BEGIN TYPING YOUR SEARCH ABOVE AND PRESS RETURN TO SEARCH. PRESS ESC TO CANCEL

Art bonus: 400milioni di donazioni e 13mila mecenati

«Investimento in cultura sia centrale nella valutazione della responsabilità sociale d’impresa»

Il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, ha risposto alla Camera ad un’interrogazione di Flavia Piccoli Nardelli (Art bonus question time 22ott19) che chiedeva gli ultimi dati sui risultati finora raggiunti dalle erogazioni liberali in favore della cultura e dello spettacolo previste dall’art bonus, il credito di imposta del 65 per cento per le donazioni a favore del patrimonio culturale.

Il Ministro Franceschini ha ricordato che «la norma è stata introdotta nel nostro ordinamento con un voto molto largo del Parlamento nel 2014, prima con un oggetto più limitato – gli interventi sui beni culturali pubblici – poi, con alcuni interventi successivi, estesa anche ad altri campi, compresi le fondazioni lirico-sinfoniche, teatri di tradizione e in ogni occasione il Parlamento ha immaginato la possibilità di estenderla ad altri settori.

Naturalmente c’è un problema, come in tutti i campi, di copertura e di costi, ma credo che la strada sia comunque quella di allargare; per esempio, nella legge di bilancio di quest’anno stiamo ragionando e abbiamo ragionato sul suggerire al Parlamento la possibilità di estenderla agli Istituti italiani di cultura all’estero, che sarebbe un costo limitato, ma un segnale importante.

Il bilancio lo giudico assolutamente positivo, importante dal punto di vista dei numeri per il valore materiale e per il valore pedagogico: valore materiale perché stiamo raggiungendo in questi giorni i 400 milioni di donazioni private sul pubblico, esattamente ad oggi 390 milioni e 321 mila euro, sono circa 13.000 (12.860) i donatori, quindi un numero importante.

I percettori vanno per categorie: c’è stata naturalmente, come si immaginava, una grande capacità di raccolta di risorse da parte delle fondazioni lirico-sinfoniche, molto dai comuni, meno altre istituzioni, compreso il mio Ministero, con grandi spazi di miglioramento. Del resto, i comuni erano più abituati a recepire donazioni private che non il Ministero o lo Stato.

C’è un grande squilibrio territoriale, che non è l’unico in Italia, ma va assolutamente corretto. Per intenderci, in Lombardia sono entrati 149 milioni di donazioni, in Sicilia 712 mila euro, in Emilia Romagna 45 milioni e 541 mila euro di donazioni, in Sardegna un milione e 442 mila. Sono grandi squilibri che derivano in parte dalla forza strutturale e imprenditoriale di quei territori, ma in parte derivano anche da una dinamicità che va assolutamente recuperata.

Per questo dico che l’altro valore, quello forse più importante, è il valore pedagogico. I Paesi in cui c’è una grande cultura del mecenatismo e della filantropia hanno quella grande cultura non per caso, ma perché è stata aiutata da decenni di incentivi fiscali per le donazioni private al patrimonio pubblico. Penso al Regno Unito, alla Francia, agli Stati Uniti. Noi l’abbiamo da quattro anni, e quindi è un percorso graduale; prima non si credeva che questa norma avrebbe funzionato, poi che sarebbe rimasta permanente, perché all’inizio era transitoria. Via via le imprese si stanno avvicinando, ma abbiamo ancora molto terreno da recuperare, e io vorrei – concludo con questo – che arrivasse in fretta il momento in cui una grande impresa italiana che non investe nel patrimonio culturale provi senso di colpa, o meglio, si vergogni di non avere destinato una parte delle risorse dei propri utili per la tutela del patrimonio culturale italiano, perché quell’impresa, qualsiasi sia, il prodotto che vende nel mondo, il made in Italy vende nel mondo perché dietro quel prodotto ci sono secoli di saperi, ma c’è anche l’immagine della bellezza, dell’arte e della cultura italiana. E, quindi, investire deve diventare una parte insostituibile per la valutazione dell’impatto sociale del bilancio di qualsiasi impresa, e quindi molto mi aspetto, molto, perché molto possono fare, in particolare dalle grandi imprese italiane che lavorano e esportano nel mondo».