BEGIN TYPING YOUR SEARCH ABOVE AND PRESS RETURN TO SEARCH. PRESS ESC TO CANCEL

Alla Camera discussione generale su educazione civica a scuola

Flavia Piccoli Nardelli è intervenuta alla Camera nella discussione generale sul testo unificato delle 16 proposte di legge di iniziativa popolare e parlamentare per l’introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica.

Un provvedimento che ha contributi pregevoli e «di cui riconosciamo l’importanza ma non rinunciamo a chiedere con forza, almeno per la scuola secondaria superiore, il recupero di risorse per un insegnamento curricolare affidato alla responsabilità disciplinare storico-giuridica.
Così come non rinunciamo a chiedere maggiori investimenti in tema di formazione degli insegnanti e maggiore organicità nell’affrontare tematiche così significative».

Di seguito il testo integrale dell’intervento di Flavia Piccoli Nardelli nella discussione generale di lunedì 29 aprile 2019.

CAMERA DEI DEPUTATI – XVIII LEGISLATURA
RESOCONTO STENOGRAFICO DELL’ASSEMBLEA
SEDUTA N. 167 DI LUNEDÌ 29 APRILE 2019

Testo unificato delle proposte di legge: Capitanio ed altri; Gelmini ed altri; Dadone ed altri; Battilocchio ed altri; Toccafondi ed altri; Comaroli ed altri; Gelmini; Mura ed altri; Schullian ed altri; Pella; d’iniziativa popolare; Frassinetti ed altri; Nesci ed altri; Lattanzio ed altri; Fusacchia; Brunetta e Aprea; Misiti: Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica (A.C. 682-734-916-988-1166-1182-1425-1464-1465-1480-1485-1499-1536-1555-1576-1696-1709-A) (Discussione)

FLAVIA PICCOLI NARDELLI (PD). Presidente, la proposta di iniziativa popolare dell’Anci per l’introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica risponde ad una domanda che viene da lontano, che trova nell’idea di cittadinanza attiva, di valori civici condivisi la sua forza. E noi ne capiamo a pieno la portata.

Per questo a quella proposta di legge di iniziativa popolare si sono affiancate le altre 16 proposte di legge di iniziativa parlamentare che portano la firma pressoché di tutti i Gruppi politici presenti in questo Parlamento.

Questa è la riprova evidente che c’è condivisione su quella che è una responsabilità psicopedagogica e politica da tutti avvertita. E che viene dalla promulgazione stessa della Costituzione: settant’anni anni di riflessioni, di ricerche, di sperimentazioni, non sono però purtroppo bastati a fare chiarezza e a portare ai risultati che tutti noi abbiamo auspicato.

L’ordine del giorno di Aldo Moro dell’11 dicembre 1947, votato all’unanimità dall’Assemblea Costituente, chiedeva che la nuova Carta costituzionale trovasse senza indugio adeguato posto nel quadro didattico delle scuole di ogni ordine e grado, al fine di rendere consapevole la giovane generazione delle raggiunte conquiste morali e sociali …

Quell’ordine del giorno è unanimemente considerato il principio originatore della funzione democratica della scuola nel nostro Paese.

Da quel primo ordine del giorno molti furono gli interventi, le proposte, i programmi varati e sperimentati, le leggi approvate e poi purtroppo spesso disattese.

Da quella del DPR 13 giugno del 1958 voluto proprio da Moro, in quell’anno ministro della Pubblica Istruzione, che in quel decreto precisa che cosa si debba intendere per educazione civica (lineamenti essenziali della Costituzione, diritti e doveri dei cittadini, lavoro e sua organizzazione e tutela, organizzazioni sociali di fronte allo Stato, nozioni generali sull’ordinamento dello Stato, principi della cooperazione internazionale) tutti elementi che troviamo virtuosamente riproposti nell’art. 3 di questa legge, continuando con la proposta di Guido Gonella che sosteneva la locuzione “civile” invece di “civica”, allargandone il senso e il significato, e con Sturzo che avvertiva: «se (la Costituzione) cade dal cuore del popolo… se non entra nella coscienza nazionale, anche attraverso l’insegnamento e l’educazione scolastica, verrà a mancare il terreno sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà».

Per arrivare poi nel 1979 alle retromarce sul pur minimo spazio orario da dedicarle, fino a quella trasversalità contestata per la sua vaghezza che significava di fatto indebolire il testo di Moro.

Lo aveva riconosciuto don Milani, quando aveva detto: «un’altra materia che non fate è educazione civica. Qualche professore si difende dicendo che la insegna dentro altre materie. Se fosse vero sarebbe bello. … Dite piuttosto che è una materia che non conoscete…Voi avete più in onore la grammatica che la Costituzione».

A ricordare il compito della scuola in proposito fu anche un intervento del presidente Giorgio Napolitano: «è importante che la Carta Costituzionale venga sistematicamente insegnata e analizzata nelle scuole italiane, per offrire ai giovani un quadro di riferimento indispensabile per costruire il loro futuro di cittadini, consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri».

Si arrivava così fino alla legge 169/2008 a firma Gelmini che univa “cittadinanza e Costituzione”: la “cittadinanza” è un termine che indica un complesso di status e di ruoli che il singolo vive ed esercita nella società; la “Costituzione” è, nel nostro contesto normativo, la legge fondamentale della Repubblica italiana, in costante interazione con tutte le istituzioni, in ambito nazionale e internazionale. Il legame proposto dal testo della 169/2008 riconosce una forte relazione fra i due principi, che si legittimano e si arricchiscono a vicenda.

Purtroppo accanto ai 138 articoli della Costituzione si sono via via assommati i molteplici contenuti di un’educazione civica dall’ambito che rischia di essere troppo largo e indefinito. È una tentazione molto difficile da combattere vista l’urgenza per l’insorgere di comportamenti devianti all’interno della scuola, di cui molto hanno parlato oggi i Colleghi che mi hanno preceduto.

Abbiamo visto in questi giorni nei lavori della Commissione Cultura, che la volontà unanime di “far bene” si è scontrata, da un lato, con la difficoltà oggettiva di un curricolo scolastico troppo carico di materie, e dall’altro lato con la scarsità di risorse economiche a fronte di un investimento necessariamente oneroso.

Ecco perché, pur ribadendo tutto quello che in settant’anni anni si è raccolto in termini di riflessione, consapevolezza e condivisione su questa materia, non possiamo dirci soddisfatti dei risultati prodotti.

Anzi, i rischi di un ritorno all’indietro appaiono molto forti. Molte ottime sperimentazioni sono in corso da tempo e rischiano oggi di essere vanificate senza utili approfondimenti.

Negli anni è stato l’ambito storico umanistico a farsi carico dell’insegnamento della materia negli Istituti superiori riducendo il tempo a disposizione per l’insegnamento della storia contemporanea e portando con sé un impoverimento di portata evidente per tutti coloro che si occupano di scuola.

Oggi si parla di ambito economico-giuridico, ma questo può valere solo per un numero limitato di indirizzi scolastici.

Inoltre, abbandonare la dizione “cittadinanza e Costituzione” lascia intatti, a mio avviso, problemi non risolti.

Per questo sosteniamo fortemente sia l’opportunità di una formazione ad hoc per i nostri insegnanti, sia la necessità di un orario ben definito dedicato all’insegnamento di questa materia, soprattutto per la scuola secondaria, sia, infine, l’inopportunità di caricare l’educazione civica di ogni emergenza educativa comparsa nel quadro scolastico.

Accettiamo la trasversalità come male minore di fronte alle difficoltà per ora irresolubili di un affidamento curricolare.

Ci sono contributi pregevoli nella legge: l’art. 5 e il riconoscimento dell’importanza oggi del digitale, l’art. 6 là dove prevede accordi di rete con l’università e centri di ricerca, l’art. 7 che coinvolge la famiglia riconoscendo l’esigenza di un’alleanza fondamentale per la scuola.

Riconosciamo tutti insieme però, Presidente, gli elementi di fragilità di questa legge: l’art. 2 là dove al comma 4 parla di contitolarità dei docenti della classe e, al comma 5, che individua per ciascuna classe un docente con compiti di coordinamento a cui non sono dovuti compensi, in base al comma 7.

E soprattutto l’art. 11 che è la vera cartina al tornasole di questa legge là dove si dice che il Miur presenta con cadenza biennale alle Camere una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, anche in prospettiva di un’eventuale modifica dei quadri orari che aggiunga l’insegnamento di educazione civica.

Questo era l’obiettivo vero della legge che purtroppo fallisce il suo proposito dato che l’art. 12 che precisa che dall’attuzione delle disposizioni della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Noi voteremo questa legge di cui riconosciamo l’importanza ma non rinunciamo a chiedere con forza, almeno per la scuola secondaria superiore, il recupero di risorse per un insegnamento curricolare affidato alla responsabilità disciplinare storico-giuridica.

Così come non rinunciamo a chiedere maggiori investimenti in tema di formazione degli insegnanti e maggiore organicità nell’affrontare tematiche così significative. (Applausi).