedere la neonata fondazione sarà Mirella Barracco.

Sistema scolastico e mondo produttivo: dialogo avviato con l’alternanza scuola – lavoro

L’alternanza scuola lavoro è uno dei principi fondamentali previsti nella legge per “La Buona Scuola”, la legge 107, approvata nella scorsa estate, che ha incontrato notevoli resistenze nel suo cammino. In particolare, per quel che riguarda il tema dell’alternanza, veniamo da una cultura che ha sempre visto forti cesure tra due tipi di istruzione e che considerava l’istruzione tecnica di serie B, dividendo in modo molto netto i segmenti dell’istruzione secondaria superiore. Invertendo questa tendenza abbiamo posto le basi di un cambiamento culturale. La scommessa, naturalmente, interessa la scuola ma nello stesso modo anche l’impresa: perché un investimento vero, culturale oltre che economico, è necessario da una parte e dall’altra. 

Crowdfunding civico

DeRev, principale piattaforma italiana di crowdfunding per finanziare progetti creativi e innovativi rivolti alla comunità (con 6 milioni di utenti iscritti al network DeRev sui social media e oltre 3 milioni raccolti per progetti lanciati sulla piattaforma), lancia il “crowdfunding civico” per finanziare opere pubbliche, beni culturali, iniziative non profit e progetti destinati al recupero e alla riqualificazione per le comunità territoriali. Negli ultimi mesi – come segnala Roberto Esposito, fondatore e Ceo di DeRev – sono aumentate notevolmente le iniziative di crowdfunding per valorizzare beni culturali ed opere pubbliche. DeRev si presenta quindi come la prima piattaforma italiana dotata di strumenti innovativi per il civic crowdfunding, insieme ai partner Wind e Anci (Associazione nazionale Comuni italiani). DeRev, tra l’altro, detiene il record per la più grande campagna di crowdfunding in Italia: lanciata nel marzo 2013 con la richiesta di 100.000 euro per ricostruire Città della Scienza, la campagna ha raggiunto 1.463.000 euro.

(fonte Il Sole 24 Ore 22 febbraio 2016)