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Una legge per il libro e la lettura. Pronti, via?

Pubblichiamo la versione integrale dell’intervento che Flavia Piccoli Nardelli ha svolto al Salone del Libro di Torino in cui ha illustrato il lungo lavoro svolto dalla Commissione Cultura della Camera per dare alle politiche pubbliche a sostegno della filiera del libro un quadro organico e strutturato, in attuazione del principio di eguaglianza sostanziale, consacrato dall’articolo 3 della Costituzione.

Alla tavola rotonda dello scorso 11 maggio hanno partecipato: Paolo Ambrosini, Roberto Calari, Cecilia Cognigni, Ricardo Franco Levi, Cristina Giussani, Romano Montroni, Andrea Palombi, Flavia Piccoli Nardelli, Giovanni Solimine.

Di seguito il testo integrale dell’intervento di Flavia Piccoli Nardelli

UNA LEGGE PER IL LIBRO E LA LETTURA. PRONTI, VIA?

 

«Buonasera a tutti, considero importantissimo il nostro incontro di oggi per i suggerimenti e le suggestioni che ognuno dei Relatori ha portato.

Non vi nascondo che aggiornano il quadro di riferimento di come si sta modificando il mondo del libro che seguo personalmente con passione da anni.

Il testo di legge Giordano-Zampa (1504) frutto di due proposte unificate, è stato oggetto di lungo lavoro da parte della Commissione Cultura della Camera nella legislazione appena conclusa.

Il testo non è arrivato a compimento, ma molte misure specifiche frutto di quel lavoro sono state approvate.

Ne ha parlato Dario Franceschini ieri al salone. E d’altra parte due anni fa, al Salone del libro, il Ministro aveva promesso l’abbattimento dell’IMU per le librerie e dieci giorni fa un decreto attuativo ha definito le forme di defiscalizzazione per le librerie, per tutte le librerie, compresa l’IMU.
Anche per questo ho presentato in questi giorni, con l’on. Anna Ascani, una proposta di legge quadro per la promozione del libro e della lettura.

È di questo che vorrei parlare oggi, anche sulla base di quanto hanno detto i relatori che mi hanno preceduto.

Il testo di legge va costruito insieme e oggi molte idee sono già emerse.

Sono convinta che questa sia anche l’occasione per ragionare in modo più ampio delle politiche di rilancio della domanda di cultura e, all’interno di questa, della domanda di lettura.
Giovanni Solimine intervenendo in campagna elettorale, alla fine di gennaio scorso, commentava a fronte dell’evidenza che la cultura non fa guadagnare consensi che “i politici preferiscono affidarsi a slogan efficaci e a pochi concetti”. Ma aggiungeva anche che “l’approfondimento e la complessità sembrano incompatibili con la vita di oggi”.

Il nostro Paese soffre di un male diffuso che Tullio De Mauro ha definito “analfabetismo funzionale”; in precedenza, avevamo usato un’espressione non esattamente sinonima, quella di “analfabetismo di ritorno”.

Naturalmente, l’analfabetismo funzionale viene contrastato su molti fronti e la Commissione Cultura, nella legislatura appena terminata, si è concentrata, in particolare, sul tema della ripresa del consumo dei libri, promuovendone l’acquisto mediante misure e azioni volte a dare piena attuazione al principio di eguaglianza sostanziale, consacrato nel secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione.

Sappiamo però che una grande sfida per le democrazie contemporanee è data dall’universalizzazione delle opportunità sociali. È convinzione diffusa tra gli studiosi che l’aumento dell’area della libertà — intesa come strumento di crescita — non sia sufficiente, perché l’esercizio della libertà ha bisogno di azioni concrete: la capacità democratica di una società si misura, quindi, sul terreno della socialità e delle garanzie effettive che essa è in grado di attivare.

Ecco perché è più che mai opportuno conferire alle politiche pubbliche inerenti alla filiera del libro un quadro organico e strutturato. Per questo abbiamo investito tanto in cultura. E per questo abbiamo presentato una proposta di legge quadro perché il libro, a nostro avviso, merita di più di quanto siamo riusciti ad ottenere nella legislatura appena conclusa.

Ma cosa si è ottenuto? Vogliamo riprendere i punti di cui si è parlato?

► Il Fondo per il libro e la lettura istituito con la legge di Bilancio 2018 (comma 318, art. 1, della L. 27 dicembre 2017, n. 205) è un primo risultato ma va rifinanziato.

► I provvedimenti in favore delle biblioteche che hanno visto aumentare le dotazioni di organico e i fondi per la gestione corrente o per gli interventi di messa in sicurezza passando da 5 a 21 milioni di euro.

► La creazione delle biblioteche scolastiche innovative (Decreto n. 851 del 27 ottobre 2015 – Piano Nazionale Scuola Digitale), di cui ci parla diffusamente Gino Roncaglia nel suo ultimo libro “L’età della frammentazione”.

► L’art bonus previsto anche per le biblioteche di pubblica lettura sia per interventi in conto capitale, sia per la gestione ordinaria (sono state raccolte erogazioni liberali per 2.493.625,18 euro. Tra le regioni più virtuose primeggia il Piemonte che ha raccolto 1.386.624,42 €).

► La 18app, il bonus di 500 euro per i neo-diciottenni da spendere in acquisti culturali che ha fatto registrare in quasi 13 mesi, dal 3 novembre 2016 al 30 novembre 2017, una spesa in libri di 131.841.986 milioni di euro, ben l’80,6% dei totali 163.660.000 spesi in cultura e che oggiè arrivata a 220 milioni di euro per 750 mila giovani acquirenti.

[Il dato interessante è che manca ancora un mese e mezzo alla fine della registrazione per i nati nel 1999 (scade il 30.6.2018) e gli iscritti sono già più di quelli del 1998. Inoltre, hanno già speso 10 milioni in più rispetto ai ragazzi del ’98. Al momento il trend è circa 17% di spesa in libri in più e quasi 30% in più sul totale, ripartiti al 50% fra acquisti in libreria e on.line. ]

► Infine, le agevolazioni fiscali per le librerie previste dalla legge di Bilancio 2018 (commi da 319 a 321, art. 1, della L. 27 dicembre 2017, n. 205) e applicate con il decreto attuativo del 24 aprile scorso, che, come ha ricordato Cristina Giussani, rappresentano un primo interessante nuovo modo di aiutare le librerie.

Gli esercizi commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri nuovi e usati possono accedere al tax credit nella misura massima di 20.000 euro per gli esercenti di librerie indipendenti e di 10.000 euro per gli altri. Il credito d’imposta è parametrato agli importi pagati con riferimento ai locali dove si svolge la medesima attività di vendita di libri al dettaglio, quali: IMU (massimale 3.000 euro), TASI (massimale 500 euro), TARI (massimale 1.500 euro), imposta sulla pubblicità (massimale 1.500 euro), occupazione di suolo pubblico (massimale 1.000 euro), spese per locazione (massimale 8.000 euro, al netto dell’IVA), spese per mutuo (massimale 3.000 euro), contributi previdenziali e assistenziali per i dipendenti (massimale 8.000 euro).

Alla fine dello scorso aprile è stato firmato il decreto attuativo dai ministri del Mibact e del Mef, con le disposizioni applicative del tax credit per le librerie.

È un atto concreto di tutela delle librerie indipendenti e favorisce in particolare le librerie dei piccoli centri, spesso l’unico luogo di aggregazione culturale della comunità. Nel ripartire il totale delle risorse disponibili, infatti, il credito d’imposta verrà infatti riconosciuto in una prima fase agli esercenti dell’unica attività commerciale nel settore della vendita al dettaglio di libri presenti nel territorio comunale e successivamente agli altri aventi diritto.

► Ma ancora la liberalizzazione della riproduzione con mezzi propri delle immagini di materiale librario.

► E l’IVA agevolata per tutti i libri digitali o analogici in Europa.

► Ricordo ancora l’indagine conoscitiva sulle BUONE PRATICHE DELLA DIFFUSIONE CULTURALE, svolta dalla Commissione Cultura della Camera nell’ultimo semestre della legislatura appena trascorsa, e quanto è emerso in questo ambito: anzitutto – come ha ricordato Ricky Levi – che il mercato del libro in Italia (pari a circa 3 miliardi di euro) vale 12 volte quello della musica e 7 volte quello del cinema.
Numerose sono le buone pratiche sperimentate sui territori, che i loro promotori e rappresentanti ascoltati in audizione ci hanno raccontato:

• il ruolo dei saloni del libro, luoghi di presidio e promozione di pensiero critico, da quello consolidato di Torino – che oggi ci ospita – all’aggiunta di Milano con tempo di libri, dove – dopo l’iniziale diffidenza legata alla concorrenza del capoluogo lombardo, in un settore già in sofferenza – si è registrata la diffusione dell’idea di una potenziale moltiplicazione di opportunità nella diffusione culturale e nella vendita di libri; sino al salone dell’editoria indipendente BookPride di Milano, che raggruppa gli editori indipendenti medi e piccoli e si pone come parallelo milanese di Più libri più liberi di Roma.

• E quello delle fiere: dalla fiera della piccola e media editoria, che si tiene tutti gli anni a Roma, nel mese di dicembre (Più libri più liberi); alle iniziative di promozione libraria, organizzate dall’AIE in collaborazione con il MIUR e con le Regioni: Nati per leggere e Io leggo perché; ma anche altre iniziative importanti, come i “Reading al buio”, da un’idea della Fondazione libri italiani accessibili, rivolta alle persone ipovedenti e non vedenti.

• Ma soprattutto le attività di animazione culturale: da BOOKCITY a Milano che – diversamente dalle fiere – è un’iniziativa diffusa sul territorio, che dissemina per la città eventi di lettura e di presentazione di libri, promuovendo il piacere della lettura, sino all’Associazione Le Colonne di Sezze Romano (LT), che porta avanti progetti di coinvolgimento dei cittadini in letture pubbliche.

• E le reti spontanee di cittadini: dalle letture collettive ai Circoli di lettura, diffusi in modo capillare dal nord al sud della penisola, come Pordenonelegge e i Presìdi del libro in Puglia.

• Ma anche la pratica della lettura condivisa: i gruppi di lettura sono un fenomeno in crescita che, lungi dal configurarsi come puro entertainment, sottrae la lettura alla sua tradizione solitaria, per trasportarla in una dimensione comunitaria e collettiva, che si nutre di discussione sul libro scelto, qualcosa che va oltre la lettura stessa e diventa la messa in comune di un’esperienza.

• Infine il ruolo delle biblioteche: esperienze strutturali, non episodiche o ricorrenti, che fungono da avamposti stabili di contrasto dell’analfabetismo di ritorno e di promozione della lettura, tra cui si sono segnalati esempi virtuosi, come la “Fornace di Moie” di Maiolati Spontini (AN), la Fondazione Giorgio Cini e l’Istituto Veneto di Scienze, lettere e arti, entrambe a Venezia; la Biblioteca dei Gerolamini di Napoli e quella di Palazzo Tarallo, nel quartiere dell’Albergheria, a Palermo; la Biblioteca provinciale dei frati minori Cappuccini di Bologna, l’Istituto Ernesto de Martino, a Sesto Fiorentino.

Un’enorme esperienza, una grandissima vitalità.

Ciò nonostante non siamo riusciti, nonostante un lungo e serio lavoro a portare il testo al voto dell’Aula. Ecco perché in apertura di questa XVIII legislatura abbiamo presentato un progetto di legge “quadro” per la promozione del libro e della lettura, per riproporre quel disegno di legge complessivo che il libro merita.

Abbiamo un esempio virtuoso: nella XVII legislatura una legge “quadro” “Disciplina del cinema e dell’audiovisivo” (Legge n. 220/16 del 14 novembre 2016), ha visto la luce e rappresenta un modello su cui vale la pena lavorare.

Il provvedimento tratta in modo sistematico l’intero comparto del cinema e dell’audiovisivo in tutte le sue diverse fasi: sviluppo e pre-produzione; produzione; post-produzione; distribuzione; esercizio. Nata come disegno di legge governativo collegato alla manovra di finanza pubblica, la nuova disciplina del cinema ha assorbito anche le proposte di legge presentate in sede parlamentare e prevede – oltre a tre importanti deleghe nei settori della tutela dei minori, del lavoro e della promozione delle opere europee – cinque principali linee di intervento: le risorse finanziarie; i profili organizzativi; le definizioni e i requisiti per accedere ai contributi; il finanziamento e la fiscalità; le misure a carattere straordinario.

Ventuno decreti attuativi, di cui 2 ancora alla firma, per realizzare la riforma di un settore, che da tempo attendeva una operazione sistematica di riordino e l’adozione di misure più consistenti e maggiormente incisive per il sostegno al cinema e all’audiovisivo: la creazione di un fondo autonomo per il sostegno dell’industria cinematografica e audiovisiva che pone fine alla discrezionalità nell’attribuzione dei fondi, che rende disponibili 400 milioni di euro l’anno, oltre 150 milioni in più rispetto al passato, e introduce sistemi automatici di finanziamento con forti incentivi per i giovani autori e per chi investe in nuove sale e a salvaguardia dei cinema storici; si incentiva la promozione delle coproduzioni internazionali e la circolazione e distribuzione della produzione cinematografica e audiovisiva, italiana ed europea, in Italia e all’estero; assicura la conservazione e il restauro del patrimonio filmico e audiovisivo nazionale; cura la formazione professionale; sostiene l’educazione all’immagine nelle scuole; favorisce la più ampia fruizione del cinema e dell’audiovisivo, tenendo conto anche delle specifiche esigenze delle persone con disabilità; valorizza il ruolo delle sale cinematografiche e dei festival cinematografici.

È evidente che si è arrivati ad una legge di sistema di questo genere dopo anni di guerre reciproche quando tutta la filiera del mondo del cinema, grandi e piccoli produttori, ha deciso di lavorare in modo concorde.

Ancora alcune note.

Avete parlato del mercato del libro, della difficoltà di avere dati omogenei. Voglio sottolinearlo perché è difficile fare buone leggi senza dati precisi.

Inoltre per orientarsi nella giungla informativa, è necessario essere dotati di adeguati strumenti di valutazione delle notizie e di approccio critico.

Poiché è sempre più difficile per molti utenti distinguere il falso dal vero, è fondamentale che ciascuno sia posto in condizione di accedere con consapevolezza al pluralismo delle fonti, in modo da maturare una propria autonoma ed equilibrata visione di quanto circola sui media in genere.

Questo è un compito precipuo delle politiche pubbliche: solo la scuola e i servizi culturali, tra i quali è la lettura, possono permettere a tutti di avvicinarsi ai contenuti proposti a vari livelli con spirito critico e valutativo, apprezzando l’ampio ventaglio di potenzialità che tale mondo offre.

La promozione della lettura è dunque l’obiettivo prioritario di una politica culturale che mira a portare i nostri dati nella lettura a livelli europei e che considera il metodo dell’interconnessione un decisivo antidoto alla frammentazione del sistema culturale, la cui ricchezza ed eterogeneità tende spesso a tradursi in un sintomo di debolezza, piuttosto che di forza, del nostro Paese.

Per rilanciare la domanda di libri, nell’ambito della più ampia domanda culturale, nella legislatura appena avviata la legge “quadro” sul libro e la lettura dovrebbe prevedere:

• forme di defiscalizzazione sull’acquisto in base alla situazione ISEE, in vista del duplice obiettivo di raggiungere nuove fasce di pubblico e di offrire opportunità concrete di avvicinamento al mondo del libro a coloro che non vi hanno familiarità, a causa della scarsità di risorse materiali;

• un Piano nazionale per la promozione della lettura con la finalità di promozione della pratica della lettura e di garanzia di accesso privo di discriminazioni ai servizi ad essa collegati;

• rifinanziare il Fondo per la promozione della lettura, già istituito dalla legge di bilancio per il 2018;

• sul versante dell’offerta, alla luce della tendenza alla concentrazione che si riscontra nel mercato editoriale, sostenere le imprese editoriali;

• possibilità per le librerie indipendenti di acquisire il titolo di “librerie di qualità”, in vista di future eventuali agevolazioni finanziarie e fiscali;

• interventi sulla legge sul massimo sconto applicabile, la legge Levi. Per evitare che la norma venga aggirata, per ridare ordine al mercato delle promozioni selvagge, per evitare il cross-merchandising, per limitare eventualmente lo sconto al 5%;

• interventi sul mercato della scolastica, di fronte al rischio di concentrazioni dovute ai forti investimenti necessari per adeguarsi al digitale.

Tutti temi che vanno pensati e pesati. Che abbiamo in parte già affrontato. Che hanno bisogno del lavoro concorde di tutti per trovare un ordinato quadro di riferimento.

Cose già dette, già sperimentate, come abbiamo visto in altri settori culturali ma che non per questo restano meno vere e meno cogenti.

Una società che metta al centro la persona e il suo adeguato sviluppo, in termini di responsabilità e di consapevolezza, dove costruire meccanismi capaci di affiancare alla fondamentale dimensione scolastica e formativa l’impegno attivo della società civile. Una partita davvero cruciale, alla quale nessuno di noi può dirsi estraneo e che ci vede tutti coinvolti, ciascuno nei propri settori di impegno e di intervento.

Non posso immaginare — io che provengo dagli istituti culturali e mi sento a mio agio tra le carte d’archivio — un mondo senza libri. Ma ancor meno posso e voglio pensare a un mondo senza lettori, che attraverso la loro esperienza di lettura, personale o collettiva che sia, rendono quelle pagine sempre vive e attuali, affinché gettino semi fecondi per il nostro presente e per quel futuro di cui siamo tuttora responsabili, per coloro che lo abiteranno dopo di noi.

Come ha dichiarato ieri il Ministro Franceschini, anche io ribadisco che l’investimento in cultura non va interrotto. Il mio auspicio è davvero che il nuovo governo confermi la centralità delle politiche culturali nelle proprie scelte strategiche.

Grazie»