Il quotidiano l’Unità mi ha intervistata oggi sulla sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio. L’intervista è stata pubblicata oggi sul sito dell’Unità.
«È una gravissima battuta d’arresto oltre che una figuraccia internazionale: ma come? il direttore della National Gallery è italiano, quello del British Museum è tedesco e noi cosa facciamo? Ci facciamo bocciare le nomine dei manager stranieri da un tribunale amministrativo che sentenzia sui criteri ‘di natura magmatica’ per la selezione dei candidati?»
«Mi sembra una follia oltre che un danno incredibile alla nostra cultura»: così la presidente della commissione Cultura alla Camera Flavia Piccoli Nardelli, una che la cultura l’ha attraversata e respirata da sempre. Una signora che non ama apparire se non quando è strettamente necessario.
Presidente, dopo questa sentenza sarà difficile pensare che l’Italia non sia un Paese provinciale: quanti direttori stranieri vorranno venire a lavorare da noi?
E non ci sarebbe da dar loro torto, visto quanto accaduto. Quello che veramente fa male e fa male al Paese è che per la prima volta c’era una strategia per la cultura: abbiamo passato anni a riordinare il nostro patrimonio e ora che finalmente ci stavamo occupando della sua fruizione, in un modo intelligente perché sinergico, si blocca tutto. Vede, l’errore che hanno fatto in molti sin dall’inizio di questa vicenda, che oggi trova una conclusione surreale, è pensare che si potesse dividere i direttori dei musei, manager che studiano e progettano la divulgazione della cultura girando il mondo, in persone straniere e italiane. Ma come si fa? Il punto era invece un altro ed era questa l’idea alla base della strategia ministeriale: far circolare energie ed esperienze nuove per lavorare in sinergia con le nostre. Questo approccio ha davvero rivoluzionato tutto, ha internazionalizzato i nostri musei, e i risultati si vedono.
Parliamo appunto dei risultati: qual è il valore aggiunto dei manager stranieri?
A parte che continuare a chiamare “stranieri” persone che provengono dall’Europa è una cosa fuori dal tempo, credo che basti vedere i numeri e i progetti dei musei: penso a Urbino, o a Firenze o a Brera. Queste persone hanno portato nuove idee, lavorato per costruire un rapporto virtuoso con il personale, inserito in qualche caso importanti novità sul piano delle tecnologie e aperto ai privati con un importante incentivo al mecenatismo. Hanno portato aria nuova nelle nostre belle, immobili, stanze.
E ora che cosa succede?
Il ministero ha già annunciato il ricorso al Consiglio di Stato, ma il danno di immagine per il nostro Paese è enorme: avevamo la possibilità concreta di una nuova governance del sistema museale italiano, dove persone scelte sulla base dei loro curriculum, a prescindere dalla nazionalità, potessero lavorare per valorizzare sempre meglio il più grande e importante patrimonio culturale al mondo, quello italiano, che è un patrimonio dell’umanità. Certi discorsi coi paraocchi non andrebbero nemmeno fatti. Mi lasciano poi basita le motivazioni che sono alla base della sentenza del Tar che parla di procedura poco chiara e magmatica. Questo è davvero uno schiaffo alla commissione che ha lavorato alla selezione delle candidature, un team composto da persone qualificate il cui valore in campo culturale è riconosciuto a livello internazionale. Ora, speriamo che il Consiglio di Stato si esprima in fretta per rimettere al lavoro i direttori nei musei e continuare nella giusta direzione impressa dal ministro Franceschini, una svolta che tra l’altro è confermata dai numeri visto che i biglietti staccati nei nostri musei sono aumentati del 15%, in controtendenza rispetto al resto d’Europa.