BEGIN TYPING YOUR SEARCH ABOVE AND PRESS RETURN TO SEARCH. PRESS ESC TO CANCEL

L’età della frammentazione – Cultura del libro e scuola digitale

Pubblichiamo l’intervento di Flavia Piccoli Nardelli alla presentazione del libro di Gino Roncaglia “L’età della frammentazione – Cultura del libro e scuola digitale”, che si è svolta il 17 maggio scorso, a Roma presso la Scuola Nazionale dell’Amministrazione.

Al dibattito hanno partecipato: Derrick de Kerckhove, Antonio Fini, Flavia Piccoli Nardelli, Francesco Sabatini e Stefano Battini.

Di seguito il testo dell’intervento di Flavia Piccoli Nardelli

“L’età della frammentazione – Cultura del libro e scuola digitale” di Gino Roncaglia

Gino Roncaglia è stato consulente del Miur su importanti provvedimenti legislativi, ma lo è stato anche per la Commissione Cultura della Camera nella XVII legislatura da poco conclusasi. Per questo sono importanti le sue proposte sull’istruzione messe a sistema, perché il suo libro raccoglie il frutto di anni di impegno sul tema, come studioso, docente, e come consulente.

Il suo è, infatti, un libro di “politica scolastica” che offre una visione d’insieme ricca di indicazioni operative a proposito dei contenuti da fornire, che devono essere “complessi e articolati”, come sostiene con interessanti argomentazioni.

Roncaglia ha contribuito al Piano nazionale scuola digitale su cui c’è stato un investimento di 1 miliardo.

Un buon primo passo, a suo dire, che però presenta ancora limiti nella sua attuazione.
Giovanni Solimine alla fine dello scorso gennaio, (intervenendo in campagna elettorale) commentava che la cultura non fa guadagnare consensi e che “i politici preferiscono affidarsi a slogan efficaci e a pochi concetti”. Ma aggiungeva anche che “l’approfondimento e la complessità sembrano incompatibili con la vita di oggi”. Mi è tornato in mente leggendo la prima parte del libro di Roncaglia.

Oggi nel mondo digitale del web prevalgono contenuti frammentati, brevi: mail, post, tweet. Singoli contenuti granulari relativamente poco complessi, caratterizzati da una vasta partecipazione degli utenti al processo di costruzione delle informazioni pubblicate, ma da una bassa complessità ‘verticale’ dei contenuti prodotti.

La tesi di Roncaglia è che i contenuti digitali non siano granulari e frammentati di loro natura, ma che il fenomeno si debba principalmente alla giovinezza del sistema. È probabile ed è senz’altro auspicabile, a mio avviso, che con il tempo le informazioni saranno costruite in maniera più complessa e più strutturata.

Ciò già accade su piattaforme dedicate alla “long form”.

I ragazzi hanno bisogno di complessità, di un quadro d’insieme, di competenze e conoscenze organizzate. Il mondo stesso è complesso, non lo si può capire e analizzare in termini eccessivamente semplificati.

La soluzione naturalmente non è ancorarsi al libro di testo tradizionale: il linguaggio dei giovani è quello della multimedialità e della rete. Cambiare è indispensabile.

Serviranno infrastrutture tecnologiche, insegnanti formati, piattaforme più omogenee tra i diversi marchi della scolastica.

A questo fine sarebbe utile una sperimentazione congiunta di più editori, con la collaborazione diretta del mondo della scuola.

Il libro di Roncaglia è fascinoso, pieno di immagini ardite. Nella prima parte del volume l’evoluzione del mondo digitale è paragonato alle fasi del progresso umano, dove i primi siti internet vengono paragonati all’opera di uomini cacciatori-raccoglitori, mentre quelli successivi rappresentano l’espressione di mondi di artigiani e di commercianti. L’attuale fase del mondo digitale potrebbe essere rappresentata, secondo l’Autore, come l’epoca dei viaggiatori.

Io però vorrei occuparmi della seconda e della terza parte del libro, quelle che mi sono più congeniali, quelle in cui il prof. Roncaglia ha dato testimonianza del suo impegno aiutando la Commissione Cultura nell’elaborazione di una proposta di legge sul libro e la lettura.

La forma-libro, è stata in passato la principale forma di organizzazione di contenuti complessi e strutturati. Libro e lettura rappresentano ottime palestre per la complessità, e affrontare il problema del rapporto fra forma-libro ed ecosistema digitale può aiutare a sviluppare competenze su contenuti informativi complessi.

Per questo il tema della lettura rappresenta a mio avviso un banco di prova e insieme una grande opportunità di lavoro anche per l’ecosistema digitale.

Roncaglia ricostruisce la storia del libro di testo negli ultimi decenni. Se riteniamo che le competenze legate alla produzione e gestione di contenuti complessi rappresentino oggi un bisogno educativo e formativo fondamentale, credo ne discenda la necessità di utilizzare anche a livello di strumenti di apprendimento delle risorse strutturate e complesse.

Funziona però solo se esiste la capacità di collocarlo all’interno di un quadro di riferimento adeguato, se esistono dunque anche risorse di contesto, strutturate e curricolari, alle quali collegare le risorse più granulari e integrative. Il libro di testo rappresentava tradizionalmente una risorsa di questo tipo, ma presenta anche diverse criticità. Credo si debba lavorare alla costruzione di libri di testo di nuovo tipo, capaci di sfruttare anche le potenzialità del digitale, rivolti in primo luogo agli studenti e non solo ai docenti

Il libro e la lettura rappresentano davvero un’occasione di incontro con la complessità, sia essa argomentativa o narrativa. Oggi molto spesso si legge su carta ma i temi, i luoghi, i personaggi del libro sono poi ‘esplorati’ e approfonditi in rete. A mio avviso importa poco se la lettura sia su carta o in digitale: l’importante è che l’eredità della forma libro non venga dimenticata.

Nella terza parte del volume si esamina il tema della lettura e delle biblioteche scolastiche.

Dai dati del 2016 rileviamo che le Scuole che dichiarano di possedere una biblioteca scolastica (di classe, centrale, e/o centrale e di classe) sono in media il 91,4% del totale (in Italia ci sono circa 8.000 istituti comprensivi e circa 40.000 sedi scolastiche), in particolare: il 90,6% delle scuole primarie, il 91,5% delle scuole secondarie di I° grado, il 97,2% delle scuole secondarie di II° grado, l’ 86,7% degli Istituti onnicomprensivi.

Il numero medio di volumi posseduto dalla biblioteca scolastica è di circa 2.501 volumi per scuola (3,9 libri per studente).

Dai dati 2016 risulta che solo l’11,7% delle biblioteche scolastiche è inserito nel sistema bibliotecario della città o del territorio

Vale la pena esaminare anche la situazione delle librerie. Si tratta – al 30 giugno 2017 – di 5598 imprese, di cui 3741 indicate come sedi di società e 1857 come unità locali. Per ‘unità locali’ s’intendono sedi secondarie di società e dunque – tipicamente – delle librerie di catena, legate cioè a grandi editori.

Questi dati peraltro celano una complessità maggiore di quanto possa apparire. Le c.d. sedi societarie – le quali pertanto potrebbero ritenersi librerie indipendenti da grandi editori – in realtà spesso (secondo l’AIE, almeno in 600 casi nel 2016) operano col franchising, cioè con il marchio della casa editrice e si tratta di un fenomeno in espansione. Inoltre, molte sedi societarie sono cartolibrerie e non già solo librerie.

Si stima che le librerie realmente indipendenti siano ridotte oggi a circa 2000.

Tra il 2010 e il 2017, inoltre, il saldo negativo tra nuove iscrizioni e cancellazioni è di 635.

I dati, presentati nel corso dell’ultima fiera della piccola e media editoria, ci dicono che sono circa 13 milioni gli italiani che, nel loro comune di residenza, non hanno una libreria. Tra i comuni con più di 10 mila abitanti, il 21% ne è sprovvisto. Un dato che si acuisce al Sud dove c’è una libreria ogni tre comuni.

Questo spiega perché le biblioteche scolastiche sono così importanti nei progetti per favorire la lettura.
In questo contesto si colloca il progetto per le “biblioteche scolastiche innovative” seguito da Gino Roncaglia e di cui diamo conto come di una eccellenza.

L’azione 24 del Piano per la Scuola digitale “Biblioteche Scolastiche come ambienti di alfabetizzazione alluso delle risorse informative digitali” è frutto del suo impegno e vede i processi di digitalizzazione, i nuovi modelli di formazione e apprendimento, il potenziamento degli ambienti digitali, i servizi di documentazione e di alfabetizzazione informativa come strumenti indispensabili per l’aggiornamento e il potenziamento delle biblioteche, quali centri di formazione permanente per la produzione e la comprensione di contenuti informativi complessi, che integrano canali e codici comunicativi diversi anche in ambiente digitale.

La prima sfida è organizzativa. Oggi i contenuti presenti in rete solo in pochi casi sono accompagnati dalle metainformazioni descrittive che ne permettono il reperimento, la valutazione, il riuso consapevole.

Gli strumenti di ricerca e di scoperta (i cosiddetti discovery tools) presenti in rete sono per certi versi anche più potenti di un catalogo tradizionale, giacché permettono una ricerca full text, ma devono fare i conti con un’informazione molto più varia ed eterogenea, non solo testuale, non tutta immediatamente accessibile, e soprattutto frammentata e poco organizzata. La sfida del web semantico è legata proprio alla capacità di migliorare la descrizione dei contenuti on-line.

Ci sono anche altre strategie che possono essere utilizzate, in particolare nel campo dell’educazione e della formazione.

C’è bisogno di passare dalle competenze legate al rapido movimento orizzontale fra informazioni frammentate, a quelle legate alla produzione, al reperimento, alla comprensione, alla valutazione, alla conservazione di risorse verticalmente complesse e strutturate.

E molto, moltissimo si potrà fare rafforzando il ruolo della biblioteca scolastica come punto di incontro fra fonti informative diverse, tradizionali e digitali, e sede di attività trasversali sull’informazione, la documentazione, la lettura.