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Il ministro Franceschini presenta la riforma Mibact

Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, ha illustrato in conferenza stampa il DPCM di riorganizzazione del Mibact, approvato il 29 agosto dal Consiglio dei Ministri. Il provvedimento rivoluziona il modello organizzativo dei beni culturali italiani. Le principali novità del provvedimento di riforma, ha precisato il ministro, riguardano: «la divisione tra i compiti di tutela e di valorizzazione e la creazione di due settori del ministero che si occuperanno di educazione alla cultura e di arte e architettura contemporanea. Oltre all’incremento delle forme di gestione diretta da parte di privati di musei e luoghi di cultura».

Franceschini_riforma_MibactIl ministro ha sottolineato che «questo d.P.C.M., non so perché, ma a differenza di tutti gli altri, e’ stato oggetto di attenzioni e retroscena, in particolare su presunti contrasti tra il ministero, tra il sottoscritto e il Presidente del Consiglio. Invece il lavoro e’ stato fatto velocemente e di intesa». «La cosa più profonda di innovazione, ampiamente dibattuta nel tempo, e’ la distinzione tra tutela e valorizzazione, cioè distinguiamo le soprintendenze dalla gestione dei musei. Finalmente le soprintendenze si occuperanno di tutela del territorio e i musei, grandi e piccoli, saranno gestiti con una logica più dinamica e moderna» ha detto Franceschini. In Italia, ha spiegato il ministro, «ci sono più di 400 musei dello Stato e piu’ di 4.000 musei tra comuni, Stato, privati, Chiesa. È un patrimonio che nessuno ha e che deve essere tutelato ma deve essere anche valorizzato per diventare uno dei fattori trainanti della crescita».

La nuova direzione generale sull’educazione «avrà compiti importanti sia rispetto alla formazione del personale sia rispetto alle persone che in futuro lavoreranno nei beni culturali. In più si dovrà occupare di riformare e riabituare i giovani alla lettura, all’arte e alla conoscenza del bello».

I musei vanno tutti «verso una forma di maggiore responsabilizzazione, autonomia, investimento di modernizzazione. Diversi i modelli: 20 saranno guidati da un dirigente di prima e seconda fascia, ma questo poco importa, con autonomia contabile gestionale e amministrativa. Sono stati scelti – ha spiegato Franceschini – con criteri che non sono solo il numero di visitatori ma le potenzialità e per questo c’e’ anche il Museo Archeologico di Reggio Calabria. Il Museo Nazionale Romano, come ci e’ stato fatto presente, ha un legame inscindibile con la Soprintendenza archeologica» quindi esce dalla lista e al suo posto e’ entrato il Palazzo Ducale di Mantova.

I Musei, ha sottolineato il ministro, «in base a una norma del decreto legge potranno essere guidati o da un interno o da un esterno chiamato alla direzione attraverso una procedura aperta, fuori dalle ordinarie regole della pubblica amministrazione, che spero ci consentirà di chiamare persone che vengono da esperienze di gestione di altri musei all’estero o che si sono formate una professionalità specifica».

Si sta lavorando anche «perché altri musei abbiano un loro statuto, una loro autonomia statutaria. Oggi non e’ chiaro quale sia il bilancio di un museo perché e’ tutto confuso».

Il terzo livello e’ quello delle fondazioni miste come il Museo Egizio di Torino e sono previste anche forme di gestione diretta da parte dei privati, «con tutto il buon senso del caso» ha spiegato Franceschini. «Non e’ che privatizzo gli Uffizi – ha aggiunto -, nessuno sta parlando di questo. Si tratta di siti che lo Stato non e’ in grado di gestire o valorizzare perché non ha risorse e che possono essere, con tutte le garanzie scientifiche sulla tutela o altro, essere affidate o a una gestione mista o a una gestione privata».

«Stiamo ragionando – ha spiegato il ministro – su un meccanismo che consenta di identificare criteri sulla base dei quali si scelgono dei beni per questa forma. Penso sia molto più interessante per i privati la forma della fondazione che mescola, come a Torino, privato e pubblico, diversi enti territoriali, e’ una forma intermedia interessante. Abbiamo una serie di opzioni dentro cui sperimentare e scegliere». Un esempio di integrazione tra pubblico e privato può essere il Porto Traiano a Roma «e’ un posto stupendo. È già di un privato – dice il ministro – e la parte pubblica e’ quella archeologica. Su questa c’e’ un’idea straordinaria: collegare il sito che e’ a 500 metri a piedi dall’aeroporto. Se devi aspettare una coincidenza, in 3 minuti sei in uno dei luoghi piu’ belli del mondo, visiti il sito archeologico e poi torni a prendere la l’aereo. Questi vuol dire fare sinergia».

Altra novità rilevante e’ che il parere dei soprintendenti non sarà più inappellabile ma riesaminabile: «abbiamo stabilito che venga riesaminato da una commissione regionale, un organo composto dal direttore regionale, dai soprintendenti e da un direttore del Polo Gran Musei su richiesta di altri enti territoriali interessati» ha spiegato il ministro. Questo a partire anche dal fatto, ha spiegato Franceschini, che «le direzioni regionali assumono un ruolo diverso. Troppo spesso c’e’ una stata sovrapposizione tra direttore regionale e singole soprintendenze, talvolta con conflitti sulle rispettive competenze. Le direzioni regionali tornano ad essere quello per cui erano state immaginate, cioè delle funzioni di coordinamento. Avranno dirigenti di seconda fascia con un compito di coordinamento dei singoli dirigenti e soprintendenti che ci sono nel loro territorio. L’interfaccia con le Regioni».

L’investimento nella cultura comprende anche il turismo «come uno dei settori trainanti nella crescita del Paese» che deve essere «di eccellenza, sostenibile, di qualità ».
Franceschini ha spiegato che il Dpcm parte da una esigenza numerica: «per le norme della Spending review dovevano ridurre nel Mibact 37 dirigenti: 31 di seconda fascia, 6 di prima fascia. Abbiamo scelto di fare una riforma non guardando i nomi e i cognomi. So – ha detto – che ha creato molte tensioni anche all’interno del mio ministero, mi dispiace ma le riforme comportano scelte inevitabili».

Scendendo a livello regionale, ha spiegato il ministro, «vengono accorpate le soprintendenze Belle arti e Architettoniche e andranno nella filiera della direzione generale. E, non capisco – afferma il ministro – le preoccupazioni degli storici dell’arte: dove sta scritto che a guidarla debba essere per forza da un architetto. Si seguiranno le regole, si guarderanno i curricula». (ANSA 30 agosto 2014)

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