La scuola sta all’incrocio delle generazioni, è il luogo delle eredità e della consegna, della trasmissione e della generatività. È spazio di incontro e di scambio, è trasmissione e innovazione, è memoria e progetto. Qui sorge e trova risposta la domanda di conoscenza che è anche domanda sul senso e il valore della vita.
Così in relazioni significative e forti nascono esperienze complesse, comprese quelle che chiamiamo competenze di cittadinanza.
È la scuola, sono gli insegnanti che facendo memoria del passato e analisi del presente consegnano ai giovani anche il modo di interpretare il futuro per costruire convivenze giuste, aperte, responsabili.
Proporre e far maturare negli allievi sensibilità e valori, criteri di scelta, capacità di visione e spirito di avventura: è un compito sfidante.
Per una scuola che c’è, che va conosciuta meglio e va soprattutto sostenuta.
Sono insegnanti che abbiamo, insegnanti che, anche in tempi di crisi e di smarrimento educativo, lavorando controcorrente, continuano ad amare il proprio mestiere.
Ma c’è bisogno di riconsiderare la dignità e le esigenze di questo compito.
C’è bisogno che la società torni a sentire l’importanza della scuola e della funzione degli insegnanti. E ne dia visibile riconoscimento anche perché è dalla scuola e dagli insegnanti che dipende trasmissione e rigenerazione del sapere che è la vera ricchezza delle economie moderne.
E allora cominciamo col riconoscere che il lavoro di molti insegnanti è, più di altri, un lavoro a tempo pieno, a tempo totale. Dobbiamo sapere che quando un insegnante legge un libro, visita un museo, partecipa ad un corso o a una conferenza, impara una lingua, è uno che sta lavorando per noi, per la sua scuola, per i suoi ragazzi.
Credo sia opportuno ricordare il recente Decreto Legislativo n. 60 che detta molte norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno alla creatività.
Si tratta di indicazioni e opportunità offerte agli alunni, ma sono opportunità e devono essere riconosciute all’insegnante perché “la conoscenza storico-critica del patrimonio culturale e l’esperienza diretta delle sue espressioni (…) e lo sviluppo della creatività sono esigenze vitali anche e soprattutto al fine di riconoscere la centralità dell’uomo, affermandone la dignità, le esigenze, i diritti e i valori” (art.1 comma 1)
Va ricordato anche come con la “Buona scuola” abbiamo lavorato per ridefinire e dare forza al profilo degli insegnanti come persone di cultura e come il contributo riconosciuto annualmente per il loro aggiornamento culturale.
Inoltre con la card da 500 euro i docenti hanno potuto beneficiare di un plus (bonus) da spendere in attività di formazione e aggiornamento culturale o professionale. Si tratta di una prima iniziativa importante per migliorare le possibilità di crescita degli insegnanti, riconoscendo anche il ruolo culturale che svolgono. La Carta del docente, in questo senso, ha sancito l’introduzione di un sistema di benefici che sono necessari alla peculiarità della professione docente e che segnano un passaggio significativo nel nostro modo di pensare tale professione.
Questo a conferma di quello che considero un punto fondamentale del lavoro portato avanti in questi cinque anni in Commissione Cultura: tenere insieme il lavoro della scuola con quello fatto sui beni culturali, perché nell’intreccio virtuoso di queste doppie competenze sta il recupero della dignità, del riconoscimento sociale, del merito e deve essere riconosciuta la figura dell’insegnante.
Proprio la crisi e le sfide di cambiamento che stiamo vivendo ci chiedono di ripensare in questa direzione l’esperienza educativa e i processi formativi.
L’esigenza è quella di rilanciare quell’idea di comunità educante che ha ritrovato spazio e definizione anche nell’ultimo contratto per la scuola (art. 24) firmato pochi giorni fa.
È da un’idea alta ed esigente di comunità di valori, di cultura, di pratiche, di ricerca, di partecipazione che si può e si deve ripartire insieme. La nostra società ha ancora un grande debito nei confronti di questa scuola, nei confronti della scuola che c’é. Un debito che la politica deve riconoscere e deve saldare.