Pubblichiamo il testo integrale dell’intervento di Flavia Piccoli Nardelli al convegno di presentazione del libro di Giovanni Tassani “RESPONSABILITÀ E STORIA I Paulucci di Calboli sulla scena del Novecento”, che raccoglie oltre un ventennio di studi e ricerche svolte dall’Autore al fine di far luce su un casato forlivese che ha espresso e vissuto, con tre suoi significativi esponenti, Raniero, Fulcieri e Giacomo, momenti cruciali della storia italiana e internazionale.
L’incontro si è tenuto il 15 maggio scorso presso l’Istituto Luigi Sturzo. Alla presenza della famiglia Paulucci di Calboli, di rappresentanti delle istituzioni forlivesi e dell’Autore, sono intervenuti: Nicola Antonetti, presidente Istituto Luigi Sturzo; Dario Franceschini, ministro dei Beni Culturali; Giuseppe Parlato, Unint Roma, presidente Fondazione Ugo Spirito – Renzo De Felice; Flavia Piccoli Nardelli, già presidente Commissione Cultura della Camera; Maurizio Serra, rappresentante permanente presso istituzioni Onu, Ginevra.
Di seguito il testo integrale dell’intervento di Flavia Piccoli Nardelli
Responsabilità e storia. I Paulucci di Calboli sulla scena del Novecento
Gli archivi di Raniero, di Fulcieri e di Giacomo Barone, sono stati l’occasione per Giovanni Tassani di approfondire e ricostruire un pezzo significativo della storia diplomatica del nostro Paese, anzi della storia tout-court.
Nulla di nuovo apparentemente rispetto ad un uso intelligente degli archivi. Nuova qui è la lente attraverso cui Tassani ricostruisce incontri ed avvenimenti. Quella di una città, Forlì, che i marchesi Paolucci di Calboli rappresentano negli anni che trascorrono tra la fine dell’800, l’inizio della Prima Guerra Mondiale e l’affermarsi del fascismo nel nostro Paese.
I 200 faldoni dell’amministrazione del patrimonio di casa Paolucci di Calboli testimoniano la gestione di quelle terre durante tutto il ‘900.
I campi scanditi da olmi con filari di vite che costeggiavano la Via Emilia, con le case coloniche a intervalli regolari, il fienile e poche macchine agricole, i carri pieni di barbabietole che andavano allo zuccherificio, come li ricorda Riniero di Calboli junior nel 1996, quando il comune di Forlì gli riconosce la cittadinanza onorari, parte delle vacanze nella sua infanzia segnavano in effetti l’economia della bassa romagnola.
Il racconto di Tassani comincia dai faldoni rilegati in marocchino verde – segno di speranza – che raccolgono il materiale del fondo Dreyfus organizzato da Raniero Paolucci di Calboli, all’epoca giovane segretario di legazione a Parigi e sostenitore della causa degli “innocentisti” nell’Affare Dreyfus.
Sono 53 unità archivistiche (corrispondenze, carte personali, carte relative alle missioni diplomatiche: Lisbona, Berna, Tokio, Madrid, scritti e conferenze) importanti perché raccolgono, oltre all’attività diplomatica, la testimonianza dell’impegno sociale in favore degli immigrati italiani, di quei bambini costretti da contratti iniqui a fare un lavoro faticoso nelle vetrerie francesi, venduti per la miseria del sud ad affaristi senza scrupoli. Il lavoro di approfondimento sociale del marchese Ranieri è frutto di studi sociologici ispirati dal positivismo evoluzionistico che intende applicare nella vita sociale nuovi principi scientifici e giuridici. Sono carte di particolare interesse che registrano il clima a Londra, a Parigi, in Italia alla fine del secolo e all’avvio del nuovo.
Ma a quell’archivio si uniscono le 43 unità archivistiche, fatte di corrispondenza, carte personali, articoli e scritti, albi fotografici di Fulcieri, figlio di Ranieri, eroe nella Prima Guerra Mondiale, reso invalido nel 1917 a seguito di un’azione intrepida sul Carso, che diventa esempio di una rinnovata propaganda per la resistenza dopo Caporetto, che muore alcuni mesi dopo la fine del conflitto per le gravissime ferite riportate.
Quelle carte e il busto marmoreo che Wilt dedica a Fulcieri rappresentano la celebrazione dell’eroismo dell’erede della casata di Calboli, espressione nobile del nazionalismo patriottico che connota la Grande Guerra.
La figura di Fulcieri diventerà quella di un eroico testimone del secolo per il nazionalismo fascista. Rappresenterà quel tentativo di una nuova religione civile che il fascismo vincente svilupperà nel dopoguerra.
E infine, da ultimo le tante carte dell’archivio di Giacomo Paolucci di Calboli Barone, il genero del marchese Raniero, marito di Camilla, diventato Paolucci di Calboli per consentire la sopravvivenza del nome della famiglia.
Sono 335 unità archivistiche, moltissime perché tanti sono gli incarichi ricoperti.
Testimonianza della frenetica attività di un grand commis dello Stato, grande diplomatico, Capo di Gabinetto al Ministero degli Esteri con Mussolini Ministro e poi Vice Segretario Generale alla società delle nazioni a Ginevra e infine, tra il 1933 e il 1940, Presidente dell’Istituto Luce, impegnato nel suo rilancio. Ambasciatore Straordinario in estremo oriente e poi a Bruxelles ed infine a Madrid, in sedi particolarmente delicate durante la Seconda Guerra Mondiale.
Come tutti voi capite sono archivi di straordinario interesse, già depositati dal 1991 presso l’Archivio di Stato di Forlì, alla Biblioteca comunale Aurelio Saffi, per volontà della contessa Simonetta Benaglia della Roglia, secondo le intenzioni del marito ambasciatore Rinieri Paolucci di Calboli, scomparso nel 2011.
Il 2 maggio di quest’anno, qualche settimana fa, la contessa Paolucci di Calboli ha perfezionato la donazione al Sindaco del Comune di Forlì, completando così l’opera iniziata per volontà del marito.
Questi archivi sono parte centrale di un progetto su cui il Comune di Forlì lavora da qualche anno: fare di Forlì il modello di città del ‘900- Per questo portare a unità un complesso documentale di rilevanza nazionale e internazionale, profondamente connesso con la storia della città, creare le condizioni per una valorizzazione complessiva degli archivi e dei fondi della Biblioteca cittadina relativi al ‘900 attraverso un progetto di digitalizzazione e di divulgazione, diventano parte essenziale che consente di costruire il progetto di Forlì città del ‘900.
Il coinvolgimento da parte del Comune di altri soggetti, la Fondazione Cassa di Risparmio di Forlì, la Regione Emilia Romagna, il CNR ma anche il Mibact, il Ministero degli Affari Esteri, l’Università di Bologna e il Campus di Forlì con il Dipartimento di scienze politiche ad indirizzo internazionale e, infine, l’Istituto Luce, mirano appunto alla costruzione di questo progetto che confermi il carattere di Forlì come luogo privilegiato per lo studio del ‘900.
Il patrimonio architettonico del periodo fascista, espressione di rilievo del più ampio movimento modernista che ha caratterizzato a livello internazionale la prima metà del secolo, la città di Nuova Fondazione Predappio, la modernizzazione di Forlì e della Romagna sono tutti elementi parte del progetto che trovano riscontro in questi archivi che raccolgono carte di intellettuali, politici, diplomatici, e testimoniano la preziosa memoria storica e culturale della città e del suo territorio.