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Gabrielli P. “La guerra è l’unico pensiero che ci domina tutti. Bambine, bambini, adolescenti nella Grande guerra”, Rubettino

«Negli anni della Grande Guerra, una raffinata macchina di propaganda coinvolse militari e civili, tra questi ultimi non furono risparmiati bambini e adolescenti». È un estratto del libro di Patrizia Gabrielli “La guerra è l’unico pensiero che ci domina tutti. Bambine, bambini, adolescenti nella Grande guerra”, presentato alla Camera da Flavia Piccoli Nardelli, la sen. Vanna Iori, alla presenza dell’Autrice.

È un libro «che spero inviti ad una riflessione- spiega l’autrice- sul ruolo e il peso della propaganda, che ha sollecitato una visione manichea del mondo, basata sull’antinomia amico-nemico, che è un grave pericolo. Accadde nella Grande Guerra, con bambini coinvolti in una propaganda pervasiva molto articolata, che toccava mente e cuore».

Il libro indaga su come il conflitto si insinui nelle vite dei giovani testimoni e tra le pieghe della memoria, irrompendo e spezzando la quotidianità, generando conseguenze negative. «Bambini e famiglie- sottolinea Vanna Iori, senatrice PD e membro della Commissione Cultura del Senato- sono le prime vittime della guerra totale. La guerra non coinvolge solo chi è al fronte e la Grande Guerra è stata la prima esperienza davvero totalizzante che ha coinvolto adolescenti e bambini nella perdita, nel contatto con il lutto, il dolore e la morte. E l’attesa del ritorno a volte non c’è’ stata».

Un volume «interessantissimo – aggiunge Flavia Piccoli Nardelli, deputata PD e membro della Commissione Cultura della Camera – che ci dà la chiave della propaganda politica e l’influenza che la comunicazione politica, fin dalla prima Guerra mondiale riesce ad avere sull’opinione pubblica di un Paese».

Bambini e adolescenti  sono i protagonisti di questo volume che, saldando il Genere alla categoria della guerra totale, analizza gli effetti della “cultura di guerra” nella sfera pubblica e privata, le ricadute sulla letteratura e sui giocattoli che, da strumento ludicoeducativo, si trasformano in simbolo dell’appartenenza alla nazione e dello sforzo bellico. Il conflitto si insinua nelle vite dei giovani testimoni e tra le pieghe della memoria, irrompe e spezza la quotidianità, genera conseguenze negative. Il grande evento è per molti portatore di separazioni, rottura di legami familiari e affettivi, ma le “scritture bambine” lasciano affiorare insieme alla materialità dell’esistenza, il loro coinvolgimento, la fascinazione provata. La soglia domestica è oltrepassata dalla forza degli eventi, dalla martellante propaganda capace di far vibrare le corde dell’emotività, di spronare la partecipazione, mentre rappresentazioni e realtà si intersecano restituendo una duplice versione del conflitto bellico: “alla guerra lontana”, di cui parlano le maestre e i tanti giornalini, fa da contro altare la “guerra vicina”, quella vissuta nel quotidiano, che è diverso a seconda dell’appartenenza sociale e di genere. Nella maggioranza dei casi, le due dimensioni, quella della rappresentazione e dell’autorappresentazione, si intrecciano e le prime entrano a far parte dell’esperienza individuale e collettiva, producono emozioni, condizionano giudizi, favoriscono scelte, stimolano l’impegno.